Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

20 mag 2018

Factotum - Charles Bukowski (Romanzo - 1975)

"La stazione degli autobus era vicina a Times Square. Uscii in strada con la mia vecchia valigia. Era sera. La gente saliva sciamando dalla sotterranea. Come insetti, senza volto, impazziti, mi sbattevano contro, mi venivano addosso, mi circondavano, implacabili. Giravano come trottole, si urtavano, si spingevano; emettevano suoni orribili.
Mi fermai in un portone e finii l'ultima pinta".

Henry Chinascki, l'alter ego di Bukowski, è un factotum, ovvero, per sopravvivere, passa da un mestiere manuale all'altro nell'assoluta indifferenza. Mestieri che va cercando giornata dopo giornata, licenziamento dopo licenziamento, attraversando gli Stati Uniti negli anni che vanno dalla seconda guerra mondiale al dopoguerra. È una vita in cui regna il caos, l'improvvisazione, il caso. Una vita randagia dunque, il cui unico senso è una rassegnata sopravvivenza e il cui unico scopo è bere il più possibile per sfuggire all'assurdità della realtà che la circonda. Non è un caso che le pagine, maleodoranti di alcol e di bagni pubblici, sono spesso allucinate e oniriche. 
Lo stile, sincopato e veloce, con i suoi capitoli brevi, suggerisce questo senso di nausea perenne che caratterizza Henry Chinaski. Un personaggio che vive solo per la disperazione, come se in essa vi fosse il dramma e il vero significato dell'esistenza. Chinaski continua a viaggiare di città in città, senza una meta prestabilita; l'importante è riuscire a soddisfare il suo necessario bisogno di sbronzarsi e di scopare. Il lavoro quindi diventa solo il modo per ottenere i soldi per l'alcol e per sfuggire alla morte.
È l'emblema di una vita precaria, insensata, tragica, ma vissuta prepotentemente nella pienezza della sua dimensione più solitaria, libera e vera. Sembra un moderno Diogene di Sinope insomma, un cosmopolita che rifiuta drasticamente le convenzioni e i tabù sociali, senza ipocrisie, senza maschere. Eppure non manca la bellezza, la poesia, in tutto questo sudiciume. I contrasti sono fortissimi infatti, e spesso troviamo da un lato l'olezzo nauseabondo della birra, dell'immondizia, della turpitudine, dall'altro, contemporaneamente, il piacere totale di ascoltare le sinfonie di Mahler, di Beethoven, di Brahms, o di ammirare la luce delle lune piene...

Un romanzo che ricorda moltissimo le storie della beat generation; ma almeno qui si riesce a cogliere, seppur malato, un significato esistenziale abissale.

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