Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

27 set 2019

Il lutto della malinconia - Michel Onfray (Saggio 2018)

"Vivere non significa prendersi cura di sé stessi, questa è una faccenda da infermeria, da ricovero, siamo in una morale da ambulatorio; vivere significa prendersi cura di quelli che si amano...
Cosa vuol dire prendersi cura di sé quando, in procinto di uscire dall'ospedale, ci facciamo superare nel corridoio da un lettino d'acciaio sul quale la morte si è presa perfettamente cura del defunto, e per il resto dei suoi giorni? Una volta fuori, siamo ancora dentro, perché la malattia non l'abbiamo lasciata al bancone delle dimissioni..."

Il saggio di Onfray nasce da una serie di tragiche esperienze personali. Un ictus subito nel 2018 ha trasformato l'autore nel corpo, nella materia; la morte della moglie dopo una lunga malattia; la morte del padre. Avvenimenti che gli hanno permesso di ragionare sulla vita, e allo stesso tempo e inevitabilmente sulla morte. Nasce così un breve racconto biografico che cerca di spiegare come siano il lutto e il dolore a elaborare noi e la nostra vita, e non viceversa. Lui, il filosofo, è vivo, è un sopravvissuto, ed è suo compito navigare nei pensieri più tragici per apprezzare la vita, i giorni vissuti e sottratti al nulla della morte. Un capitolo è un vero e proprio diario scritto mentre Onfray si trovava in ospedale e in cui racconta giorno per giorno ciò che gli è accaduto. Colmo di rabbia contro medici incapaci e contro falsi amici, elabora un pensiero filosofico partendo da un'esperienza tragica ma decisiva: ogni giorno di luce è un giorno sottratto al nulla. 
Toccanti le bellissime pagine dedicate alla moglie e alla sua morte dopo un tumore durato diciassette anni. Un lutto travolgente, sconquassante, che però deve essere abbandonato, messo in parentesi. Si deve andare avanti, sconfiggere la malinconia. Ecco, un libro vitalista. 

22 set 2019

Un mese con Montalbano - Andrea Camilleri (Racconti - 1998)

"Sul tavolinetto tra di loro due c'erano un portasigarette e un accendino colossale d'argento massiccio. Lei si chinò, pigliò il portasigarette, lo raprì, lo tese verso il commissario. Nel movimento perfettamente calcolato la parte superiore della vestaglia s'allentò mettendo completamente allo scoperto due minne piccole ma all'apparenza tanto sode che Montalbano stabilì che ci si potevano agevolmente schiacciare le noci".

Il commissario Salvo Montalbano, con la sua cultura e i suoi sentimenti focosi, è un tutt'uno con la lingua raffinata, colta e allo stesso tempo sanguigna dello scrittore di Porto Empedocle. Una miscela, quella dell'italiano e del siciliano, nobilissima, capace di dare al ritmo dei racconti una velocità notevolissima.
I racconti sono quasi tutti ambientati a Vigata, l'ormai leggendario paesino siciliano in cui il commissario svolge le sue indagini. La dimensione è paesana, il barbiere, il farmacista, il preside del liceo, la vedova, il pensionato. Tutti si conoscono, sanno i segreti di ognuno e il commissario ci sguazza in questa forma di conoscenza. Le sue indagini si svolgono a istinto più che con l'ausilio di tecnologie. Basta uno sguardo, un gesto, un lapsus e Montalbano, usando spesso il bluff come strumento logico, trova il bandolo della matassa.
Sono trenta i racconti, uno al giorno, secondo le indicazioni dello stesso Camilleri. Eppure sono leggeri, scattanti e se ne possono leggere d'un fiato molti di più. È vero, dopo un po' si ha l'impressione che si ripetano, ma se letti d'estate e per puro svago non diventano mai noiosi.
Mi chiedo, però: per un siciliano, la lingua di Montalbano, e dello stesso Camilleri, è divertente e musicale. Ma come fanno i non isolani a comprenderla fino in fondo e quindi ad apprezzarne le sfumature e le strutture di senso che si caricano di originalità e profondità?

14 set 2019

Il concetto di Dio dopo Auschwitz - Hans Jonas (Saggio - 1987)

"Solo con la creazione dal Nulla possiamo avere l'unicità del principio divino in uno con la sua autolimitazione, che dà spazio all'esistenza e all'autonomia di un mondo. La creazione fu l'atto di assoluta sovranità, con cui la Divinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta - una opzione radicale a tutto vantaggio dell'esistenza di un essere finito capace di autodeterminare se stesso - un atto infine di autoalienzione divina".

