Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

17 dic 2019

Cioran - Bernd Mattheus (Saggio - 2007)

"A partire dal 1989 i ritratti di Cioran mostrano un netto cambiamento, già prima del compimento dell'ottantesimo compleanno. Non sono tanto i segni dell'età impressi sul suo volto, quanto piuttosto l'espressione di una abissale e al contempo rigida tristezza. A mostrarsi all'obiettivo è un estraneo con l'identità di Cioran".

Mattheus, anche traduttore di Cioran in tedesco, che lo ha conosciuto ed è diventato suo amico, qui tratteggia un ritratto intellettuale del filosofo rumeno. Una bella biografia per capire l'opera del grande pensatore estremo; un pensatore che non ama i sistemi filosofici, che odia l'uomo, il mondo, Dio, che considera la vita una malattia la cui unica guarigione è l'estinzione.
È ripercorsa l’intera vita di Cioran. Dalle montagne che circondano il suo paese natio Rasinari, alle visite ai cimiteri, ai giochi con i teschi e le ossa, l'infanzia di Cioran è stata felice. Poi il passaggio dalla natura alla cultura nella città di Sibiu, dove frequenta il liceo e conosce la filosofia tedesca e la letteratura francese. E da quel momento la vita cambia, il pensiero della morte e del suicidio diventano un’ossessione, l'insonnia diventa insostenibile e scrive a soli 22 anni il suo primo libro, un capolavoro, Al culmine della disperazione. Dopo l'unica esperienza di lavoro, terribile, come insegnante liceale, hanno inizio gli anni Trenta e la sua vicinanza agli ideali nazisti, poi disconosciuti. Il suo trasferimento a Parigi, le sue lunghe pedalata in Francia, Italia, Inghilterra nella sempre crescente disperazione d'esistere. La storia di una vita con Simone Boué, quella con Friedgard Thoma, i suoi primi successi letterali, le sue idiosincrasie, le amicizie, la malattia, la morte.
Mattheus usa Cioran stesso come fonte, dai suoi libri e soprattutto dalla sua corrispondenza, di conseguenza il racconto si fa ricco di spunti riflessivi. Un lavoro rigoroso, e anche se mancano gli aneddoti curiosi, le chicche, la lettura è stimolante. Emerge il ritratto di uno scettico estremo, come recita il sottotitolo, un misantropo, ironico, nichilista, apocalittico. Cioran è un pensatore per disperati, per coloro i quali toccano la miseria umana con i propri polpastrelli, per quelli che raggiungono il culmine della disperazione e lo sentono nelle viscere.

30 nov 2019

Omeopatia - Roberto Burioni (Saggio - 2019)

"In fondo la prescrizione di una terapia omeopatica è più simile a un oroscopo che a una ricetta medica, e chi vende un preparato omeopatico - anche se ha preso una laurea in Farmacia - non è poi tanto diverso da chi vende un filtro d'amore per recuperare gli affetti perduti. In entrambi i casi quello che vi viene fornito è qualcosa che non ha alcuna dimostrata utilità e il massimo che potrà darvi è serenità e ottimismo dovuti alla suggestione". 

In un mondo sempre più confuso per via delle innumerevoli balle che circolano e in un mondo in cui sembra che lo spirito critico sia sempre meno forte, sono tanti gli argomenti su cui si è costruito un sistema che è poi diventato verità. È il caso dell'omeopatia. Ormai è certo che l'omeopatia sia una bufala, che sia una menzogna costruita nel tempo. Gli studi scientifici lo dimostrano senza ombra di dubbio, eppure ancora si avverte la presenza assillante di quei prodotti miracolosi. Nove milioni di italiani fanno uso di preparati omeopatici, lasciano che i loro portafogli si svuotino senza un perché. Ci sono persino medici che prescrivono tali preparati. Burioni non è nuovo alle battaglia contro l'ignoranza. Bugie, leggende, verità, come recita il sottotitolo, è un libro appassionato e appassionante, è una costellazione di storie e di personaggi. Come quella di Roy, un medico francese che maldestramente ha osservato delle bolle d'aria al microscopio e si è convinto che fossero oscillococchi (batteri inesistenti che però sarebbero nei granuli omeopatici che si usano come cura e profilassi). O come quella di Samuel Hahnemann, il padre dell'omeopatia che guariva senza niente di concreto, in un'epoca in cui curarsi con la medicina ufficiale (quella degli umori e dei salassi) era davvero rischioso. Coinvolgente il capitolo sulla memoria dell'acqua. Sembra che l'acqua abbia una memoria, ci sono studi che lo provano. Il lettore quasi si convince, e poi ecco arrivare la verità: era tutta una menzogna, frutto di manipolazioni e artifici, e l'acqua non possiede alcuna memoria. Il capitolo sui preparati che contengono (non è vero, ma così dicono) diluizioni di raggi solari (generici, d'Inghilterra, d'Australia), lunari, della nota FA, del vuoto cosmico, di luce di Saturno, di acqua diluita in acqua è davvero straordinario. Ma se è davvero tutta magia, si chiede Burioni, perché molti pazienti sostengono di stare bene quando utilizzano i medicinali omeopatici? È quello che si chiama effetto placebo, fenomeno conosciuto sin dalla seconda guerra mondiale, quando ai soldati si faceva credere che una sterile soluzione salina fosse morfina. Una suggestione insomma. 
Ma la scienza non è suggestione, e così il libro è anche un pretesto per parlare di chimica, in modo semplice però, e in questo modo capiamo cosa sia la legge di Avogadro e quindi di quanto la prolungata diluizione di un prodotto, come nei preparati omeopatici, dopo un po' non abbia più alcun effetto.
Eppure possono imparare qualcosa i medici seri dai medici che invece seri non sono? Sì, sostiene Burioni. I medici e i farmacisti che prescrivono medicinali alternativi e pozioni omeopatiche ascoltano i loro pazienti, dedicano loro del tempo, fanno in modo che si instauri un rapporto di simpatia e di empatia. Questo dovrebbero imparare i medici seri, quegli stessi medici che si rimbalzano i loro pazienti, che vanno sempre di fretta e non ascoltano le paure altrui.
In fondo quest'ultimo lavoro di Burioni è un libro di storia della società e della cultura, e quindi un libro sulla nostra società, su come lasciamo che ci ingannino, su come lo spirito critico non sia così presente. Parole che la dicono lunga sulla nostra inclinazione alla superstizione e alle pozioni magiche insomma, ma anche una lezione per ricordarci che, nonostante il progresso e le vittorie della scienza, siamo ancora lontani da un progresso in quanto specie umana.

19 nov 2019

Una vita con Cioran - Simone Boué (Saggio -1996)

"C'era una casa dove si poteva mangiare aperta a tutti gli studenti. Ed è lì che incontrai Cioran. Ricordo benissimo, era il 18 novembre 1942. L'avevo già notato, essendo molto diverso dagli altri, e poi era più vecchio della media degli studenti, aveva 31 anni. Ero in coda per andare a pranzo. Occorreva riempire un buono-pasto, segnare la data, il proprio nome e, quando si passava alla cassa, si doveva esibirlo. Lui, invece di attendere, è venuto accanto a me, chiedendomi quale fosse la data. Per questo la ricordo: era il giorno del mio compleanno. Mia madre aveva spedito una torta. Gli dissi il giorno, e poi dopo..."


Simone Boué, compagna di Cioran dal 1942 al 1995, anno di morte del grande filosofo tragico, in questa brevissima intervista rilasciata a Norbert Dodille ripercorre la sua vita insieme all'apolide metafisico. Ecco raccontata la dimensione domestica, concreta di un uomo che ha fatto a pugni con la vita, dello stesso teorico del suicidio come possibilità esistenziale. Scopriamo un Cioran che elogia il riposino pomeridiano, che segue una dieta biologica, che si cimenta in lavori di bricolage in casa, ma lo seguiamo anche nelle sue ossessioni quasi nevrotiche.
Ma in tutto questo emerge anche la figura di Simone, la donna della vita di Cioran, la donna che lo ha sopportato e supportato nelle sue quotidiane discese negli inferi dell'esistenza, che gli è restato vicino in quell'abisso chiamato Alzheimer e che lo ha visto morire. Una bella chicca che per chi in Cioran vede un nuovo Diogene che cerca la morte in un cimitero. 

17 nov 2019

La condizione umana - André Malraux (Romanzo - 1933)

"Sentiva tremare in sé la sofferenza fondamentale, non quella che scaturisce dagli esseri o dalle cose, ma quella che sorge dall'uomo stesso e a cui la vita si sforza di strapparci. Egli poteva sfuggirle, ma solo cessando di pensarla; e vi si tuffava sempre più, come se questa contemplazione atterrita fosse la sola voce che la morte potesse sentire, come se la sofferenza di essere uomo, di cui si impegnava fino in fondo al cuore, fosse la sola preghiera che potesse ascoltare il cadavere del figlio ucciso". 

