Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

14 dic 2014

Chiacchiere filosofiche tra Medioevo e modernità - Francesco Rizzi, Sabrina Gallinari (Saggio - 2014)

"Mi sembra inoltre superfluo ribadire che da una natura inorganica, soggetta deterministicamente a leggi fisico-chimiche, non può affatto scaturire, neanche dopo miliardi di anni, la libertà dell'uomo che è in grado di vincere queste leggi; dei gas continueranno a seguire per sempre quelle regole ferree".

La prospettiva di questo primo volume è cristiana; le soluzioni sono infatti da lì definite.
Ci troviamo di fronte a tre dialoghi tra filosofi diversi. Nel primo, a discutere sono un tomista e un cartesiano, si dibatte sull'anima degli animali; nel secondo il problema è centrato sui pericolosi spostamenti esoterici della medicina orientale nel mondo occidentale - qui un seguace di Spinoza si confronta con lo stesso tomista del dialogo precedente -; e nell'ultimo si discute sul terremoto che ha colpito l'Emilia nel 2012 in cui un voltaireiano e un leibniziano si scontrano sulla presenza del male nel mondo.

Un modo diverso per ripassare il pensiero di alcuni filosofi, anche se le conclusioni sono settariamente sbilanciate verso il pensiero tomista.

23 nov 2014

Diario di un parroco di campagna - Georges Bernanos (Romanzo - 1936)

"Certo, dovunque l'uomo è nemico di se stesso, il suo segreto e subdolo nemico. Il male sparso non importa dove quasi sicuramente germoglia. Mentre il più piccolo seme di bene ha bisogno, per non essere soffocato, di circostanze straordinarie, di una prodigiosa fortuna".

Bernanos, scrittore cattolico e tradizionalista, ci lascia un romanzo intriso di religiosità. L'io narrante, il parroco di Ambricourt, piccolo e annoiato paesino francese, attraverso le pagine di un diario, annota le sue riflessioni sulla noia, sulla chiesa, sulla religione, sulla semplicità, sulla sua malattia, su se stesso.
Il giovane curato, pieno di dubbi sulle sue capacità di uomo di chiesa, si confronta con la stantia tradizione della chiesa, con i suoi uomini di fede più attenti a comandare e a imporre le loro idee che a insegnare ad amare e a gioire. Il diario, un colloquio con Dio nelle intenzioni, descrive la quotidianità, gli incontri, i piccoli problemi (si leggono insomma continui piagnistei). Nella vita di tutti i giorni, la relazione con una nobile e ricca famiglia del paese e le continue lettere con un amico di seminario sono gli eventi che più preoccupano il giovane prete. In questo confronto con il paesino e soprattutto con una dolorosa malattia (un cancro allo stomaco) e con la povertà, il giovane prete trova la propria dimensione interiore e si perde nella solitudine, nel suo essere unico. Eppure, nella solitudine, Dio alla fine gli è accanto. Un Dio, però, che non è quello professato dalla severità degli anziani preti teologi, ma più intimo, più personale. E non è solo un caso che quando la malattia ha corrotto inesorabilmente il corpo, il giovane curato affida l'anima alle preghiere del suo amico prete spretato.
Il parroco, con la sua semplicità e le sue preoccupazioni, è il simbolo della fede autentica, capace di assorbire senza le speculazioni della ragione tutto il dolore, tutti i dubbi e le angosce con l'amore e il suo slancio sconfinato.
Nonostante la precarietà della vita, la molteplicità dei punti di vista, il bene e il male che osserva ogni giorno, colpisce ancora oggi l'ostinazione con la quale il giovane parroco professa la verità, la sua, ritenendola assoluta. È vero, qualcosa nelle sue idee è sfumato, non tutto è così netto come leggiamo invece nelle parole dei suoi interlocutori più anziani e superbi. L'analisi è senza dubbio profonda, attenta, sviluppata con uno stile arguto e accattivante nella sua semplicità. Ma è un libro lento, meditativo, lamentoso; che dire, sufficientemente noioso, che puzza un po’ di muffa.

27 ott 2014

Il funesto demiurgo - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1969)

"Per un malinteso inesplicabile l'esistenza è stata dichiarata sacra, non solo non lo è, ma anzi vale nella misura in cui ci si adopera a disfarsene. Tutt'al più è un accidente - un accidente che ognuno, piano piano, converte in fatalità. Quando si sa con che cosa si ha a che fare, c'è da arrossire per essere ad essa così attaccati, e nonostante ciò attaccati le siamo grazie a un lungo e insensibile processo che porta anche i più avveduti a prenderla sul serio".

L'idea della creazione, di questa creazione, è imbarazzante. È insostenibile che il creatore di siffatta scandalosa creatura, l'uomo, possa essere un dio buono. Per ciò il dio che ha creato l'universo non può che essere maledetto, infelice, cattivo, funesto appunto. Il bene è apatico, chiuso in se stesso, autosufficiente, e non avrebbe avuto bisogno di creare; il male, invece, è movimento, dinamismo, intraprendenza, bisognoso di crearne di nuovo, di creare l’universo e l’uomo. Da qui l'invito di Cioran a non generare più, tanto, purtroppo e inesorabilmente, qualcuno riuscirà sempre a incatenarsi alla stoltezza e il rischio (o l'augurio) dell'estinzione sarà superato.
Le riflessioni del filosofo apolide sono dedicate alla definizione del creatore. Le sue speculazioni, però, non nascono solo da ciò che si può facilmente osservare, dal male che regge il mondo, ma anche dalla sua condizione esistenziale, la condizione sua e dell'uomo. La descrizione di un uomo che è propenso al male, che non ha un posto ben definito nella sua esistenza, che sfida un creatore a sua volta indefinito, indefinibile e per nulla onnipotente. Dinanzi a questo male, a questo dolore, a questa vita assetata, la scelta della morte apparirebbe come una sorgente dissetante. Il capitolo dedicato al suicidio (a me pare quello dei tentativi dello stesso Cioran) è il più notturno, il più profondo, forse il più vivo, il più gnostico, il più metafisico, il più orientale. L’elogio della morte, dunque, come soluzione e liberazione che fa da contraltare al disastro della generazione, della nascita, della vita.
Quasi feurbachianamente, Cioran, studiando il male del mondo e accusando Dio (il Dio onnipotente dei monoteismi, sinonimo di intolleranza, tanto da essere nel suo nome l'artefice di feroci religioni che non lasciano spazio al nuovo) analizza se stesso e l'uomo. Dalla teologia all’antropologia dunque.

