Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 ott 2018

La leggenda dei monti naviganti – Paolo Rumiz (Saggio – 2007)

"Non conosco nessuna nazione che assista così passivamente alla morte dei luoghi. Lo si vede già dalla segnaletica, da come i cartelli dei paesi si mescolano a quelli degli ipermercati. Le frazioni, le alture, i ruscelli stanno perdendo il nome, ultimo presidio dell'identità. L'economia ha sostituito la topografia, le pagine gialle la carta geografica".

Se guardassimo l'Italia dall'alto, ci potrebbe sembrare che le sue catene montuose, le Alpi e gli Appennini, siano degli enormi massi galleggianti sul mare. Eppure questi massi, queste montagne sembrano essere lontani dai pensieri degli italiani stessi. In questo libro di viaggi, Rumiz racconta gli ottomila chilometri che ha attraversato tra le Alpi e gli Appennini dal 2003 al 2006, per cercare di recuperare un po' la storia di queste montagne e fissarla su carta e nella memoria collettiva, prima che l'incuria degli uomini sfasci ogni ricordo.
Il viaggio comincia nei pressi di Fiume, in Croazia, alla ricerca del punto di inizio delle Alpi. Parte dal mare, da una nuotata nelle acque dell’Adriatico. I cambi di paesaggio, tra una zona e un’altra, sono i protagonisti delle pagine, quasi a sottolineare l’universo molteplice che racchiudono in sé le Alpi. Il racconto si fa storia e microstoria: storia di soldati della Grande Guerra, storie di partigiani, storie di rivolte. È un racconto di incontri anche. Rumiz passeggia con Mauro Corona e, insieme, visitano il Vajont e la frana che ha causato la celebre tragedia del 1963. Poi, in Veneto, si arrampica, tra gli altri con Rigoni Stern sul suo Altopiano di Asiago. Il bellissimo incontro con un anziano Kapuściński a Bolzano, con De Stefani, con Bonatti. Non possono mancare le riflessioni sul paesaggio, sui fiumi, su come il deserto avanza mordendo e inghiottendo ogni cosa; ma anche sull'orgoglio dei bavaresi, sulla xenofobia degli svizzeri.
Gli Appennini poi, attraversati con una Topolino degli anni ’30 del secolo scorso. Un’avventura nell’avventura quindi, tra statali che si perdono tra le innumerevoli valli e gli altisonanti nomi di paesini, tra incontri imprevisti e violenti acquazzoni che si esauriscono in giornate di afa, fino a quando il viaggio finisce, come era iniziato, sul mare.
Due viaggi, lunghi, difficili, alla ricerca di un’Italia diversa, dimenticata, che sta sparendo. Montagne che conservano volti e storie antiche che sono identità e che sarebbe ingiusto dimenticare. Un libro che celebra tanta bellezza, ma che allo stesso tempo denuncia tanta incuria e tanto menefreghismo.

14 ott 2018

La caduta di Roma e la fine della civiltà - Bryan Ward-Perkins (Saggio - 2005)

"L'idea che la maggior parte del territorio romano venisse loro ceduto nel quadro di trattati formali, qual è formulata da certi storici recenti, è un puro e semplice errore. Dovunque si abbiano testimonianze di una certa ampiezza, quali quelle provenienti dalle province del Mediterraneo, la norma era indubbiamente la conquista o la resa alla minaccia della forza, e non un accordo pacifico."

L'idea di fondo dello storico inglese, contro l'idea ormai diffusa che nella tarda antichità sia avvenuta una transizione o un mutamento graduale dal mondo romano a quello medievale, è che con le invasioni barbariche ci sia stata una vera e propria tragica crisi, determinando la fine di una civiltà, di una grandissima civiltà come quella romana. Niente di graduale e pacifico insomma, niente integrazione tra barbari e civilizzati, come una certa tradizione storiografica propone. Il loro arrivo, invece, sotto forma di invasione e sostituzione, ha causato la frantumazione di un impero che non ha eguali nella storia dell'umanità. Invasioni che non sconvolsero solo l'impero d'Occidente, ma anche l'Oriente ne subì inizialmente gravi conseguenze. Con una sostanziale differenza però: Costantinopoli era protetta naturalmente dal mare e da imponenti mura difensive. Cosicché i barbari, senza capacità militari navali, via via e sempre più massicciamente spostarono la loro attenzione verso Occidente. Inondazioni di uomini che hanno causato un'inevitabile crisi economica, ma anche rivolte interne e conseguentemente una feroce crisi militare. Ecco perché schiavi e barbari, molto meno costosi, furono assoldati nell'esercito. L'integrazione dunque non ha avuto alcun ruolo in questa fase storica. Tutto ciò si evince facilmente, secondo Perkins, considerando le caratteristiche successive al crollo dell'impero romano, tra il V e il VII secolo: una drastica flessione demografica, un aumento della povertà, l'abbandono delle città e della cultura, la scomparsa del benessere. Per mezzo di moltissimi esempi ben documentati e descritti, leggiamo anche di come sia mutato l'uso della ceramica, della scomparsa della moneta dall'uso quotidiano, della drastica diminuzione della produzione alimentare; si assiste insomma alla fine di un livello di benessere e di raffinatezza che non si sarebbe più rivisto per molti secoli dopo.

Un libro, con tutte le dovute differenze storiche, per riflettere sul nostro presente, sulla fine della nostra civiltà...

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