Cina, marzo-aprile 1927. Alcuni rivoluzionari, operai guidati da comunisti, organizzano una rivolta a Shanghai prima che arrivi Chiang Kai-Shek del partito del Kuomintag, ancora alleato con i comunisti. Seguiamo quindi le vicende di questi ragazzi nella notte e nelle ore seguenti in cui organizzano la rivolta. Seguiamo specialmente le emozioni estreme di Kio fino al suo suicidio; di Cen e della sua tenerezza di fronte alla morte; di Ferral e della sua idea di donna oggetto; l'indifferenza di Clappique; la sensibilità e la trasformazione di Emmerlich; del russo Katov che offre, in uno slancio di umanità, il suo cianuro a due compagni prima di essere giustiziato. Una situazione storica che si fa esistenziale; la rivolta, la lotta, la morte. Quest'ultima in particolare è vissuta nella sua dimensione più attiva, nella sua ricerca attraverso la ribellione. Morire non vuol dire solo accettare la fine come rassegnazione, significa anche cercarla nella sua essenza, dando significato alla vita stessa. Ne è un esempio Katov che sarà ucciso, ma dopo che aveva dato la sua parte di cianuro a due amici terrorizzati perché era stato detto loro che sarebbero stati bruciati vivi.
È dunque il romanzo in cui l'impossibilità della comunicazione con l'altro diventa condizione esistenziale, di ribellione, che non può che avere un solo esito, la morte. Una tragedia, quella dell'uomo, che si consuma nella storia, come conseguenza dell'incomunicabilità. Anche volendo la semplificazione, anche desiderando la semplicità ogni cosa diventa complessa e complicata. Si ha l'impressione che tutto avvenga, nonostante la volontà di alcuni uomini che desiderano cambiare ciò che è. Non c'è spazio per il dover essere, l'essere è tragicità. Semplificare vorrebbe dire vivere meglio, realizzare un mondo di giustizia, ma realizzare quella semplificazione e quel mondo è impossibile. Tutto è necessariamente complicato e non può che essere così. E in questa condizione, anche se alcuni uomini lottano per il cambiamento, questi stessi uomini non sono in grado di trovare una sintesi che abbia il valore dell’universale, non sono capaci di capirsi...

16 nov 2019

Contro natura - Dario Bressanini, Beatrice Mautino (Saggio - 2015)

"L'intervento umano, che sia di semplice selezione, che sia invece volto a produrre le mutazioni o che, ancora, consiste nel prendere geni e spostarli artificialmente non si discosta poi molto da quello che avviene regolarmente in natura. Non stiamo cercando di dimostrare che questi prodotti siano innocui a prescindere, ma ci piacerebbe che venisse concesso loro il beneficio del dubbio, e che non fossero considerati colpevoli senza un regolare processo". 

I due autori, ormai famosissimi sui social, con questo lavoro sottolineano ancora una volta la discrepanza che c'è tra la scienza e la pseudoscienza, tra la cautela dello scienziato che si pone dubbi e non si esprime categoricamente se non ha prove e il marketing che, invece, senza dati e certezze spinge verso un indirizzo piuttosto che un altro. Come il caso dell'intolleranza al glutine su cui la scienza non si è espressa completamente, mentre c'è chi propone senza distinzione diete gluten-free; oppure il caso del grano Creso che, senza studi scientifici, è diventato il nemico numero uno dei sostenitori di diete naturali e biologiche. Su questa scia leggiamo anche della sciocca e fuorviante distinzione tra grani antichi e grani moderni. Il capitolo sulle carote viola, credute OGM, poi è spassosissimo. Così come il capitolo sulle mele e sui pregiudizi che si hanno sugli organismi geneticamente modificati è esemplare.
In una società in cui è passata l'equazione assoluta secondo cui ciò che è modificato dall'uomo è dannoso per la natura e per l'uomo stesso, un libro come questo offre una prospettiva differente, dell'analisi, dell'approfondimento, della ricerca caso per caso. Ed è solo in questo modo che possiamo districarci tra i semplici e sensazionalistici titoli giornalistici e le descrizioni scientifiche. Una volta si dibatteva tra verità di fede e verità di ragione, oggi si dibatte tra fake news e realtà di fatto. È il solito scontro tra emotività e razionalità.

14 ott 2019

Monsieur Proust - Céleste Albaret (Saggio - 1973)

"Lo rivedo a letto, con la piccola luce verde sulle pagine che scriveva o correggeva, mentre i maglioni gli si ammucchiavano dietro la schiena via via che scivolavano giù, e lui mi chiedeva di dargliene un altro per gettarselo sulle spalle. E non un lamento, niente".


Céleste Albaret è stata la domestica di Marcel Proust dal 1913 al 1922; gli ultimi della vita dell'immenso scrittore. Solo cinquant'anni dopo la morte di Proust, dopo che diverse menzogne sono state dette sulla sua vita, Céleste si è decisa a raccontare la sua versione dei fatti allo scrittore e traduttore letterario Georges Belmont. E così ci regala una storia straordinaria, in cui è celebrata la stanchezza che via via ha esaurito il corpo dell'autore della Recherche, ma allo stesso tempo la volontà tenace di ultimare la sua opera, il libro di una vita.
Scrivere, per Proust, è stata una ragione esistenziale. Quegli ultimi anni (o forse tutta una vita) li ha dedicati unicamente alla stesura della sua opera. Un'ossessione, splendida e atroce assieme. Ogni cosa doveva servire al suo libro: dalle confidenze a Céleste, alle uscite notturne, ai ricordi rivissuti, agli incontri con gli amici, tutto ruotava attorno al romanzo. La ricerca dei dettagli, il ritratto dei suoi personaggi si definiscono nella vita reale e poi si tramutano in quella letteraria.
Ma in questo bellissimo ed emozionante ricordo, sono raccontate soprattutto le abitudini dello scrittore, la monotonia dei suoi ritmi, l'ossessione per il silenzio. Ogni fastidio doveva essere evitato e non era facile relazionarsi con lui, malgrado la sua estrema gentilezza e dolcezza. È stato così anche per la giovanissima Céleste che però, con il passare del tempo, è riuscita a diventare la confidente e sincera amica di un uomo raffinatissimo, fragile e geniale allo stesso tempo. La malattia, le ossessioni, la reclusione, la dedizione assoluta nei confronti della sua opera: Céleste richiama tutti questi temi, non vuole infatti fare alcun torto alla memoria di Proust e racconta ogni cosa con la genuinità e la semplicità di chi è veramente affezionato.
Naturalmente affiora anche la grandezza di una donna, Céleste appunto, che con gli occhi di una ragazza ingenua e inesperta ha ben compreso la nobiltà di Proust, il suo senso. Ed è per questo che si è dedicata a lui anima e corpo, divenendo indispensabile, accompagnandolo in quel lungo viaggio che l'ha portato a mettere la parola fine al suo incommensurabile capolavoro.
Struggente il capitolo sulla morte, da rileggere ancora una volta con le lacrime agli occhi.

27 set 2019

Il lutto della malinconia - Michel Onfray (Saggio 2018)

"Vivere non significa prendersi cura di sé stessi, questa è una faccenda da infermeria, da ricovero, siamo in una morale da ambulatorio; vivere significa prendersi cura di quelli che si amano...
Cosa vuol dire prendersi cura di sé quando, in procinto di uscire dall'ospedale, ci facciamo superare nel corridoio da un lettino d'acciaio sul quale la morte si è presa perfettamente cura del defunto, e per il resto dei suoi giorni? Una volta fuori, siamo ancora dentro, perché la malattia non l'abbiamo lasciata al bancone delle dimissioni..."

Il saggio di Onfray nasce da una serie di tragiche esperienze personali. Un ictus subito nel 2018 ha trasformato l'autore nel corpo, nella materia; la morte della moglie dopo una lunga malattia; la morte del padre. Avvenimenti che gli hanno permesso di ragionare sulla vita, e allo stesso tempo e inevitabilmente sulla morte. Nasce così un breve racconto biografico che cerca di spiegare come siano il lutto e il dolore a elaborare noi e la nostra vita, e non viceversa. Lui, il filosofo, è vivo, è un sopravvissuto, ed è suo compito navigare nei pensieri più tragici per apprezzare la vita, i giorni vissuti e sottratti al nulla della morte. Un capitolo è un vero e proprio diario scritto mentre Onfray si trovava in ospedale e in cui racconta giorno per giorno ciò che gli è accaduto. Colmo di rabbia contro medici incapaci e contro falsi amici, elabora un pensiero filosofico partendo da un'esperienza tragica ma decisiva: ogni giorno di luce è un giorno sottratto al nulla. 
Toccanti le bellissime pagine dedicate alla moglie e alla sua morte dopo un tumore durato diciassette anni. Un lutto travolgente, sconquassante, che però deve essere abbandonato, messo in parentesi. Si deve andare avanti, sconfiggere la malinconia. Ecco, un libro vitalista. 