Un libro che pone domande che dovrebbero lasciarci svegli la notte, un libro che mira al nirvana, all'assenza di ogni cosa, dove l'uomo è silenzio e nulla. Un libro sulla nostra condizione anche, sulle nostre paure di conoscere e capire quanto insignificanti siamo; per aprire gli occhi, restare svegli, e poi ritornare a chiuderli e lasciarci dominare dagli eventi e dalla storia.
Un libro feroce, funesto, per spiriti attenti e duri; bellissimo.

1 ott 2014

Viaggio in Sicilia - Johann Wolfgang von Goethe (Diario - 1816)

"L'Italia, senza la Sicilia, non lascia alcuna immagine nell'anima: qui è la chiave di tutto. Del clima non si dirà mai bene abbastanza; ora è tempo di acquazzoni, che però non sono mai insistenti; quest'oggi tuona e lampeggia, e il verde si fa sempre più acceso. Il lino in parte mostra i suoi noduli, in parte fiorisce di già. Negli avvallamenti sembra di vedere delle pozze d'acqua, tanto bello è il verde-azzurro del lino sul fondo".

Tratto dal "Viaggio in Italia", scritto quasi trent'anni dopo il tour del poeta tedesco, il capitolo dedicato alla Sicilia è semplicemente appassionato. Queste pagine descrivono un viaggio desiderato, anelato per lungo tempo, e hanno gli occhi della meraviglia. La Sicilia, l'isola preda di conquiste e traboccante di bellezza, è ammirata con la stessa ingordigia di un bambino che scarta il suo regalo.
Affascinato dalla storia che trasuda su ogni pietra della Sicilia, affascinato anche dalla natura selvaggia di questa terra al centro del mondo, Goethe ne rimane incantato. I commenti sono entusiasti, le definizioni sono esaltate, eppure non mancano le descrizioni scientifiche, geologiche in particolare, della natura che incontra. Spicca allora il Goethe geologo, naturalista, fisico; il poeta che quasi prova a rendere e a fissare la bellezza delle meraviglie che osserva in modo oggettivo.
Goethe visita l'isola dai primi di aprile del 1787 alla metà di maggio dello stesso anno, i mesi più belli, quando la primavera esplode con i suoi colori e l'estate con i suoi tormenti non si è ancora scatenata. I monumenti sono incastonati nei paesaggi naturali e Goethe, rapito in estasi, ne assapora le voluttà.
Palermo e le sue feste; Bagheria e la sua sconcertante villa dei mostri; Monreale; Alcamo; Segesta e il suo magnifico tempio; Girgenti e la sua valle; Catania e il suo vulcano; Messina e le sue rovine dopo il terremoto, descrivono una terra e una visione dal carattere sentimentale; un libro felice.

26 set 2014

Giulio Cesare - William Shakespeare (Teatro - 1599)

"Preferireste che Cesare fosse vivo, per morire voi tutti quanti schiavi, o che Cesare fosse morto, per vivere voi tutti quanti liberi? Poiché Cesare mi amava, io piango per lui; poiché gli arrise la fortuna, io ne gioisco; poiché era valoroso, io lo onoro; ma poiché era ambizioso, io l'ho ucciso".

Tragedia storico - politica, questo gioiello shakespeariano rievoca lo scontro tra due schieramenti politici, repubblicano e monarchico, incarnati il primo da Cassio e Bruto e il secondo da Cesare. La politica dunque al centro di tutto. Ma che cos'è la politica - ecco la geniale intuizione di Shakespeare - se non una recita? Se non persuasione? Se non retorica?
La storia ha inizio con la celebrazione del trionfo di Cesare per la vittoria ottenuta a Munda; una vittoria che ne esalta le ambizioni e le presunzioni. Cassio e Bruto, amici dell’uomo e insieme di Roma, si contrappongono a Cesare sentendosi del tutto simili a lui, forse pure superiori, e, invidiosi, non si capacitano del perché il loro amico tirannico è osannato dal popolo. Decidono, nonostante i tormenti dell'animo, di ucciderlo nelle idi di marzo. E in una continua ricerca del consenso (è una tragedia politica come si scriveva prima) i due assassini, partigiani della libertà, affrontano le loro contraddizioni pur di vedere Roma scevra da ogni despota. Eppure giungerà anche per loro la vendetta della storia; e finiranno uccisi.

Bruto e Cassio sono i personaggi più presenti e vivi nella tragedia e, nonostante la sconfitta finale contro Ottaviano e Marc'Antonio, sono sempre rispettati come uomini d'onore. Cesare, invece, è solo un'ombra sullo sfondo, anche se è il protagonista delle loro speculazioni, e appare umano, debole seppur ambizioso, quanto meno non superiore agli altri. 

12 set 2014

Venere in pelliccia - Leopold von Sacher-Masoch (Romanzo - 1878)

"Così era il mondo degli antichi, in cui piacere e crudeltà, libertà e schiavitù andavano a braccetto; coloro che vogliono vivere come dei dell'Olimpo devono avere schiavi da gettare nei loro vivai e gladiatori da far lottare durante i loro sontuosi banchetti, e non turbarsi se poi uno schizzo di sangue li colpisce".

