Filosofo sconosciuto, sbeffeggiato, volutamente obliato dalla ottocentesca storiografia filosofica intrisa di restaurata religione, il filosofo tedesco naturalizzato francese in queste pagine ci mostra, con la veemenza e la radicalità che gli sono proprie, le assurdità di una religione che non può avere nulla di che spartire con la ragione. L'intento dichiarato dell'opera è educativo, di crescita intellettuale e formativa per permettere alla religiosa, e per questo infelice, Eugénie di vivere la vita senza pregiudizi e superstizioni, e quindi felice, che solo una condizione atea può consentire.
La radicalizzazione con cui vengono esaminati gli insegnamenti della dottrina cristiana non può non sfociare, alle volte, a della sottile ironia. Le contraddizioni e le menzogne della pedagogia religiosa, la quale trova più facile imporre il ridicolo e l'assurdo durante l'infanzia che in età matura-razionale, poste in tutta la loro incoerenza dinnanzi alla ragione del sacerdote dell'ateismo d'Holbach sovente risultano, nella loro tristezza, incredibilmente buffe. A tratti però le lettere sembrano ripetitive, il tono è costantemente aggressivo e fortemente polemico e tutto ciò, alla lunga, rischia di stancare. Certo, ci sono sparsi piccoli cenni propositivi, alternativi, "naturali" di morale non religiosa, ma questi argomenti, i più difficili, i più costruttivi, ma non per questo i più interessanti, il filosofo illuminista li affronterà compiutamente nelle opere successive. Già in questa fase di demolizione però il materialista d'Holbach anticipa idee e prospettive che saranno poi sviluppate da Feuerbach e da Nietzsche.
E' un viaggio - immagino solo per chi è vicino alle idee delle Lettere - dalle oscurità e dalla frustrazione della condizione religiosa alla luce e alla serenità della condizione atea.
Piccola nota: nella successiva "La filosofia nel boudoir" (1795) del marchese de Sade la protagonista da educare al piacere e all'ateismo si chiama Eugénie. Non sarà che il "divino marchese" abbia copiato anche questo dal barone, maître d’hôtel de la philosophie?