22 set 2019

Un mese con Montalbano - Andrea Camilleri (Racconti - 1998)

"Sul tavolinetto tra di loro due c'erano un portasigarette e un accendino colossale d'argento massiccio. Lei si chinò, pigliò il portasigarette, lo raprì, lo tese verso il commissario. Nel movimento perfettamente calcolato la parte superiore della vestaglia s'allentò mettendo completamente allo scoperto due minne piccole ma all'apparenza tanto sode che Montalbano stabilì che ci si potevano agevolmente schiacciare le noci".

Il commissario Salvo Montalbano, con la sua cultura e i suoi sentimenti focosi, è un tutt'uno con la lingua raffinata, colta e allo stesso tempo sanguigna dello scrittore di Porto Empedocle. Una miscela, quella dell'italiano e del siciliano, nobilissima, capace di dare al ritmo dei racconti una velocità notevolissima.
I racconti sono quasi tutti ambientati a Vigata, l'ormai leggendario paesino siciliano in cui il commissario svolge le sue indagini. La dimensione è paesana, il barbiere, il farmacista, il preside del liceo, la vedova, il pensionato. Tutti si conoscono, sanno i segreti di ognuno e il commissario ci sguazza in questa forma di conoscenza. Le sue indagini si svolgono a istinto più che con l'ausilio di tecnologie. Basta uno sguardo, un gesto, un lapsus e Montalbano, usando spesso il bluff come strumento logico, trova il bandolo della matassa.
Sono trenta i racconti, uno al giorno, secondo le indicazioni dello stesso Camilleri. Eppure sono leggeri, scattanti e se ne possono leggere d'un fiato molti di più. È vero, dopo un po' si ha l'impressione che si ripetano, ma se letti d'estate e per puro svago non diventano mai noiosi.
Mi chiedo, però: per un siciliano, la lingua di Montalbano, e dello stesso Camilleri, è divertente e musicale. Ma come fanno i non isolani a comprenderla fino in fondo e quindi ad apprezzarne le sfumature e le strutture di senso che si caricano di originalità e profondità?

14 set 2019

Il concetto di Dio dopo Auschwitz - Hans Jonas (Saggio - 1987)

"Solo con la creazione dal Nulla possiamo avere l'unicità del principio divino in uno con la sua autolimitazione, che dà spazio all'esistenza e all'autonomia di un mondo. La creazione fu l'atto di assoluta sovranità, con cui la Divinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta - una opzione radicale a tutto vantaggio dell'esistenza di un essere finito capace di autodeterminare se stesso - un atto infine di autoalienzione divina".

Per il credente, il problema del male è un tema sempre aperto. E ciò che è avvenuto ad Auschwitz (sintesi tragica della Shoah) rappresenta lo spartiacque della storia e della teologia; si può infatti parlare di un prima e di un dopo Auschwitz.
Jonas, filosofo di origine ebraica, in questo denso opuscolo dal sottotitolo "Una voce ebraica", si pone e aggiorna la stessa domanda che si era posta Giobbe nell'Antico Testamento: quale Dio ha potuto permettere ciò che accadde al suo popolo eletto ad Auschwitz? E il tentativo di risposta porta il filosofo a declinare una nuova lettura del racconto biblico della creazione. Un Dio, in questa nuova prospettiva, che si evolve, che via via prende consapevolezza di sé, che partecipa al divenire, che soffre. Un Dio più vero direi, più umano, ma diversissimo dal tradizionale mito greco-ebraico-cristiano, che, quindi, non è più perfezione e puro atto. Abbiamo così la rappresentazione di un Dio sofferente, che creando il mondo e l'uomo diviene. Da ciò ne consegue che gli attribuiti di bontà assoluta, onnipotenza e comprensibilità di Dio insieme non possano coesistere; almeno uno deve essere escluso. E Jonas estromette la proprietà dell'assoluta Potenza, giustificandosi con il silenzio di Dio ad Auschwitz. Dunque, il male senza colpa e senza peccato subito dal popolo ebraico, dal popolo eletto, non può ammettere tale qualità. Il silenzio del Padre, inoltre, si spiegherebbe con il libero arbitrio degli uomini. Dio, anche potendo, non può intervenire nelle cose del mondo, perché ha concesso agli uomini la libertà. Ne conseguirebbe che Dio sia impotente di fronte al male, e la sola responsabilità sia degli uomini, anche ad Auschwitz... È un nuovo messaggio religioso quello di Auschwitz, un evento sacro che, secondo Jonas, ci permette di conoscere sempre meglio il Creatore. 

A me sembra, nonostante alcuni spunti originali come quello di un Dio che nel tempo cresce in consapevolezza, un modo malcerto di giustificare il problema della teodicea. Soprattutto in relazione al concetto di libertà. Una soluzione, quella del libero arbitrio, che non spiega gli attributi di bontà e potenza (anche se, è utile ribadirlo, per Jonas quest'ultima non è totale) che vengono affibbiati a Dio. Un creatore che in questo modo diventa minore e ambiguo; un artefice impotente a corrente alterna, che può scatenare la sua ira e punire il suo popolo quando e con la potenza che vuole, ma che non può salvarlo neanche quando è innocente di fronte alla storia.
L'opuscolo si chiude con un brevissimo discorso dal titolo "Il razzismo", importante solo perché l'ultimo pronunciato dal filosofo ormai novantenne e che pochi giorni dopo morì.

1 set 2019

Pet Sematary - Stephen King (Romanzo - 1983)

"Louis si girò e si trovò davanti sua moglie, alla quale una volta lui aveva portato una rosa, tenendola tra i denti: giaceva là verso la metà del corridoio, morta. Giaceva a gambe scomposte, proprio come Jud. La schiena e la testa erano appoggiate alla parete, in posa un po' contorta. Faceva pensare a una donna che si fosse addormentata mentre leggeva a letto." 

I Creed e il loro gatto, una normale famiglia di Chicago, sono costretti a trasferirsi in una cittadina del Maine. Non lontano dalla loro nuova abitazione si trova Pet Sematary, un cimitero per cuccioli usato dai ragazzi del luogo per seppellire i propri animali. Ne vengono a conoscenza da Judson Crandall, un anziano signore loro vicino, che già dal loro primo incontro diventa un punto di riferimento per la famiglia. Sin dalla loro prima visita al cimitero, i Creed avvertono un senso di malessere generale. Solo Louis Creed, medico e capofamiglia, sembra reagire al disagio vissuto con razionalità. Ma la vita inizia a trascorrere regolarmente e con soddisfazione di tutti. Rimane un'ombra, però, quel cimitero lassù e quella catasta di alberi morti che ne delimitano il confine. Poi l'evento che scardina la tranquillità acquisita. Mentre Louis è rimasto da solo in casa per una settimana senza moglie e senza figli, il loro gatto, Church, muore, probabilmente ucciso da un camion mentre attraversava la statale Quindici di fronte casa. E subito il vecchio ma arzillo Jud porta Louis su, oltre il cimitero degli animali, superando ammassi di alberi morti e sentieri paludosi. Qui, su un terreno sacro agli indiani, Louis seppellisce il corpo senza vita di Church. E, non inaspettatamente, il giorno dopo il gatto morto ritorna a farsi accarezzare da un impaurito Louis. Nonostante l'evidente diversità comportamentale di Church - barcolla, soffia, uccide animali, l'insolita puzza cadaverica -, tutto procede nelle pagine regolarmente. I Creed sono felici. Fino a quando la loro felicità si disintegra in un attimo: il piccolo Gage, il loro figlio più piccolo, è ucciso come Church da un camion in corsa sulla maledetta statale Quindici. Com'è prevedibile, nelle pagine più belle del romanzo, il padre, posseduto dal dolore ma anche da una strana energia proveniente dal cimitero degli animali, decide di riesumare dal cimitero della città il martoriato corpicino del figlio e di portarlo nel luogo sacro agli indiani, il luogo magico che gli aveva già portato in vita il gatto Church. Poi il ritorno di Gage, la sua strana alleanza con Church, la furia omicida contro Jud e contro la madre. Solo Louis riesce a bloccare Church e Gage, riesce ad ucciderli di nuovo e a bruciare la casa di Jud. Salva dall'incendio solo il corpo di Rachel, la moglie, e, intuita nella velocità d'azione la soluzione per evitare che i resuscitati tornassero violenti e assassini, ritorna di nuovo oltre il cimitero degli animali a far rivivere la moglie…

Se la prima parte del romanzo è particolarmente barbosa e lenta, la seconda, invece, risulta più avvincente e conturbante. La scrittura è veloce, leggera e accattivante. Belle le pagine che raccontano dei cimiteri e delle sepolture, ma sono poche, piccole gemme in un deserto di pagine eccessivamente ricche di aneddoti e di dettagli pedissequi e noiosi. È una buona lettura estiva, una storia che si segue senza grosse difficoltà.