Il capolavoro di Masoch è un libro che disorienta. È un compendio dell'amore, di quello sottomesso però, quello dove la donna è spietata, despota, dominatrice, e l'uomo, invece, lo schiavo, la vittima. Sarà per l’atrocità del racconto, sarà per l’eleganza dello stile, il romanzo è una sintesi equilibrata dei contrasti, delle contraddizioni dell’amore e, anche, delle incoerenze della storia della cultura. L'io narrante - dietro cui si cela lo stesso autore - si confronta (e subisce) con il pensiero disarmante e feroce di una donna bellissima, una Venere appunto, che si scalda con una suadente pelliccia. Ma in tale atroce sottomissione si può leggere, paradossalmente, il racconto di un amore libero, senza freni, pagano, antico, anticristiano. È l'amore che vive solo di felicità, di passione, che non è, invece, abitudine, scelta ripetuta. La Venere, tra la pioggia e i raggi di luna filtrati nei boschi, avvolta da un mantello onirico, appare senza virtù, senza alcuna pietà. L'amore così intenso e i suoi derivati, quali i dolori e i tormenti, diventano estremi. E se all'inizio l'assoggettamento è solo psicologico, il gioco crudele di Wanda (la Venere in pelliccia) si spingerà oltre, fino ai lidi ultimi del dolore fisico inferto con la frusta. La vittima, Severin, più è maltrattata, più si innamora, tanto da firmare dei contratti in cui si dichiara schiavo, pronto, addirittura, al suicidio.
L’uomo è in balìa incondizionata della donna, la sofferenza del protagonista è assoluta, pur tuttavia sentita come necessaria. Eppure è soprattutto la gelosia a distruggere Severin, più delle frustate. Wanda, infatti, colpita dalla bellezza di un giovane greco, costringe il suo schiavo, d’amore e nei fatti, allo spasimo della gelosia. Fino a quando la tiranna Wanda non abbandonerà a se stesso il fragile Severin.

Un libro ricco di cultura, finemente eclettico, quasi un'opera teatrale per via dei continui dialoghi, in questa edizione arricchita con un interessante quanto acuto scritto di Gilles Deleuze.

6 set 2014

Ausmerzen - Marco Paolini (Saggio - 2012)

"Con la chimica e la genetica potremo certamente fare molto nel futuro prossimo per la salute degli individui, ma non per quella della società. Bisogna investire nell'educazione. Non è un vaccino, l'educazione. È come una profilassi contro certe infezioni coraggiose".

Racconto storico non molto conosciuto, Paolini ci descrive la storia di uno sterminio di massa in età nazista, quello di trecento mila persone di quelle che furono definite "vite indegne di essere vissute" (sottotitolo anche del libro). Lo scopo dell'Aktion T4, il nome del programma, era l'eliminazione fisica delle persone, adulti e bambini, affette da malattie genetiche e comportamentali, i più deboli insomma, soprattutto per un risparmio di natura economica.
Il libro, corredato di documenti preziosi, è scritto con il ritmo di un romanzo, il racconto è appassionato, carico di sdegno e di vergogna. È un testo feroce; è il racconto di come un'idea aberrante si sia tramutata in azione, sia diventata artefice di pratiche agghiaccianti.

Un libro per educare, un libro sulla tolleranza, un libro sull'essere uomini.

31 ago 2014

La giara - Luigi Pirandello (Racconti - 1928)

"Temi che Dio, perché io bestemmio, come dici tu, ti mandi un fulmine? C'è il parafulmine, sciocca. Vedi dond'è nato il vostro Dio? Da codesta paura. Ma sul serio potete credere, pretendere che un'idea o un sentimento nati in questo niente pieno di paura che si chiama uomo debba essere il Dio, debba essere quello che ha formato l'Universo infinito?"

Protagoniste assolute di queste quindici novelle sono le situazioni paradossali, le fissazioni maniacali dei personaggi, le strepitose soluzioni umoristiche. Leggiamo, tra gli altri, di un uomo incastrato dentro una giara che deve riparare; di un altro che, risposatosi, scopre che la prima moglie, sorella dell'altra, non è morta; di un anziano catturato per i suoi soldi, ma al quale i rapitori si affezionano; delle minacce di un anziano che cerca di sistemare la giovane moglie con un altro giovane; di un giovane che si sposa per tenere lontano il pericolo di prendere moglie; di un onorevole che prima di morire immagina il suo pomposo funerale, ma che puntualmente non si verificherà perché saranno scambiati i feretri; di un vedovo e una vedova che si sposano, ma non sanno se seppellirsi con i primi sposi.
Resiste ancora il Verga della "roba", tema onnipresente, di certo però condito sapientemente dall'arguzia dell'umorismo tipicamente pirandelliano. Umorismo generato da situazioni stravaganti per cui non possiamo non aspettarci che finali paradossali. I personaggi di questa raccolta sono quasi tutti testardi, ostinati, incuranti delle ragioni altrui, spesso sofisti, quasi sempre egoisti. È per questo essere egocentrici, fissati su posizioni che non lasciano spazio al relativo, che i vari personaggi non riescono a trovare un'identità sicura, assoluta. La loro ricerca di un'identità definibile rimane inesaudibile; essere se stessi equivale a essere doppi, tripli, indefiniti appunto.
Da notare anche quanto la dimensione del palcoscenico sia ben evidente. Quasi tutte le storie hanno un loro pubblico, il privato, infatti, è alla mercé dei compaesani, tutti sanno tutto e l’apparenza che deve restare sempre convenzionale è smentita dalle vicissitudini interiori e formali che la vita ci impone.
È un’analisi del relativismo che Pirandello svolge, amara però. I molteplici punti di vista si fissano, non si ammorbidiscono con le posizioni degli altri e non lasciano spazio alla tolleranza e all’accettazione della verità… 

Su tutti: la giara, la cattura, la morta e la viva, pallottoline!.

30 ago 2014

Il vicolo blu - Giuseppe Bonaviri - (Romanzo - 2003)

"Così noi maschi, ci mettemmo sotto il ballatoio di donna Letterina e cercammo di individuare, di là dai cespi di rose borraccine, le gambe e le anche, e là là là là in alto, le mutandine color zafferano di Dardania. Turi Simili toccandoci ci disse - Vedete? Vedete le gambe di Dardania? Sono fiori di mandorlo".