Per il credente, il problema del male è un tema sempre aperto. E ciò che è avvenuto ad Auschwitz (sintesi tragica della Shoah) rappresenta lo spartiacque della storia e della teologia; si può infatti parlare di un prima e di un dopo Auschwitz.
Jonas, filosofo di origine ebraica, in questo denso opuscolo dal sottotitolo "Una voce ebraica", si pone e aggiorna la stessa domanda che si era posta Giobbe nell'Antico Testamento: quale Dio ha potuto permettere ciò che accadde al suo popolo eletto ad Auschwitz? E il tentativo di risposta porta il filosofo a declinare una nuova lettura del racconto biblico della creazione. Un Dio, in questa nuova prospettiva, che si evolve, che via via prende consapevolezza di sé, che partecipa al divenire, che soffre. Un Dio più vero direi, più umano, ma diversissimo dal tradizionale mito greco-ebraico-cristiano, che, quindi, non è più perfezione e puro atto. Abbiamo così la rappresentazione di un Dio sofferente, che creando il mondo e l'uomo diviene. Da ciò ne consegue che gli attribuiti di bontà assoluta, onnipotenza e comprensibilità di Dio insieme non possano coesistere; almeno uno deve essere escluso. E Jonas estromette la proprietà dell'assoluta Potenza, giustificandosi con il silenzio di Dio ad Auschwitz. Dunque, il male senza colpa e senza peccato subito dal popolo ebraico, dal popolo eletto, non può ammettere tale qualità. Il silenzio del Padre, inoltre, si spiegherebbe con il libero arbitrio degli uomini. Dio, anche potendo, non può intervenire nelle cose del mondo, perché ha concesso agli uomini la libertà. Ne conseguirebbe che Dio sia impotente di fronte al male, e la sola responsabilità sia degli uomini, anche ad Auschwitz... È un nuovo messaggio religioso quello di Auschwitz, un evento sacro che, secondo Jonas, ci permette di conoscere sempre meglio il Creatore. 

A me sembra, nonostante alcuni spunti originali come quello di un Dio che nel tempo cresce in consapevolezza, un modo malcerto di giustificare il problema della teodicea. Soprattutto in relazione al concetto di libertà. Una soluzione, quella del libero arbitrio, che non spiega gli attributi di bontà e potenza (anche se, è utile ribadirlo, per Jonas quest'ultima non è totale) che vengono affibbiati a Dio. Un creatore che in questo modo diventa minore e ambiguo; un artefice impotente a corrente alterna, che può scatenare la sua ira e punire il suo popolo quando e con la potenza che vuole, ma che non può salvarlo neanche quando è innocente di fronte alla storia.
L'opuscolo si chiude con un brevissimo discorso dal titolo "Il razzismo", importante solo perché l'ultimo pronunciato dal filosofo ormai novantenne e che pochi giorni dopo morì.

1 set 2019

Pet Sematary - Stephen King (Romanzo - 1983)

"Louis si girò e si trovò davanti sua moglie, alla quale una volta lui aveva portato una rosa, tenendola tra i denti: giaceva là verso la metà del corridoio, morta. Giaceva a gambe scomposte, proprio come Jud. La schiena e la testa erano appoggiate alla parete, in posa un po' contorta. Faceva pensare a una donna che si fosse addormentata mentre leggeva a letto." 

I Creed e il loro gatto, una normale famiglia di Chicago, sono costretti a trasferirsi in una cittadina del Maine. Non lontano dalla loro nuova abitazione si trova Pet Sematary, un cimitero per cuccioli usato dai ragazzi del luogo per seppellire i propri animali. Ne vengono a conoscenza da Judson Crandall, un anziano signore loro vicino, che già dal loro primo incontro diventa un punto di riferimento per la famiglia. Sin dalla loro prima visita al cimitero, i Creed avvertono un senso di malessere generale. Solo Louis Creed, medico e capofamiglia, sembra reagire al disagio vissuto con razionalità. Ma la vita inizia a trascorrere regolarmente e con soddisfazione di tutti. Rimane un'ombra, però, quel cimitero lassù e quella catasta di alberi morti che ne delimitano il confine. Poi l'evento che scardina la tranquillità acquisita. Mentre Louis è rimasto da solo in casa per una settimana senza moglie e senza figli, il loro gatto, Church, muore, probabilmente ucciso da un camion mentre attraversava la statale Quindici di fronte casa. E subito il vecchio ma arzillo Jud porta Louis su, oltre il cimitero degli animali, superando ammassi di alberi morti e sentieri paludosi. Qui, su un terreno sacro agli indiani, Louis seppellisce il corpo senza vita di Church. E, non inaspettatamente, il giorno dopo il gatto morto ritorna a farsi accarezzare da un impaurito Louis. Nonostante l'evidente diversità comportamentale di Church - barcolla, soffia, uccide animali, l'insolita puzza cadaverica -, tutto procede nelle pagine regolarmente. I Creed sono felici. Fino a quando la loro felicità si disintegra in un attimo: il piccolo Gage, il loro figlio più piccolo, è ucciso come Church da un camion in corsa sulla maledetta statale Quindici. Com'è prevedibile, nelle pagine più belle del romanzo, il padre, posseduto dal dolore ma anche da una strana energia proveniente dal cimitero degli animali, decide di riesumare dal cimitero della città il martoriato corpicino del figlio e di portarlo nel luogo sacro agli indiani, il luogo magico che gli aveva già portato in vita il gatto Church. Poi il ritorno di Gage, la sua strana alleanza con Church, la furia omicida contro Jud e contro la madre. Solo Louis riesce a bloccare Church e Gage, riesce ad ucciderli di nuovo e a bruciare la casa di Jud. Salva dall'incendio solo il corpo di Rachel, la moglie, e, intuita nella velocità d'azione la soluzione per evitare che i resuscitati tornassero violenti e assassini, ritorna di nuovo oltre il cimitero degli animali a far rivivere la moglie…

Se la prima parte del romanzo è particolarmente barbosa e lenta, la seconda, invece, risulta più avvincente e conturbante. La scrittura è veloce, leggera e accattivante. Belle le pagine che raccontano dei cimiteri e delle sepolture, ma sono poche, piccole gemme in un deserto di pagine eccessivamente ricche di aneddoti e di dettagli pedissequi e noiosi. È una buona lettura estiva, una storia che si segue senza grosse difficoltà.

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