19 lug 2019

Morti favolose degli antichi - Dino Baldi (Saggio - 2010)

"Luciano racconta che Empedocle, dopo essersi buttato nell'Etna, fu trascinato in un vortice di fumo fin sulla luna. Qui, nero come un carbonaio, coperto di cenere e abbrustolito, passeggiava per l'etere nutrendosi di rugiada".

Con lo scopo di suggerirci un insegnamento di vita, nel volume sono raccolti alcuni dei più straordinari casi di morti celebri del mondo classico. Poeti, filosofi, sovrani, eroi famosi e non solo sono visti quando si sono trovati davanti alla morte. Sono tutti esempi di vita da ammirare, perché la morte è dentro la vita e bisogna prepararsi ad essa, per morire lasciando qualcosa da ricordare. Una enciclopedia dunque, una tanatografia che ci insegna a dialogare con la morte, in un'epoca in cui, invece, la morte è da considerare come aspetto secondario della vita, un pensiero infelice da non trattenere, da subire semmai. Oggi soltanto la vita è sacra, è un dono...
Incredibili le morti (ma anche le vite) di personaggi del calibro di Epimenide di Creta, morto estremamente vecchio dopo aver dormito per 57 anni; o di Mausolo di Alicarnasso le cui ceneri furono volontariamente bevute dalla innamoratissima moglie Artemisia; oppure quelle celeberrime di Empedocle, di Seneca, di Archimede, di Cesare, di Plinio il Vecchio, di Ipazia. Un libro ricolmo di aneddoti e curiosità, ma anche di insegnamenti.

4 lug 2019

HR Giger ARH+ - Hans Ruedi Giger (Saggio - 1991)

"Credo che questa vita bloccata dal palo, per cui la sola liberazione è rappresentata da una morte il più veloce possibile, mi mostrò crudamente l'assurdità della vita. Una vita che sarebbe stato meglio non iniziare nemmeno. In molte mie opere si rispecchia questo senso d'impotenza, che non lascia spazio ad alcuna fede religiosa".


Ripercorrendo la sua biografia fatta di ossessioni ma anche di successi, Giger cerca di raccontarci cosa sia stata per lui la vita. Una continua ricerca artistica, un continuo viaggio onirico espresso in opere che mescolano orridamente strumenti di tortura, armi, corpi umani, genitali, macchine che, insieme, tratteggiano e creano nuovi esseri superiori e nuovi desolanti paesaggi surreali. Dalle sue parole leggiamo i tormenti che lo hanno braccato costantemente e di come ne hanno caratterizzato lo stile. Possiamo anche vederli questi tormenti, nelle bellissime riproduzioni delle sue opere nel testo.
Un libro da sfogliare con attenzione, pagina dopo pagina, opera dopo opera, alla ricerca di un nuovo e agghiacciante mondo surreale e allo stesso tempo così vicino alla nostra allucinante vita.

Insomma, un semplice e sentitissimo grazie a un amico, a un fratello di spirito.

2 lug 2019

Mattatoio n. 5 - Kurt Vonnegut (Romanzo - 1969)

"Non fu prudente uscire dal rifugio fino a mezzogiorno dell'indomani. Quando gli americani e le loro guardie vennero fuori, il cielo era nero di fumo. Il sole era una capocchia di spillo. Dresda ormai era come la luna, nient'altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni erano tutti morti.
Così va la vita".


Con una penna semplice e veloce, il romanzo, che può essere definito allo stesso tempo storico, fantascientifico e pacifista, è un resoconto della condizione effimera dell'uomo durante la guerra, e non solo. In particolare il racconto ruota intorno al tema della prigionia del protagonista (e dell'autore) in Germania e al bombardamento di Dresda durante la seconda guerra mondiale. Ma, come si scriveva, il romanzo è anche di fantascienza, e quindi troviamo un protagonista, Billy Pilgrim, che, nel 1967, è stato rapito da alieni del pianeta Tralfamadore e rinchiuso in uno zoo. Billy, però, non ha solo questa particolarità, Billy viaggia nel tempo, anche se non può decidere il momento in cui andare e quando arrivare. Sono gli alieni che gli spiegano che ciò di cui è vittima è reale. 
Il suo primo viaggio nel tempo è avvenuto nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, un attimo prima che dei soldati tedeschi lo catturassero. Sono incursioni temporali che improvvisamente spezzano la linea del racconto e proiettano il protagonista in dimensioni spaziali e temporali lontani, che spiegano, in fin dei conti, quanta assurdità sia insita nella vita. Un'insensatezza che rimanda inevitabilmente al tema della morte, onnipresente attorno a Billy, che gli danza sempre intorno, lo accarezza, ma mai lo porta via con sé. È come se fosse, la morte, una maestra di vita, un opposto che spiega il suo contrario. 
Dopo la cattura e un breve periodo di prigionia in un campo per soldati inglesi e americani, Billy è trasferito con i suoi compagni a Dresda. Qui sono rinchiusi in un mattatoio, il numero 5 appunto, e lì vivono le loro giornate da prigionieri. Non sanno che sarà la loro salvezza... Billy, nel frattempo vive i suoi viaggi nel tempo, nel futuro prevalentemente. Poi la distruzione: il bombardamento degli alleati che distruggono completamente la città e i suoi abitanti. I prigionieri nel mattatoio si salvano, anche se assisteranno al tremendo spettacolo della città devastata e dei cadaveri carbonizzati.
Il racconto non è lineare, è interrotto costantemente dai viaggi nel tempo, ma la lettura per questo non risulta sincopata, tutt'altro. Si leggono tanti racconti incastonati dentro un unico racconto. 
È  un'opera autobiografica, con un primo capitolo geniale che ne racconta la genesi; è, in ultima analisi, un manifesto contro l'assurdità dell'uomo che, colpevolmente, non riconosce gli altri come suoi simili.

27 giu 2019

Le poesie – José Saramago (Poesie – 1966)

Un ronzio, solamente

Cade la mosca nella tela. Il ragno
distende le zampette già contratte,
e nei palpi golosi, tra i fili,
il ronzio arrochisce e, di botto, tace.

Quel ch'era vivo è morto. Abbandonato
al dondolio del vento, il corpo secco
batte il conto del tempo che mi avvolge
in un bozzolo di stelle soffocato.


Poesie brevi, veloci; piccoli sassi su cui riflettere e ritrovare in nuce tutta la poetica di Saramago, poi sviluppata nei successivi, e bellissimi, romanzi. Sono versi scevri di barocchismi e sentimentalismi. Si leggono però delle note di malinconia, ma anche ironia, pessimismo, disincanto. È un uomo senza scampo quello che dipinge Saramago, un uomo ovvio, banale, falso, il cui unico destino è la morte. L’uomo, ansioso di conoscenza, creatore di falsi miti come la religione e l’amore, ha solo il potere di partorire parole, sebbene anche queste siano, in fin dei conti, vane. Il compito del poeta è quindi quello di scavare nelle parole, nell'uomo, in una continua ricerca di senso e di semplicità. E le parole, la poesia soprattutto, diventano strumento per cogliere il significato dell’esserci. 
È un percorso esistenziale quindi, una ricerca ossessiva dell’essenziale, dove restano soltanto le dimesse parole, l'uomo e la morte.



13 giu 2019

Le bugie nel carrello - Dario Bressanini (Saggio - 2013)

"Che tipo di giustificazione fornisce Steiner a sostegno di questi preparati? Ha fatto degli esperimenti? Ha verificato sul campo la loro efficacia? No, nulla del genere. Oserei dire che qualsiasi prova andrebbe contro la sua visione filosofica. Di alcuni non si cura di spiegare perché debbano funzionare, di altri invece fornisce spiegazioni esoteriche, come vi ho mostrato. Dopo tutto lui era in contatto diretto con la Verità Cosmica".