È l'aurora; i colori, i profumi della primavera, il viaggio su un carro trainato da un asino accompagnano la famiglia Bonaviri verso il loro paese, Mineo. Inizia così questa storia della memoria. Il piccolo paese siciliano, le sue campagne, i suoi cieli, le sue vie, agli occhi del protagonista sono incantati. La natura è magica; ombre, spiriti, anime antiche, forze divine e santi partecipano alla nascita di quelle tinte, di quelle fragranze. Sembra di leggere di antiche leggende mitologiche greche, dove la poesia delle parole e delle immagini ci scagliano in un mondo di favole mediterranee. Gli occhi sono quelli di un bambino incantato dalla bellezza dei colori, dalle semioscurità, dagli aromi di una terra unica al mondo. E la sua vita è magica, di dormiveglia; fatta di piccole cose, di giochi di immaginazione. Sono i suoi sogni e i suoi ricordi da bambino che Bonaviri rievoca.
È un libro di malinconie, di forte realismo ma allo stesso tempo magico, dove i ricordi, le figure dei fratelli e degli amici ormai defunti ritornano a vivere, a curiosare, a rendergli omaggio. Sono le voci lontane di una terra che nel suo DNA possiede l'amaro confronto con la morte, con il suo sentimento.
Si può definire come il racconto di un viaggio a Mineo, nelle case e nelle abitudini di una via, di un vicolo, dove ogni cosa si veste di poesia e magia, e tutto si colora di blu, il colore dei primi accenni di chiarore del giorno.
Insomma, un graditissimo regalo. Grazie!

19 ago 2014

Uno, nessuno e centomila - Luigi Pirandello (Romanzo - 1926)

"Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva. Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire. Lei sta tanto a mirarsi in codesto specchio, in tutti gli specchi, perché non vive; non sa, non può o non vuol vivere. Vuole troppo conoscersi, e non vive".

Di certe opere si sa tutto, si legge di tutto e si potrebbe anche non aggiungere altro; sono immortali. L'ultimo romanzo di Pirandello, questo gigante del Novecento, è una di queste, assoluta, immortale appunto.
Della trama sono a conoscenza tutti. Vitangelo Moscarda, una mattina, sente dalla moglie che il suo naso pende verso destra. Da questa scoperta, all'apparenza innocua, si scatenano valanghe di riflessioni sulla condizione dell'esistenza. Inizia a scavare dentro di sé, a cercare negli altri gli innumerevoli altri sé, ad annientarli, ad autoannientarsi. Fino a quando, dopo i tormenti con la moglie e i colleghi e un tentativo di omicidio da parte di Anna Rosa, Moscarda diventa ogni cosa, diventa l’universo, si fonda in un tutt'uno con la natura.
Vitangelo è un naufrago in balìa delle onde marine che lo inghiottono tra centomila scoperte e nessuna certezza, nella follia come spiaggia su cui approdare per avere un attimo di consolazione e per avere coscienza di quanto possiede l'universo, il tutto e il nulla. Capisce che l'io esteriore con addosso una maschera, nasconde il vero volto, segreto, in continuo fluire; passa dal corpo allo spirito, dalla scoperta del relativo alla ricerca di un'introvabile identità certa, assoluta, ferma; vive nell'umorismo con i suoi contrari tragicomici (e quante risate). La storia del protagonista è il racconto della transizione dalla malattia, dalle false certezze, al distacco totale, all'immersione nel flusso della vita. È il racconto di una liberazione, di una vittoria dunque, ma dal sapore aspro, anzi amarissimo. All'apparenza può apparire un trionfo, l'essere riuscito a vincere contro le maschere, contro i centomila Moscarda, ma è di una sconfitta che leggiamo.

Capolavoro indiscusso - con i continui dialoghi con il lettore (questa complicità ricercata, quasi che il lettore sapesse già l'esito delle speculazioni del protagonista) -, a tratti esilarante sebbene dal retrogusto acre, in ogni pagina, in ogni frase risiede la carica di un senso fuori dal comune, universale, straordinaria. 
E letta l'ultima pagina non si può che fare un lungo sospiro e dire a fior di labbra "sublime".

19 lug 2014

Nietzsche e la costruzione del superuomo - Michel Onfray (Saggio - 2011)

"Da Platone a Schopenhauer, è tutta la tradizione filosofica che il pensatore fustiga e scredita. Ironicamente, si augura che questi prestigiatori si levino di torno, facciano seguire alle parole i fatti, e dicano addio al proprio corpo diventando muti. Che il dispregiatore del corpo cominci dunque col denigrare il proprio, tacendo e smettendo in questo modo di insegnare le proprie nefaste sciocchezze".

Il protagonista del VII volume della "Controstoria" è, evidentemente, Friedrich Nietzsche, un maestro, un gigante, un rivoluzionario del pensiero da cui partire. Ma non è il solo. Un capitolo importante, infatti, è dedicato al filosofo francese Jean-Marie Guyau. Questo giovane tubercoloso, che sa che dovrà morire presto (ci lascerà a soli trentatré anni), dedica la sua giovinezza allo studio, si misura con la malattia, con la morte, e si fa genio precoce. Filosofo del vitalismo - che Onfray non contrappone al materialismo, anzi fonde i due movimenti nel 'materialismo vitalista’ -, Guyau individua in tutta la natura uno sforzo vitale che, appunto, genera vita. Anticipatore di Bergson, il francese non pensa, però, che tale sforzo sia di natura metafisica, bensì ontologica. È insomma uno di quei filosofi sconfitti che la storiografia accademica cerca di dimenticare. Un epicureista a modo suo, un utilitarista a modo suo, che nella malattia cerca la potenza, avverte la forza della vita. Tuttavia è un filosofo che oscilla tra edonismo e bigottismo, tra natura e costrizione, tra amore universale e teorie razziste; Guyau è un pensatore, tutto sommato, un po' sporco di acqua santa.
Pensatore e uomo che, invece, non puzza di incenso, semmai di zolfo, è Nietzsche. Sappiamo del tedesco, del suo pensiero, del suo essere immenso, del suo essere oltre. Onfray ci mostra come i concetti chiave di Volontà di potenza, morte di Dio, Superuomo, Amor fati, Eterno Ritorno dell'uguale, siano strettamente inscindibili con la sua vita, con i suoi fatti biografici. Nietzsche e la sua opera in relazione agli eventi biografici capitali, dunque. Perché è dal corpo, anche dalla sua malattia, che si produce il pensiero; in fin dei conti è il racconto dell’esperienza che si fa filosofia. Aneddoti succulenti e polposi sono riportati, con lo stile prezioso cui Onfray ci ha abituato, al solo scopo di confermarci i dettami nietzschiani: ama il tuo destino, diventa ciò che sei, fai della tua vita un'opera d'arte. In questa chiave di lettura romantico-esistenziale, Onfray instrada il pensatore tedesco sul sentiero dell'epicureismo. La prospettiva, come sappiamo, è edonista; la ricerca della felicità attraverso il piacere. E sotto questa luce, l’insegnamento epicureo si concretizza nella figura del superuomo…

