Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

22 mag 2011

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana - AA. VV. (Lettere - 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945)

"Devo smettere, perché mi sono messo a scrivere troppo tardi fidando nella luce della mia lampadina, la quale invece stasera è particolarmente fioca, oltre ad essere altissima. Ti continuerò a scrivere alla cieca, senza la speranza di rileggere. Con tutto il Tommaseo che ho tra le mani, sorge spontaneo il raffronto con la pagina di diario di lui che diventa cieco. Io, per fortuna, sono cieco solo fino a domattina". (Leone Ginzburg)

Centododici condannati a morte, centododici uomini e donne che hanno lottato per un credo che essi ritenevano giusto, di fronte alla morte annunciata trovano un attimo per raccogliersi e per scrivere per l’ultima volta alle famiglie, ai compagni, agli amici. Le lettere sono solo di partigiani e di patrioti. Sono uomini e donne delle diverse estrazioni sociali e culturali (la maggior parte dell’Italia settentrionale e di cultura medio - bassa), ma tutti accomunati, oltre che da una fede, dal loro trovarsi innanzi alla morte. Sono sotto scacco e l’unica ragione per non impazzire sta nella rassegnazione. 
Di fronte a questo tipo di morte è la tenerezza a prendere il sopravvento. Raramente verso la crudeltà delle sentenze è l’ira a manifestarsi. Bensì è la placida sopportazione a vincere. Non si fa quasi mai cenno degli aguzzini, tuttavia questo silenzio è carico di furore. È strano notare come di fronte alla morte tutto si azzeri e tutti i sentimenti siano simili. Ovviamente le lettere sono quasi tutte struggenti e solo qualcuna, in questa monotonia di toni e di rassegnazione, spicca per visione e maturità. Ma sono poche in verità.
Sebbene si sappia, sorprende sempre leggere di uomini ammazzati giovanissimi. I messaggi sono destinati alla commozione, sono preghiere d'amore verso i propri cari. Certo, se non fosse per il loro altissimo contenuto documentaristico, la lettura d'un fiato sarebbe sconsigliabile. 
Anche queste lettere per non dimenticare chi ha lottato per un'idea di libertà, per non dimenticare un periodo nuovo della nostra storia nazionale. Un libro didattico.

7 mag 2011

Crepuscolo di un idolo - Michel Onfray (Saggio - 2010)

"Questo problema, divenuto per la grazia e la magia del maestro e dei discepoli il tormento di ognuno dall'inizio dell'umanità fino alla fine dei tempi, questo problema, dunque, è quello di un uomo, di uno solo, che riesce a nevrotizzare l'umanità intera nella folle speranza che la sua nevrosi gli sembrerà più facile da sopportare, più leggera, meno penosa, una volta estesa ai limiti del cosmo".

Iniziando con una appassionante cronaca autobiografica, Onfray ci racconta come, dopo aver conosciuto da ragazzino i tre grandissimi 'maestri del sospetto', si sia gradualmente distaccato dal pensiero e dalle scoperte freudiane. Ecco dunque il resoconto feroce di una filosofia del martello, di un parricidio il cui unico scopo consiste nello 'smantellare le favole freudiane'; come recita il sottotitolo.
Onfray, lo sappiamo bene, non è uno sprovveduto. È uomo entusiasta, vorace, instancabile, contrario a ogni forma di falsificazione. E per distruggere (il termine mi sembra più che appropriato) la teoria freudiana si documenta, approfondisce, ricerca. Dunque da iniziale figlio freudiano che si batte per la verità, si oppone a Freud, a uno dei padri che lo hanno cresciuto, smascherandolo attraverso letture, ricerche e documenti. Ne viene fuori un Freud millantatore, un uomo di fede, un anticomunista ma non antifascista; Freud un filosofo, non uno scienziato, figlio ingrato e debitore di Nietzsche.
L'autore del celeberrimo ed eccelso 'Trattato di ateologia', come in quel libro levava la maschera alle menzogne dei monoteismi, qui si propone di rivelare le menzogne freudiane. I punti salienti del libro sono: Freud ha elaborato la sua teoria dell'inconscio partendo dalle intuizioni di Schopenhauer e Nietzsche; sogni, lapsus, dimenticanze hanno un senso ma niente a che vedere con la rimozione; la psicanalisi non è scienza, produce solo effetti placebo; il complesso edipico non è universale; la psicanalisi è sostanzialmente l'autobiografa di Freud. Molte di queste affermazioni, in verità, non ci sconvolgono, sono già state contemplate, accettate; ciò che brilla di luce nuova invece è la spietatezza della tesi secondo cui la psicanalisi è solo la filosofia di Freud, di un uomo nevrotico, solo, e che ha paura di accettare le proprie malattie e le proprie perversioni. 
La prospettiva di Onfray è nietzschiana, decostruttiva, genealogica e ha un solo obiettivo: capire Freud, capire la psicanalisi e una volta intesi scoprire che non c'è nulla di universale, di scientifico. Il francese legge quindi non solo tutta l’opera ‘scientifica’, ma anche le lettere di Freud a Fliess, agli altri amici di avventura, e le sue confessioni – documentate. Tutto materiale che denuncia un uomo ambizioso, incoerente, ma pur sempre oscillante tra la profondità e l’autocelebrazione.
Gli aneddoti, le curiosità biografiche, le citazioni di cui si serve Onfray per procedere nel suo lavoro di analisi, sono continue e sempre curiose. La lettura perciò è costantemente viva, piena. Certo, su Onfray psicanalista di Freud, il conoscitore attento non potrà non notare alcune forzature, ma in fondo Onfray non dice molto di nuovo, estremizza solamente. Tuttavia il suo libro può educare chi dalla psicanalisi ricerca una cura, una terapia, un metodo contro l'ignoranza.

La ferocia del parricidio onfraiano (di questo si tratta) sta soprattutto nello stile e nella passione che il filosofo ci mette per compierlo. Eppure anche questo non è nuovo. La grandezza di Onfray, oltre che nella lucida volontà che possiede nel denunciare nietzschianamente i pregiudizi e le menzogne, resta nella sua furia, dovuta e affabulatrice, che lo contraddistingue.
Non sono sempre d'accordo con Onfray (soprattutto quando vede dell'oscurantismo dove invece io vedo dell'onestà intellettuale), ma le sue tesi essenziali potrebbero essere valide. Lo psicanalista viennese però, se considerato filosofo, resta comunque un maestro. Freud, almeno per me, resta comunque un padre intellettuale rispettabilissimo, e, sebbene filosofo che ha fatto della sua introspezione legge universale, un maestro che è riuscito a raccogliere intuizioni e verità in una teoria che mantiene immutato il suo fascino e che ancora mi influenza. Se si legge l'opera freudiana come studio filosofico si potrebbe scoprire il perché tale fascino sia inalterato...

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