Davvero il Kamut è un grano antico dei faraoni? O è vero che le patate al selenio fanno bene alla salute? Esiste la mortadella totalmente naturale? Davvero il pomodorino di Pachino è siciliano? Ma bere il latte è innaturale? A queste domande (e a molte altre), Bressanini, "l'amichevole chimico di quartiere" come spiedermanianamente ama definirsi, risponde con i toni che gli sono riconosciuti, con ironia, semplicità e soprattutto con i dati scientifici alla mano. E così scopriamo che il Kamut è un grano moderno mediorientale come tanti altri; oppure che le patate arricchite al selenio non servono a nulla (solo a farci spendere qualche euro in più semmai); oppure, ancora, che il pomodoro di Pachino è solo un frutto israeliano ottenuto con tecniche biologiche (da non confondere con gli OGM). 
Non poteva mancare, in questo viaggio tra i vari reparti di un ipotetico supermercato, un capitolo sull'agricoltura biodinamica e sul suo assurdo quanto invasato fondatore Steiner (incredibile come abbia così tanto seguito oggi!). Significativo il capitolo dedicato alla mortadella (e ai salumi) che, per forza di cose, possiede nitriti, ma che consumato ogni tanto non è pericoloso. E poi interessanti, tra gli altri, i capitoli sulla mozzarella di bufala, sulle uova, sul latte, sul tonno.
Bressanini, accompagnandoci mentre facciamo la spesa, non vuole creare allarmismi (a differenza di quanto invece accade spesso...), ma denuncia, documentando scientificamente le sue affermazioni, le bufale e le mezze verità che sono tanto diffuse nel settore alimentare. Così facendo, veniamo a sapere quanto le informazioni divulgate nei mass media siano fasulle, pensate al solo scopo di vendere. Dunque, prima di dare per vera un'affermazione, è bene informarsi e chiedere le prove per non incappare in notizie distorte e non avere modo di riconoscerle come ingannevoli.

10 giu 2019

Album Proust - Pierre-Louis Rey (Saggio - 1987)

"A Parigi lascia sempre meno la sua camera, che fa tappezzare di sughero per isolarla dal rumore, e riempie quei suoi quaderni di scuola, per la maggior parte con la copertina di finta pelle nera, che, più adatti dei fogli volanti, gli permettono di scrivere a letto, anche se gli procurarono difficoltà insormontabili per le aggiunte. Infatti, avendo concepito fin dall'inizio il principio e la fine del romanzo, procederà per innumerevoli, successive aggiunte".


Raffinato libro che, ripercorrendo la biografia di Proust, cerca di raccontare gli intrecci e gli incontri della sua vita con la Recherche, il suo capolavoro indiscusso. Ricchissimo di foto e di ritratti d'epoca, gli occhi durante la lettura si soffermano apprezzandone la qualità, ma anche immaginando Marcel e i suoi personaggi in quei luoghi e in quei tempi trasfigurati dalla penna dello scrittore. Prezioso.

9 giu 2019

Medicine e bugie - Salvo Di Grazia (Saggio - 2017)

"Io non metto in dubbio che quella persona, e come lei tante altre, creda veramente alle energie o al fatto che una pratica come l'omeopatia abbia qualche base scientifica (no, non ce l'ha): il problema è che non solo non vi è alcuna prova che le sue tesi siano davvero mediche, ma quasi sempre non vi è nemmeno la possibilità di smentirle. Di scienza, per definirla tale, bisogna poter discutere, altrimenti anche l'unicorno potrebbe diventare materia di studi all'università perché, nonostante non ne sia mai stato trovato uno, da qualche parte potrebbe anche esistere e restare nascosto".

Siamo ossessionati dalla salute, siamo alla ricerca smodata di rimedi per i nostri problemi (anche quando non esistono) e così in molti sono disposti a credere all'incredibile, come all'omeopatia, all'agopuntura, alla cristalloterapia. Siamo disposti, però, a credere anche alle pubblicità delle case farmaceutiche che quotidianamente ci bombardano su tutti i mezzi di comunicazione di massa. Esistono numerose truffe documentate sulla salute, orchestrate dalle case farmaceutiche (sia le multinazionali che quelle "naturali"). Da medico, Di Grazia racconta degli abusi delle industrie farmaceutiche che hanno come finalità il guadagno. Pressioni a fine di lucro che sono presenti anche nelle industrie di medicine alternative, in quelle alimentari e biologiche-naturali. Queste, industrie farmaceutiche e alternative, basano i loro interventi sul desidero dell'uomo di benessere e guarigione, sfruttando proprio la nostra debolezza di fronte ai temi salutistici. Un esempio efficace sono gli integratori alimentari che quasi sempre non servono a nulla, sono una truffa bella e buona, eppure continuiamo ad abusarne senza criterio. Tuttavia non è corretto pensare che anche per la scienza sia così, questa per definizione non cerca soldi, ma conoscenza.
"Il business della salute. Come difendersi da truffe e ciarlatani", il sottotitolo, è un altro bel libro sul modo di procedere della scienza, quella vera, seria, critica, curiosa, contro i tentativi dei ciarlatani che di verità e serietà non hanno la benché minima idea. Di Grazia è uno scienziato che si batte contro le truffe legate alla medicina e contro chi sostiene efficacia e sicurezza su prodotti che invece non lo sono, e per farlo applica il principio di falsificazione popperiano per distinguere la scienza dalla pseudoscienza. E mai fidarsi solo per il principio di autorità, ma occorre sempre chiedere le prove. Perché oltre agli innumerevoli guru e naturopati improvvisati, anche medici, scienziati e premi Nobel possono dire castronerie (bellissimo il capitolo dedicato ai premi Nobel che da scienziati sono diventati con la vecchiaia degli pseudoscienziati).

Al di là delle singole e curiosissime storie raccontate, oltre all'onestà intellettuale, ciò che resta da ricordare è che bisognerebbe adottare sempre il metodo scientifico, effettuare esperimenti attendibili, controllare i risultati e così smascherare le innumerevoli truffe che ci vengono propinate. Chiedere le prove, oppure continuare a leggere libri del genere per tenersi aggiornati sullo stato dell'arte della scienza e delle bufale.

20 mag 2019

Delitto e castigo - Fedor Michajlovic Dostoevskij (Romanzo - 1866)

"Entrato in camera sua, si gettò sul divano, così com'era. Non dormì, ma rimase assopito. Se qualcuno fosse entrato allora nella sua stanza, egli sarebbe subito balzato su e si sarebbe messo a gridare. Brandelli e frammenti di non so che pensieri addirittura gli brulicavano in capo; ma egli non poteva afferrarne uno solo, su nessuno poteva fermarsi, per quanti sforzi facesse..."

Rileggere un classico dopo vent'anni è sempre pericoloso. C'è il rischio che le emozioni e i brividi provati in gioventù possano non riaffiorare con la stessa forza. Ma un classico, un capolavoro della letteratura russa di questo calibro, avrà sempre qualcosa da dire e quelle emozioni e quei brividi avranno sempre la loro dimensione d'essere. 
La trama di questo romanzo filosofico e psicologico, esistenziale e religioso, è celeberrima: San Pietroburgo, giornate afose; Raskolnikov, ex studente squattrinato, decide di uccidere un'anziana usuraia solo per dimostrare la sua superiorità morale, senza che questa gli avesse fatto un torto. Uccide per puro caso anche la sorella dell'anziana. Tuttavia, immediatamente dopo, inizia un lungo processo introspettivo che porterà Raskolnikov al pentimento e alla confessione del delitto. Il tema principale, quindi, si concretizza nella legge morale secondo cui si può raggiungere la salvezza da un delitto solo attraverso il castigo della sofferenza. È il racconto di una evoluzione che si dipana a partire dalla malvagità più cinica e calcolata fino ad arrivare alla consapevolezza radicale che non solo la malvagità non è utile ma non è neanche giusta. E giustizia significa accettare gli altri e soprattutto accettare la propria sofferenza. Raskolnikov, se prima dell'omicidio non accetta la sua miserevole condizione, e vuole affermarsi individualmente attraverso il diritto sulla vita altrui, oscillando tra disperazione e momenti di soddisfazione, alla fine, attraverso una sofferenza che è sia fisica sia morale, coglie la salvezza, e quindi Dio (la dimensione religiosa). Un mondo ordinato e giusto, quindi; è un mondo in cui hegelianamente di fronte al delitto si riconosce la colpa e quindi il pentimento. Ragione contro spirito dunque, la razionalità estrema, solitaria e cinica del primo Raskolnikov, contro il rinnovamento spirituale del secondo. Un secondo uomo che riesce a trovare il suo vero equilibrio grazie alla dolcezza (forse eccessiva) di Sonia, la povera ragazza persa completamente nel suo mondo di valori cristiani, che con il pianto e facendosi carico della sofferenza di Raskolnikov vive il tormento di quest'ultimo. Alla fine, provvidenzialmente, tutto si conclude con estrema giustizia: Raskolnikov si redime per mezzo della sofferenza, l'apprensiva sorella trova una sistemazione onorevole con un buon amico del fratello, i personaggi che non hanno modo di trovare giustizia al loro male o muoiono o sono condannati.
Analisi profondissima dell'animo umano, un capolavoro d'altri tempi ma perfettamente attuale, Delitto e castigo è il modello perfetto del romanzo psicologico, uno di quei libri da conservare sempre nella propria memoria.