In questo VII volume, Onfray cerca di andare oltre i testi pubblicati dei filosofi, cerca di vivisezionare le loro biografie, le loro abitudini, le loro malattie, le loro sofferenze, perché è da lì, dalla loro esperienza, dal loro corpo che nasce il loro pensiero. Guyau e Nietzsche sono figli di Epicuro e Spinoza, sono pensatori epicurei, tanto da seguire gli insegnamenti del filosofo greco per poi partire verso un viaggio ancora inattuale. Qui, però, si tratta di come sia possibile, anche se le difficoltà non mancano, essere felici, creare felicità, essere degli oltreuomini.

18 lug 2014

La voglia di colore parla per me - Pierpaolo Perotti (Poesia - 2014)

"Navigatore  aperto nella barca a vela, / uomo srotolato  gestore di relazioni  di fiducia, / piccolo volto, / nome  importante di aiuto perpetuo al prossimo".

La considerevole produzione poetica di Pierpaolo (che si arricchisce recentemente anche di quella narrativa) ha una tensione filosofica oltre che poetica e, aggiungerei, ha un che di didascalico. Sembra quasi che Pierpaolo desideri insegnare qualcosa, che voglia dire qualcosa che possiede fin dentro l’animo e sente la necessità di condividerlo con gli altri. Come se avesse nella sua esperienza, nella sua diversità di individuo già adulto, il desiderio incombente di dichiarare il suo pensiero. Sembra che Pierpaolo abbia colto quanto il disordine sia disturbante, quanto possa arrecare turbamento e infelicità. Ecco dunque che emerge il pensiero di un ragazzo che sogna di mettere ordine in un mondo caotico, di dare un senso. Trova gli strumenti dentro di sé, ma anche nelle persone che gli stanno accanto, che lo accompagnano in quel difficilissimo sentiero che è la vita. Spicca in questi scritti una profonda capacità di osservazione, del mondo e degli altri, fuori dal comune. E grazie a questo spirito osservativo, lentamente e dolcemente, afferra le essenze delle cose e dei suoi compagni di vita. 
Lo stile è sempre ricercato, mai banale; l’ermetismo può apparire ostico a una lettura superficiale, ma alla fine, come in un gioco di specchi, traspare un pensiero sempre raffinato. Solo il tempo, la costanza e la dedizione con cui Pierpaolo si applica (sue peculiarità) di certo lo aiuteranno a perseguire una strada che nelle parole nasconde l’ambizione di vincere il tumulto dell’esistenza.
Questi scritti sono un omaggio alla sensibilità, alla profondità di un ragazzo non ancora ventenne, ma già pieno di quelle idee di solidarietà, di spirito d’osservazione e di lettura d’animo umano già distintamente profondissimi.

8 lug 2014

Dio non è grande - Christopher Hitchens (Saggio - 2007)

"Violente, irrazionali, intolleranti, alleate al razzismo e al tribalismo e alla bigotteria, gravide di ignoranza e ostili alla libera ricerca, spregiatrici delle donne e coercitive con i bambini: le religioni organizzate dovrebbero avere molto sulla coscienza".

L'uomo, ormai è risaputo, ha bisogno di credere, di avere delle certezze; non riesce a farne a meno. È troppo insicuro, troppo svogliato, ha troppa paura dell'ignoto, della morte soprattutto, e quindi ha bisogno di rifugiarsi sotto le ali della credenza, in qualcosa che, appunto, lo rassicuri. E dal nulla, da questo sentimento di vuoto, quindi, l'uomo di fede si abbandona all'oscurantismo, alla superstizione, ai laceranti sensi di colpa, alla frenesia dell'intolleranza, al terrore verso il piacere e in particolare verso il godimento sessuale. Hitchens, giornalista inglese famoso in tutto il mondo, contro questi assurdi valori propone un ritorno alle idee illuministiche, alla ragione quale guida per far fronte alle nostre paure. 
Secondo l’autore, la religione è come un veleno in circolo, diffuso in ogni organo della società, manifesta persino nella nostra vita quotidiana. E, avvelenati, lasciamo che la ragione agonizzi. Nel saggio, l'analisi su "come la religione avvelena ogni cosa" (il sottotitolo) è ricca di esempi di evidente intolleranza, di inconcepibile irrazionalità. Ne scaturisce, con un tono fortemente polemico, un’idea di religione criminale.
Nel mostrare le incoerenze e le contraddizioni di quelli che dovrebbero essere testi sacri ispirati da Dio, e quindi per definizione infallibili, Hitchens si avvale in continuazione del celebre rasoio di Occam. E le conclusioni sono ovvie: racconti fantastici, presunti miracoli spiegabili senza sforzo; insomma un colabrodo di illogicità che costella tutti i testi religiosi. Testi scritti da uomini incolti, e intimoriti, bisognosi come si diceva di certezze, costruttori di menzogne che agli occhi di oggi possono essere facilmente smascherati. Eppure il veleno resiste, ammala, uccide. Non è un caso che l'interesse delle religioni sui bambini si fa ossessivo. L'indottrinamento dei bambini, il loro lavaggio del cervello con quelle storie assurde quanto ridicole, l’imposizione forzata e meschina della fede hanno un solo fine: educare legioni di menti pigre e genuflesse.
Ci vuole un contravveleno. L'antidoto è la ragione; l'augurio dell’avvento di un nuovo illuminismo deve continuare a debellare questa cancrena che danneggia sin dalla fanciullezza gli uomini e la società.

