Come si scriveva, il libro propone problemi (e soluzioni) epistemologici. Sappiamo quanto siano complessi i sistemi che tentano di provare un criterio unico di verità. Il filosofo gallese ci descrive il suo punto di vista, ma impressiona l'umiltà con la quale ammette i limiti delle definizioni finali a cui giunge. Un filosofo che sa, relativamente alla sua visione personale, eppure si pone sempre domande e si mette sempre in gioco. Un uomo che, nonostante sia sull'orlo di un precipizio, riflette sui suoi dubbi e sulla sua passione verso la conoscenza.
Nel testo non sono citati autori (se non quando necessario i più rappresentativi), non ci sono citazioni da libri oscuri o esclusivi, gli argomenti sono spiegati come se fosse un libro per chiunque si abbandoni alle speculazioni filosofiche; è questa la grandezza del volume. E' ovvio che occorre leggerlo passo dopo passo, ma non si ha mai la sensazione di restare da soli in tale cammino.
Gli ultimi capitoli, dopo che sono state smantellate o affinate vecchie teorie (la pars destruens, direbbero i filosofi), sono l'espressione del pensiero (la pars costruens) - non condivisibile per me nondimeno estremamente lucida - del filosofo platonico.
Alla fine ne viene fuori l'uomo con tutti i suoi limiti, che non può permettersi di cogliere definitivamente la verità. Niente assolutismi, niente certezze, rimangono solamente la consapevolezza dei propri limiti e un ineliminabile quanto profondo desiderio di conoscenza.
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