15 apr 2019

Meglio non essere mai nati - David Benatar (Saggio - 2006)

"Che venire al mondo sia un male è una conclusione dura da accertare per la maggior parte delle persone. Molti sono felici di essere nati perché si godono la vita. Ma queste valutazioni sono errate precisamente per le ragioni che ho evidenziato. Il fatto che uno si goda la vita non rende la sua esistenza migliore della non esistenza, perché se quella persona non fosse venuta al mondo non ci sarebbe stato nessuno a sentire la mancanza della gioia di condurre quella vita e quindi la mancanza di gioia non sarebbe stata un male. Si noti, al contrario, che ha senso rammaricarsi di essere venuti al mondo se non ci si gode la vita".


Contro l'ottimismo proposto dalle teorie dell'evoluzione, Benatar (e non è il primo nella storia del pensiero) sostiene che la vita sia una tragedia, un oltraggio. Siamo abituati a credere in termini ottimistici: pollyannismo, adattamento alle disgrazie, confronto tra la nostra vita e quella degli altri, sono alcuni processi psicologici legati all'evoluzione che ci inducono a credere pregiudizialmente che vivere sia un bene e che la vita sia migliore di quanto sia in realtà. Tuttavia nascere costituisce un male ("Il dolore di venire al mondo", recita il sottotitolo) ed è solo un'illusione ritenere che sia degna di essere vissuta. Tutte le vite, anche quelle degli ottimisti, contengono tanto dolore. Venire al mondo è un male e le nostre vite, anche nelle migliori delle ipotesi, sono pessime.
Da queste premesse è logico pensare che sia meglio non procreare (non si fanno figli per amore dei figli, ma solo per puro egoismo, checché ne dicano i più); così come è logico avere posizioni abortiste. Ma siamo qui, destinati a vivere la sofferenza, tuttavia siamo anche in grado di prevenire il dolore a nuove potenziali vite. Perché quindi continuare a procreare, a generare altre vittime incolpevoli? Non esistere è preferibile a esistere. Se si obbiettasse che così però non avremmo il vantaggio del piacere, si potrebbe rispondere semplicemente che l'assenza di piacere comunque non sarebbe un male.
Naturalmente l'analisi di Benatar si rivolge anche al problema della sovrappopolazione (tema mai preso davvero in considerazione dalla politica). La soluzione logica al problema è davanti  agli occhi di tutti (non procreare più), e il derivante rischio di estinzione, tanto considerato dagli oppositori pro vita, non risulta essere un reale problema: è sempre preferibile non essere mai nati. Ne consegue ancora che è opportuna l'estinzione...

Con una logica accademica, Benatar sviluppa le sue tesi cercando di confutare tutte le possibili obiezioni. Per questo il saggio non è facile, per lo stile, accademico e rigorosamente logico, ma non è facile neanche per chi crede che essere vivi sia meglio che non essere mai nati. 
In un'età storica in cui si sente spesso parlare di crisi demografica e crisi delle natalità, un libro come questo, nonostante l'approccio non sia divulgativo, sarebbe da prendere in considerazione  per aprire diversi scenari di riflessione.

17 mar 2019

Pane e bugie - Dario Bressanini (Saggio - 2018)

"Insomma, una sostanza chimica non è potenzialmente più cancerogena solo per il fatto di essere stata sintetizzata in laboratorio, e una sostanza naturale non è necessariamente più benigna solo perché l'ha prodotta la natura. Questo fatto va contro il diffuso pregiudizio secondo cui ciò che è naturale è anche benefico. Sarebbe bello che fosse così, ma purtroppo è solo un luogo comune, ampiamente sfruttato dal marketing (e vi giuro che mi fa una rabbia!)"

In un mondo ricco di informazioni scientifiche facilmente consultabili, ma anche di disinformazioni che sono diventate senso comune e quindi pseudoverità; in un mondo in cui pochi possiedono un metodo conoscitivo sistematico che permette di distinguere con semplicità se siamo di fronte a un sapere serio o a una bufala; in un mondo in cui il desiderio di avere risposte certe e definitive porta a definizioni grossolane o più che volentieri che nulla hanno a che vedere con la realtà dei fatti; in un mondo, insomma, così decaduto libri come questo diventano prioritari. Specialmente se siamo interessati alla nostra salute o a una lotta contro le menzogne che ci bombardano quotidianamente.
"La verità su ciò che mangiamo", "I pregiudizi, gli interessi, i miti, le paure” sono i sottotitoli del volume che l’autore, esperto in tematiche gastronomico-scientifiche, discute e commenta con metodo da ricercatore universitario in Scienze chimiche e ambientali. Bressanini, nemico giurato della commercializzazione terroristica che imperversa nei media, ingaggia una lotta ferocissima (ma anche ironica) contro le falsità messe in circolazione dalla rete e da presunti esperti, come il caso della fragola-sogliola, o del pomodoro antigelo, o del mais con lo scorpione dentro, o del latte al pesce. Si avverte un certo pessimismo quando si prende atto che molte paure dipendono da una erronea idea che si ha della scienza (e della tecnologia), vista come il regno dei numeri (e quindi astrusa), degli interessi economici (e quindi subdola), delle macchinazioni innaturali e stregonesche (e quindi mitologica). Non è un caso che oggi si tende a enfatizzare i pericoli potenziali degli OGM, ma non si considera che tutti i cibi che mangiamo sono potenzialmente dannosi; di alcuni ne siamo certi e mai penseremmo di togliere dal mercato kiwi, fragole, cioccolato, ecc... solo perché se assunti in dosi eccessive sarebbero allergenici. Le mutazioni esistono da sempre in natura, spesso incontrollate. Ed è incredibile come l'uso di biotecnologie agrarie (non necessariamente OGM), modifiche che sono più controllate di quelle da radiazione o da quelle improvvisate dagli agricoltori, siano viste con il fumo negli occhi.
Diventa quindi efficace il racconto su come gli scienziati utilizzino il metodo scientifico e il criterio di falsificazione per dimostrare la validità delle loro affermazioni (a differenza delle verifiche pseudoscientifiche che spesso sono divulgate e poi risultano false). Il mestiere dello scienziato è durissimo. Dalla ricerca alla pubblicazione dei risultati in riviste specializzate, poi messe a disposizione della comunità scientifica, lo scienziato è sempre sotto esame. Eppure è l'unica disciplina umana in grado di offrirci un modello conoscitivo fondato, evidente, capace di incrementare la conoscenza; ed è frustrante sapere che in molti tentano di sminuirne la valenza e l'efficacia. 
Lo scopo del libro è quello di smentire alcune delle innumerevoli bufale che circolano in giro e per quello di rassicurare il lettore di fronte a ciò che mangia. Così ad esempio, con i dati scientifici che abbiamo oggi, non è assolutamente vero che il biologico sia più nutriente e migliore di quello coltivato convenzionalmente, oppure non è altrettanto vero che lo zucchero grezzo di canna sia più sano e sostanzioso di quello bianco. La chemofobia ormai di moda in questi anni è smascherata, come nel caso del tanto odiato glutammato che non è nient'altro che una sostanza che esalta i gusti (o li danneggia, dipende dalla dose, ovviamente) come il sale, che nulla ha a che fare con presunte malattie o sviluppi addirittura mortali.
Purtroppo non riusciamo a sospendere i nostri giudizi, a mettere tra parentesi le nostre opinioni e di fronte a pseudoverità acquisite non riusciamo a cambiare idea neanche quando ci troviamo innanzi all'evidenza che smentisce le nostre tesi iniziali. Davanti al punto di domanda, al mistero di una conoscenza non ancora acquisita, la nostra mente deve in ogni caso trovare una risposta e le nostre ipotesi diventano automaticamente conferma, saltando spesso passaggi logici necessari; è un meccanismo naturale della nostre psiche. Da qui dunque la diffusione dell'ignoranza scientifica e ancor di più del suo metodo di ricerca che sta producendo un mondo sempre più fitto di falsi miti e luoghi comuni che circolano sempre più velocemente. Ecco perché leggere un libro di divulgazione scientifica, scritto con allegria e chiarezza da esperti certificati, è sempre cosa buona e giusta.

3 mar 2019

Il viaggio di Paolo Orsi negli Iblei - A cura di Rosalba Panvini, Francesca Gringeri Pantano, Marcella Accolla (Saggio - 2017)

"Il 1888 segnò una svolta fondamentale per la ricerca archeologica scientifica in Sicilia; in quell'anno arrivò a Siracusa, come Ispettore di terza classe degli scavi, musei e gallerie del Regno, il roveretano Paolo Orsi che, dopo tre anni, sostituì Francesco Saverio Cavallari, ormai in età di pensionamento".

Il libro dedicato al grande e mai abbastanza elogiato archeologo Paolo Orsi è anche un omaggio agli "Archeologi e Fotografi nella Sicilia Sud Orientale tra il 1888 e il 1932". Epoca d’oro per la ricerca archeologica siciliana, la scienza tutta ha compiuto dei notevolissimi passi avanti grazie all'utilizzo delle tecniche fotografiche di quegli anni. Il prezioso volume (a corredo della mostra curata dalla Soprintendenza di Siracusa esposta a Palazzolo) è ricchissimo di bellissime fotografie, dall'alto valore di testimonianza e di scientificità, che accompagnano una biografia del grande archeologo trentino e una carrellata di dati sui suoi scavi a Siracusa, nella provincia e nel ragusano.
Un inatteso e apprezzatissimo regalo quindi.