26 giu 2014

I carnets di traduzione poetiche - a cura di Cettina Rizzo (Saggio - 2010)

"Molteplici sono le ragioni dello scrivere e, se possibile, ve n'è una di più allorché si pensa alla traduzione. La traduzione, e soprattutto quella poetica, è un incontro magico tra universi diversi, un combattimento ad armi pari perché mai uno dovrà prevalere sull'altro".

I diversi interventi pubblicati in questa raccolta di saggi si propongono di analizzare un quaderno manoscritto che il giovane Bufalino, dal 1935 al 1945, appuntava con note critiche, riflessioni e soprattutto tentativi di traduzione. Traspare, ma non ci meravigliamo, un giovane fortemente appassionato di letteratura, specialmente francese, che nella traduzione cercava di cogliere l'essenza e i turbamenti dei suoi amati autori. Un quaderno di passioni dunque, di fatiche, dove strati multiformi si sovrappongono tra le universalistiche conoscenze letterarie dell'immenso scrittore siciliano. Basti pensare che le traduzioni non solo sono dal francese, ma anche dal greco, dal latino e dall’inglese.

Sono saggi accademici e, per chi non conosce il francese, al di là dei termini specialistici, la lettura può essere difficoltosa. Le citazioni e le note, infatti, sono in lingua originale e non c'è traccia di traduzione.

18 giu 2014

Lisistrata - Aristofane (Teatro - 411 a. C.)

"Cleonice: Ma qual è la ragione per cui ci hai convocate qui, cara Lisistrata? Che affare è?
Lisistrata: Grande.
Cleonice: E anche grosso?
Lisistrata: Grosso, sì.
Cleonice: E allora com'è che non ci siamo?
Lisistrata: Ma non quello che dici tu! Allora sì che ci saremmo da un pezzo! È una cosa che ho pensato e dibattuto in tante notti insonni".

Altro capolavoro di Aristofane, Lisistrata è il racconto, amaro sebbene cosparso di sfrontata ironia, di un tentativo di emancipazione femminile, il quale, attraverso il sesso e la ragione, riesce a trovare un ordine naturale e a ottenere la pace.
Siamo negli anni della guerra del Peloponneso, e la guerra, si sa, non è una bella cosa. Soprattutto se è motivo di trascuratezza verso le mogli e le amanti che stanno in casa a pensare ai loro mariti. Così le donne della Grecia si alleano contro i mariti lontani per riportarli nei loro letti e portare finalmente la concordia in casa e nelle polis. Lisistrata e le altre sue compagne sanno quanto dirompente sia la loro forza quando decidono di usare il proprio corpo come strumento estorsivo. Quindi occupano l'acropoli di Atene e decidono di astenersi dalle pratiche sessuali fino a quando gli uomini, allo stremo dei loro appetiti sessuali, non decideranno di concludere la guerra. Uno sciopero del sesso che vedrà momenti di cedimenti e ripensamenti, ma che alla fine otterrà la vittoria tanto agognata e tutti potranno essere soddisfatti e felici.

Commedia a favore della pace, contro le prepotenze politiche, contro la guerra, per l'emancipazione delle donne, sulla corruzione, è anche una riflessione sulla debolezza umana (degli uomini e delle donne).
Doppi sensi a gogò, alcuni gustosissimi sino al limite della decenza, è un'opera veloce seppur riflessiva; per farla breve, spassosissima.

3 giu 2014

Liberazione animale - Peter Singer (Saggio - 1975)

"Per la maggior parte degli esseri umani, specie quelli che vivono nelle moderne comunità urbane e suburbane, la più diretta forma di contatto con gli animali non umani si verifica all'ora dei pasti: noi li mangiamo. Questo semplice fatto costituisce la chiave del nostro atteggiamento verso gli altri animali, ed anche la chiave di ciò che ciascuno di noi può fare per cambiare tale atteggiamento".

Secondo il filosofo australiano, così come non esiste alcun fondamento etico che differenzia gli uomini in razze e sesso, non esiste neanche tra gli animali umani e i non umani, allargando così il concetto di uguaglianza tra noi e gli animali senzienti. Ciò non vuol dire che gli animali debbano avere i nostri stessi diritti, è ovvio, ma che sia loro concessa la nostra stessa considerazione. La differenza di specie, le tendenze naturali, le differenze cognitive non sono buone ragioni per ignorare gli interessi degli animali. Singer, quindi, ragiona in favore dei diritti animali sulla base dell'utilitarismo e dell'antispecismo, sostenendo che anche gli animali soffrono e, come noi umani, preferiscono non soffrire. Ed è il dolore, e la tendenza ad allontanarci da esso, l'elemento che ci accomuna.
Abbiamo degli obblighi morali verso gli animali, e il filosofo si scaglia sostanzialmente contro due pratiche immorali: la sperimentazione sugli animali e l'allevamento a scopo alimentare, frutto di atteggiamenti specisti. Per giustificare le sue tesi (e per suggerirci qualche senso di colpa), Singer racconta con dovizia di particolari le torture che gli animali, strumenti di ricerca, subiscono in laboratorio. Dimostrando come questi esperimenti spesso non portano ad alcun risultato! Però i laboratori restano chiusi al pubblico. Il contatto più comune con gli animali non umani, invece, anche se non ci pensiamo spesso, si consuma a tavola, quando li mangiamo. E come arrivano a noi? A fettine, puliti, senza sangue che imbratta le confezioni e non ci passa per la mente che poco prima erano esseri viventi, che hanno sofferto all'interno di gabbie e fattorie-lager al fine di essere scannati per noi.
Naturalmente, l'ovvia conseguenza per far fronte a tale disumanità, sarebbe quella di diventare vegetariani (meglio ancora vegani), boicottando la carne, informarsi e dare il buon esempio…
Il libro, infine, si chiude con un curioso capitolo dedicato alla storia del pensiero che sta dietro all'atteggiamento specista dell'uomo e con un altro capitolo, di confutazione alle obiezioni, che si occupa di quanto forte sia la resistenza all'antispecismo oggi e di quanti preconcetti ci siano da sfatare. 