25 feb 2019

Contro la religione - Howard Phillips Lovecraft (Saggio - 2010)

"Non esiste una propensione naturale verso la religione. Quest'ultima, in origine, cercava semplicemente di spiegare lo sconosciuto attraverso un simbolismo poetico e una rozza personificazione; oggi la religione sopravvive tra la maggioranza meno analitica delle persone meramente perché hanno una mancanza di informazioni scientifiche e perché il loro apparato emotivo è stato permanentemente pregiudicato o storpiato dalla propaganda religiosa che era stata ficcata loro in testa durante l'infanzia, prima che la loro mente e le loro emozioni si fossero sviluppate oltre lo stato infantile di debole e non critica ricettività".


Lovecraft, uno dei pensatori americani più brillanti del primo Novecento, mente capace di creare nuovi mondi, nuovi pantheon divini e nuovi orrori nei suoi racconti, fiducioso nella scienza e nei suoi progressi, ma anche attento agli stimoli immaginativi dell'arte, ha avuto una visione del mondo in cui non c’è posto per Dio. Una visione complessiva che abbraccia la percezione temporale e spaziale dell’universo, dimensioni in cui l'uomo non è altro che un insignificante granello di polvere. Affiora quindi, in questi "Scritti atei" (raccolta di lettere e saggi che vanno dal 1916 al 1936), un Lovecraft ossessionato dalla ricerca della verità, sempre attento ad assecondare la sua irrinunciabile pulsione di conoscenza. In particolare, nel rapporto tra fede e scienza vede progressivamente crollare le fantomatiche certezze religiose quanto più si sviluppano le conoscenze scientifiche. Questo è evidente anche oggi, a seguito delle nuove scoperte fisiche, nonostante molti teisti, arrampicandosi sugli specchi, cerchino di interpretare tali scoperte a loro vantaggio. La religione quindi si configura come bisogno di avere risposta di fronte al caos apparente dell’esistente. Ed è inevitabile che si sviluppino argomenti psicologici nei suoi ragionamenti. Quando gli uomini primitivi guardavano impreparati la natura, sentivano il bisogno di avere rassicurazioni e si attribuivano così elementi soprannaturali alle forze della natura. Ma via via che la scienza è stata in grado di spiegare razionalmente i fenomeni dell'universo, la religione ha continuato a cedere il passo alla verità che ne ha mostrato l’inconsistenza e l’implausibilità, in particolare di quella cristiana.
Se la religione è dunque menzogna, Lovecraft sostiene che sia immorale fondare la morale su tale falsità. Ma è un attento osservatore, un fine analista, e sa anche che una società fondata sulla miscredenza imposta sia altrettanto pericoloso. Inoltre la religione continua ad essere una costruzione forte per molti uomini, perché dipende dall'indottrinamento che hanno subito da bambini, e per pigrizia mentale da adulti. 
Da ricordare l’introduzione alle lettere e ai saggi di Joshi, critico letterario tra i più autorevoli conoscitori di Lovecraft, importante per capirne l'evoluzione del pensiero filosofico cosmico e ateo. 

5 feb 2019

La caduta - Albert Camus (Romanzo - 1956)

"Tutti quei libri appena letti, gli amici appena amati, le città appena visitate, le donne appena possedute! Compivo dei gesti per noia o per distrazione. Gli esseri venivan dietro, volevano aggrapparsi, ma non c'era niente, ed ecco l'infelicità. Per loro. Perché, quanto a me, dimenticavo. Non mi sono mai ricordato d'altro che di me stesso".

In un bar di Amsterdam, il Mexico-City, Jean-Baptiste Clamence, un uomo assurdo che vive nell'assurdo, si definisce "giudice-penitente". Il brillante protagonista, avvocato di una Parigi lontana e superficiale, si confessa in un lungo monologo con un occasionale frequentatore della taverna allo scopo di redimersi dal suo egocentrismo. Ma per fare ciò, Clamence cerca di far confessare il suo ascoltatore (noi lettori, in sostanza), innalzandosi a giudice, un falso giudice però. Da accusatore di se stesso ad accusatore di tutta l'umanità, Clamence è uno Zarathustra moderno, un profeta senza il suo Messia. È un uomo che si sentiva felice perché non aveva bisogno di nulla, famoso e ben quotato, armonioso con la natura e con gli altri, eppure sentiva dentro di sé, come un tarlo che si incunea nel legno, il peso dell'assurdità di quella condizione. E nell'inammissibilità della sua esistenza, persino quando una ragazza si butta nella Senna e Clamence sente il tonfo nell'acqua, continua per la sua strada.
È un uomo, quello descritto da Camus, che vive nella depravazione, nel disagio, nella contraddizione, nell'inconcepibile insomma. Pur di non annoiarsi, pur di non restare nella contemplazione di sé, ha bisogno di fare qualcosa. E allora indossa le maschere dell'apparenza, vive una doppia vita, una di facciata, decorosa e felice, l'altra vera, viziosa e triste. Ecco allora il bisogno di confrontarsi con gli altri, per cercarne gli stessi vizi, le stesse maschere, le stesse menzogne, in modo da sentirsi più leggero. Perché in fondo, oggi, in quanti sono in grado di tenere saldi a sé tutte le proprie certezze? L'uomo ormai è caduto nell'assurdo e nell'angoscia, e chissà se troveremo mai il modo di uscirne.

24 gen 2019

Schopenhauer e Leopardi e altri saggi leopardiani - Francesco De Sanctis (Saggi - 2013)

"Leopardi e Schopenhauer sono una cosa. Quasi nello stesso tempo l'uno creava la metafisica e l'altro la poesia del dolore. Leopardi vedeva il mondo così, e non sapeva il perché.
Arcano è tutto 
Fuor che il nostro dolor
Il perché l'ha trovato Schopenhauer con la scoperta del 'Wille'".


In questo celebre dialogo del 1858, il critico letterario De Sanctis, approfondendo lo spessore filosofico di Schopenhauer, mette a confronto il pensiero del tedesco con la poesia di Leopardi, rintracciandone le analogie che legano questi due meravigliosi autori.
Il saggio in verità è un dialogo tra due amici, A. e D., che si confrontano sulla filosofia dell'anti-hegeliano Schopenhauer. A., in gioventù appassionato di filosofia e da adulto astronomo, non ha più a cuore la filosofia. Da buon scienziato positivista, crede che, insieme alla teologia, sia destinata a sparire di fronte alle conquiste della scienza. D., invece, nel presentare appassionatamente la filosofia del filosofo tedesco, ne apprezza gli atteggiamenti anti-idealistici e lo paragona al poeta italiano. E i due amici, feroci anti-idealisti anch'essi, si ritrovano ad elogiare la profondità di Schopenhauer e di conseguenza il pensiero tragico di Leopardi, capace quest'ultimo di cogliere la stessa verità del filosofo attraverso la poesia.
Ma mentre il primo saggio-dialogo è prevalentemente su Schopenhauer, gli altri brevi tre, invece, sono dedicati unicamente a Leopardi. Nel primo, "La filosofia di Leopardi", il poeta è descritto come un moralista vicino ai sensisti e a tutti quei classici che hanno fatto del dolore e dello scetticismo la loro dimensione riflessiva. Ne "La morale di Leopardi" sono proposte la consolazione e la rassegnazione quali guide del nostro agire, mentre nell'ultimo saggio, "La prosa di Leopardi", De Sanctis evidenzia quanto lo stile dello scrittore recanatese sia logico, elegante, classico, letterario, ma poco efficace e quindi poco diretto.

Un libretto che si legge velocemente, grazioso quanto raffinato. Ho gradito particolarmente quando De Sanctis, che apprezza in massimo grado Schopenhauer e Leopardi (e quindi e per forza di cose odia l'idealismo tedesco), considera Kant pavido e teologo cristiano. Come me.

21 gen 2019

Balle mortali - Roberto Burioni (Saggio - 2018)

"È del tutto legittimo decidere di camminare su un filo teso tra due grattacieli per sfidare la sorte e provare il brivido del rischio: ognuno è padrone della propria vita. Però a nessuno può essere consentito di camminare su quel filo con il proprio figlio in braccio, pensando che quella brezza di cui si gode tra un grattacielo e l'altro lo faccia crescere più sano".