I resoconti dettagliatissimi di torture, ma anche degli sprechi di natura economica che si compiono per sfamarci, rendono questo libro prezioso, di sensibilizzazione, oltre che espressione di un notevole esercizio logico ed etico.

27 apr 2014

Luoghi del pensiero - Franco Toscani (Saggio - 2011)

"Modesto, semplice, una cosa da poco è il sentiero di campagna, ma è una semplicità che vale oro, è una grande ricchezza, perché il suo ascolto e il suo ambito aprono la possibilità di una vita umana più degna e autentica".

Il prof. re Toscani racconta e analizza con un certo spessore e acume le esperienze di vita contemplativa che Heidegger ha provato a Todtnauberg, in una tranquillissima baita nel cuore dell'ombrosa e riflessiva Foresta Nera. Il saggio è anche motivo di riflessione sulle reciproche antipatie e incomprensioni tra il filosofo tedesco e il filosofo francofortese Adorno.
Luogo di quiete e di silenzio, Todtnauberg è stata fonte di ispirazione filosofica e poetica per il filosofo tedesco. È il suo luogo del pensiero, appunto. E qui, nella sua dimessa baita senza energia elettrica né bagno, Heidegger ha cercato di cogliere il senso della 'vita autentica'. Uno stile di vita, questo, che lo mette in relazione alla filosofia zen e, di certo, lo pone lontano dalle frenesie e dai rumori della nostra vita quotidiana, direi inautentica.

26 apr 2014

La Divina Commedia di Dante Alighieri - Louis Gustave Paul Doré (Illustrazioni - 1868)

"Nessun artista avrebbe potuto illustrare Dante meglio di Gustave Doré. Oltre al talento compositivo e grafico, egli possiede quell'occhio visionario di cui parla il poeta, capace di svelare l'aspetto segreto e singolare della natura. Riconosce nelle cose il loro lato bizzarro, fantastico e misterioso".

Introdotte da uno scritto di Théophile Gautier, il quale rileva la profonda capacità critica dell'illustratore francese, in grado di cogliere l'essenza del capolavoro dantesco, le 136 illustrazioni lasciano senza fiato, da ammirare e rimirare in estasi.
Con uno spirito romantico, Doré possiede lo spessore del sognatore che bene si accorda alle visioni dantesche. E ci troviamo dinanzi a spettacolari immagini oniriche, in una sintesi del viaggio di Dante dal forte impatto emozionale.

21 apr 2014

Il problema Spinoza - Irvin David Yalom (Romanzo - 2012)

"Ditemi tutti e due: la stagione dei miracoli è dunque finita? Il possente Dio onnipotente è andato a dormire? Dov'era quel Dio quando mio padre è stato bruciato sul rogo? E per quale ragione, per proteggere il libro sacro di quel Dio? Dio non era abbastanza potente per salvare mio padre, che lo venerava a tal punto? Se è così, chi ha bisogno di un Dio così debole? O forse Dio non sapeva che mio padre lo venerava? Se è così, chi ha bisogno di un Dio che conosce così poco? Oppure Dio era abbastanza potente per salvarlo, ma ha scelto di non farlo? Se è così, chi ha bisogno di un Dio così poco amorevole?".

In questo doppio romanzo i capitoli si alternano tra la storia di Bento Spinoza, il grandissimo filosofo olandese del XVII secolo, e Alfred Rosenberg, uno dei fondatori del partito nazista. Sembrano, apparentemente, due figure lontanissime tra loro, inavvicinabili. Eppure esiste un nesso che li lega. Risiede nel fatto che il tedesco saccheggiò la biblioteca del filosofo durante la seconda guerra mondiale e nel fatto che da giovane, per punirlo a seguito di un suo manifesto e violento antisemitismo, fu costretto a studiare a memoria passi dall’autobiografia di Goethe in cui si esalta la figura del filosofo ebreo. Da qui il problema per Rosenberg: come è stato possibile che un ebreo, figlio di una razza esecrabile, sia stato amato da uno dei padri spirituali della Germania? Ecco, quindi, il resoconto della crescita perversa del nazista, delle sue difficoltà a relazionarsi, della sua caparbietà nel sostenere, velleitariamente, la sua congenita superiorità.
Di Spinoza, invece, si racconta di come studiasse di nascosto Aristotele, Epicuro, di come si innamorasse della figlia del suo insegnante, di come sia stato scomunicato, di come si sia isolato e abbia scritto i suoi capolavori, di come abbia cercato una soluzione alla schiavitù delle passioni coltivando l’idea di rendere la ragione una passione talmente grande da annegare le altre. Ne emerge uno Spinoza coerente, ostinato, ma allo stesso tempo sereno e spavaldo; del resto aveva la ragione dalla sua parte. Un lavoro, quello dello psichiatra statunitense, che sottolinea bene la coerenza e la profondità morale del filosofo olandese.
Nonostante il numero di pagine, con uno stile asciutto, lineare, saturo di misurati e teatrali dialoghi, il romanzo scorre e si legge con facilità.

Un bel regalo, un pensiero molto gradito...

15 feb 2014

Metafisica in osteria - Buonocore R., Miserocchi M., Sangalli A. (Romanzo - 2014)

"Il cosmo stesso non esiste, non esiste l'ordine, non esiste il caos: sono tutte storielle che ci narriamo per essere più tranquilli. Menzogne rilassanti forse, ma pur sempre verità inventate, parole perse a comporre un ordine che non c'è da un disordine che non c'è mai stato".

Intorno a un tavolo d'osteria, tra una portata e un'altra, e l'immancabile bottiglia di vino, un teologo, un filosofo e un appassionato di fisica riflettono sull'universo e, inevitabilmente, sul senso della vita. Un Simposio moderno che non risolve nessuno dei problemi affrontati, ma che alla fine spinge i tre amici a perdersi nella notte di un cielo estivo senza luna, e, quasi pascalianamente, a sentirsi infinitamente piccoli.
La cornice, i toni, i personaggi di contorno, la finta inimicizia dei tre ne fanno un romanzo dalle battute spassose, sebbene i temi affrontati siano serissimi; come da sottotitolo, un "dialogo semiserio intorno all'universo". Interessanti, e forse alla fine vincenti, le riflessioni di Diogene, un vecchio ubriacone che orecchia la diatriba e ne commenta sottovoce i dialoghi, mentre sorseggia avidamente del vino rosso.