Quante volte abbiamo sentito dire che i vaccini provocano l'autismo, che intrugli mai brevettati e mai messi a disposizione della comunità scientifica curano il cancro, che è meglio non fidarsi degli scienziati perché si arricchiscono sulla pelle dei pazienti e via discorrendo. In questo ultimo lavoro del dott. Burioni sono raccontate alcune di queste castronerie che però hanno conseguenze nefaste. Come il caso di Christine Maggiore, la donna che, contratto il virus dell'HIV, decise che non fosse vero e che comunque non fosse responsabile dell'AIDS. Consigliata e sostenuta da ciarlatani che non si fidano dei risultati scientifici, portarono la donna prima a infettare la figlia, che innocente morì a soli tre anni, e poi alla morte. A proposito dell'AIDS, però, c'è anche la storia a lieto fine di Magic Johnson, che, una volta infettato, seguendo la scienza, è ancora vivo e gode di ottima salute... 
Incredibile la storia sul veterinario (sic) Liborio Bonifacio che ha messo a punto una ricetta magica contro i tumori a base di urina e di feci di capra. O il famoso caso Di Bella, tanto celebre quanto pericoloso. Dei ciarlatani Burioni fa nomi e cognomi, come quello di Geerd Hamer, medico e teologo tedesco che mettendo in relazione la malattia con un conflitto psichico sarà causa di morti e dolori. O come quello di Davide Vannoni e il suo metodo Stamina, che tanto imbarazzo ha provocato per l'Italia.
Il libro denuncia anche come spesso questi ciarlatani siano persino dei medici iscritti all'ordine. Medici che dopo gli studi si tuffano a capofitto nella ricerca di cure alternative e inefficaci, se non addirittura dannose come l'omeopatia e la naturopatia. Balle che si diffondono come batteri, purtroppo, e oggi c'è chi muore perché crede che il latte crudo della fattoria del vicino sia migliore del latte pastorizzato del supermercato. Ovviamente non poteva mancare il capitolo sulle balle degli antivaccinisti che oggi mettono in pericolo la vita dei bambini.
Un libro che raccoglie racconti disarmanti, in cui i protagonisti, malati e quindi spaventati, cercano consolazione in pratiche alternative evidentemente inefficaci e fondate sulla cialtroneria. Con uno stile semplice e con picchi notevoli di ironia, il volume scorre velocemente e si impara e si riflette sul nostro presente ancora e apparentemente sempre più soggetto al fascino della faciloneria.

14 gen 2019

Per Poe - Charles Baudelaire (Saggio - 1988)

"Poe analizza ciò che v'è di più evanescente, soppesa l'imponderabile, descrive, secondo una tecnica minuziosa e scientifica dagli effetti paurosi, tutto l'immaginario che avvolge della sua aura l'uomo nervoso e lo porta a perdizione".

Per anni ho cercato vanamente questo libro in ogni libreria che ho incrociato, e alla fine mi è stato regalato da una persona speciale che non posso non ricordare qui.
Raccolti per la prima volta gli scritti di Baudelaire dedicati a Poe, in questo prezioso volume di Sellerio si nota come i due immensi scrittori siano vicinissimi per profondità e sensibilità. Lo stesso Baudelaire lo sostiene più volte nelle sue pagine. Il volume contiene due saggi sulla vita, sulle opere e sulla poetica dello scrittore di Boston, diverse introduzioni ad alcuni racconti, stralci dalle lettere e dalle opere di Baudelaire. Infine, in appendice, Bufalino, lo scrittore comisano che ha curato l'edizione, ha aggiunto due poesie di Mallarmé dedicate a Poe e allo stesso Baudelaire.
Interessante notare come nel raccontare la disordinata e anticonformista vita di Poe, il poeta francese tratteggi, in contrapposizione, il carattere dell'americano medio, immerso nella sua repubblica e nei suoi denari. Emerge un Poe non americano dunque, nella filosofia, nella poetica, nella definizione del bello. Lontanissimo dall'idea che l'utilità debba primeggiare sull'idea di bellezza, Poe sembra più uno scrittore europeo.
Bellissima l'introduzione di Gesualdo Bufalino (e non poteva essere altrimenti). Attraverso le sue parole, quasi continuando l'onda che dagli Stati Uniti si è propagata fino in Francia, ci lascia un ricordo da conservare gelosamente, due fiori del male da annaffiare costantemente.

È un libro da collezionare, da annusare e accarezzare. Certo, il suo contenuto è ripetitivo e non nuovo, ma resta forte il sentimento che Baudelaire mostra nei confronti dello scrittore americano e il suo orgoglio nel ritenersene spiritualmente vicino.
A chi lo sa, grazie!

9 gen 2019

L'ordine libertario - Michel Onfray (Saggio - 2012)

"Rientrato a casa, appoggia il libro sulla tela cerata della tavola in cucina, lo sistema sotto il cerchio di luce della lampada a petrolio, lo apre e comincia a leggere. Mentre intorno il mondo scompare, lui entra direttamente in un universo che lo salva. Il libro raccoglie il mondo degli antimondi.
Quando legge, il bambino si tuffa nelle acque lustrali della cultura. Quando rialza la testa, alla madre mostra uno sguardo strano, stravolto, come quello d'un intossicato che ritorna alla luce, all'aria del mondo, alla vita, alla superficie".


"Vita filosofica di Albert Camus", come recita il sottotitolo, è un racconto che oscilla tra elementi di vita comune e pensieri straordinari, che fanno di Camus un modello perfetto di coerenza. Nietzschiano di sinistra, intollerante verso ogni forma di ingiustizia, edonista, esistenziale più che esistenzialista, libertario, anarchico, ferocemente contrario alla pena di morte, antitotalitario, il Camus di Onfray ci appare in tutta la sua squisita figura. Onfray, lontano da ogni pretesa freudiana, rivive negli eventi biografici il senso del pensatore francese, così legato alla terra e alla vita. Un filosofo che ha tratto la sua filosofia dall'esperienza diretta, praticando il mondo, rimanendo fedele all'infanzia, al padre morto in guerra, alla madre muta, alla miseria in cui ha trascorso la giovinezza. Camus è il pensatore che è, perché del suo essere concreto ne ha tratto insegnamenti filosofici veri.
Nell'analisi della sua vita e delle sue opere, la malattia (del corpo e dello spirito) e l'edonismo stanno a braccetto, si stuzzicano a vicenda in una dialettica felice e creatrice. Deciso e coerente, legato al reale e non all'idea, Camus si configura così come il giusto modello filosofico e politico da contrapporre a Sartre, il filosofo dell'opportunità e dell'ideologia.
In una prospettiva politica postnazionale e internazionalista, con il suo essere dionisiaco, esaltatore del corpo e del mondo, epicureo, mediterraneo, Camus vive con profondo dolore gli anni della guerra, dei lager e dei fascismi, ma allo stesso tempo, e con la stessa forza, odia i gulag sovietici e i massacri dettati dalla penna di Marx. Ecco perché è diventato il nemico di tutti, delle destre e delle sinistre.
In questa poderosa e brillante biografia filosofica, si ripercorre non solo la straordinaria forza di un uomo decisivo per il Novecento, ma anche una storia che ha abbracciato gli anni più tragici e turbolenti del secolo scorso. E dentro questa storia di contraddizioni, di brutture, di tragedie, Camus è riuscito a rimanere coerente con le sue idee e con la sua realtà, e a guardare al futuro proponendo soluzioni umane, concrete, ma purtroppo ancora lontane dall'essere realizzate.

7 gen 2019

Classifica: i più belli e il più deludente del 2018

Tradizione di questo blog vuole che con l'anno nuovo stili una classifica dei libri più belli letti nei dodici mesi passati. Mi ero promesso di leggere qualche libro in più rispetto lo scorso anno, e poco di più ho letto (20, di cui un paio ancora da commentare), ma con la sensazione, però, che si possa migliorare ulteriormente.
È stato un anno, il 2018, di viaggi, di nuove scoperte geografiche e culturali, di una serenità raggiunta e affermata che fa ben sperare.
Ma ecco la mia classifica:

2. Decadenza 

Sebbene sia stato l'anno di diverse letture landolfiane, tra chicche e piccoli gioielli (il racconto La muta su tutti), Proust e la sua ricerca conclusa rappresentano per me il meglio che lo spirito umano possa esprimere. Più che per l'ultimo immenso capitolo della Recherche, ritengo che, per bellezza e grandezza, meriti il primo posto in classifica il romanzo nella sua interezza. Un romanzo che di certo è ai vertici delle classifiche della storia della letteratura mondiale. L'ultimo libro di Onfray, invece, con le sue riflessioni mi ha accompagnato nei miei dialoghi interiori per tutto l'anno e non credo che nei prossimi il suo ricordo svanirà facilmente; ecco perché al secondo posto. Di Roth, lo scrittore statunitense morto proprio nell'anno appena trascorso, ho apprezzato lo spirito colto, letterario e analitico. 
Neanche stavolta ho letto libri da dimenticare, ma, sarà per l’aspettativa cresciuta in me e per la stima che ne ho, mi aspettavo di più da Una giovinezza inventata di Lalla Romano.

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