9 feb 2014

ITIS Galileo - Marco Paolini (Biografia - 2013)

"Quand'ero bambino io, nei libri della scuola dell'obbligo c'era la figura di Galileo che tirava due sassi dalla Torre di Pisa, quello grosso e quello piccolo: quale dei due cade prima? Lui non lo ha mai saputo, perché doveva scappare prima che arrivassero i vigili..."

Marco Paolini, insieme a Francesco Niccolini, Stefano Gattei e Michela Signori, schizza un ritratto di Galilei, il grandissimo e rivoluzionario scienziato e filosofo italiano, in modo originale, avvincente, intelligente e comico. Un monologo, la trascrizione dello spettacolo teatrale preparato da Paolini, che abbraccia sommariamente la vita di Galileo, a cui si aggiungono riflessioni e commenti degli autori sulla figura dello scienziato e sulla libertà metodologica della scienza.
Il libro è impreziosito da un DVD allegato con lo spettacolo tenuto da Paolini nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Insomma, un bel regalo!

28 gen 2014

Dalla Val Trebbia a Krasnojarsk - Pier Luigi Carini (Saggio - 2013)

"Visto che il tempo non mancava Giovanni Tagliaferri ed i suoi compagni d'armi visitarono poi, a più riprese, la parte cinese della città. Qui le vie erano strette ed affollatissime, ricche di negozi stracolmi di merci e oggetti, spesso strani e mai visti prima".

Carini, uno storico piacentino, trascrive, ordina, commenta e contestualizza "l'odissea dimenticata di un artigliere alpino", Giovanni Tagliaferri, che ha lasciato le annotazioni della sua avventura in Estremo Oriente su un diario alla fine della Grande Guerra.
Il volume è arricchito da foto e cartoline che il soldato ha raccolto durante il suo viaggio, impreziosendo un resoconto che non dimentica una significativa microstoria ai più sconosciuta.

20 gen 2014

Sicilia dimenticata - Diego Barucco (Saggi - 2013)

"Così come altri luoghi quelle meravigliose pietre rimangono ancora lì in silenzio, in attesa che qualcuno le svegli dal lungo sonno secolare, mentre noi semplici curiosi non possiamo far altro che mostrarle e dare maggiore consapevolezza della loro esistenza prima che il tempo inesorabile le faccia sparire, cancellandole anche dalla nostra memoria".

Diego, amico fraterno con cui ho condiviso escursioni, confronti, tramonti, notti stellate, viaggi, ha messo su carta i resoconti dei suoi viaggi in una terra bellissima e disgraziata allo stesso tempo. E c'è tutto se stesso, il suo amore per questa isola che rischia il collasso della microstoria, la sua passione per la ricerca e la scoperta, il suo interesse per la storia, per la fotografia, per la musica che solo certi cieli e certi luoghi riescono a intonare. In questo "Diario di viaggio”, come da sottotitolo, leggiamo di luoghi toccanti per bellezza, fascino e spesso, ahimè, per degrado. Diego, facendosi testimone oculare, e con a tracolla la sua reflex, ha la forza delle parole e delle immagini dalla sua parte per documentare tutto ciò, con la speranza di sensibilizzare, ma anche e soprattutto per ricordare. Da buon siciliano, l'autore non può non subire il fascino della malinconia, dei ricordi, la rabbia verso l’oblio e l’incuria. Solo nella memoria, infatti, noi sappiamo dire chi siamo oggi, possiamo intravedere cosa saremo domani. Questi reportage e queste foto, nella sostanza, non sono nient'altro che un recupero di storie dimenticate, una discesa nei pozzi profondi di storie lontane il cui unico fine è riconquistare un'identità. E nel raccontare questa Sicilia, in fondo, l'autore cerca se stesso, le sue passioni, le sue fatiche dell'esistenza, le sue emozioni, la sua identità appunto.

È un libro di ricordi, di storie personali, di immaginazione, di speranza, di meraviglie, ma è anche il racconto delle fughe dalle bruttezze delle nostre città, della vita di tutti i giorni. Un libro che racconta una passione, le contemplazioni di echi lontani, sperdute nel tempo. Una passione che però si tramuta in fervore, denuncia e collera quando, accantonate le subitanee emozioni, si scontra contro la noncuranza degli uomini e della loro ignoranza.
Un diario romantico se vogliamo, che evoca e in qualche modo ripercorre le avventure degli intellettuali di fine Settecento che intrapresero il Gran Tour alla ricerca della bellezza del passato e di se stessi.

9 gen 2014

Classifica: i più belli e i più deludenti del 2013

Un altro anno se n’è andato, e come quando finisce qualcosa ci si volta indietro e si tiranno le somme, si cercano ragioni, sentimenti e si tende a organizzare i ricordi. Per molti versi è stato un annus horribilis quello appena passato, un anno dal sapore amaro, ma sono stati anche dodici mesi di libri, pochi in verità, e non sono mancate le chicche, le scoperte intriganti…
Come scrivevo, pochi libri letti quest’anno, soltanto 48; il tempo è stato tiranno, si scrive così quando si cerca una giustificazione. Ecco, come solito ormai, i cinque titoli più esaltanti dei dodici mesi appena trascorsi.

1. La confessione
2. Tonio Kröger
3. Nei mari estremi
4. Lettera di una sconosciuta
5. Il maestro di Vigevano

Dovrei inserire nella cinquina dei più apprezzati, ex equo, i soliti Nietzsche, Bukowski, Schopenhauer, Saramago; mi accontento di citarli qui. E non posso non provare riconoscenza verso Louÿs, Viganò, Frisch, capaci di regalarmi momenti preziosi.
È il turno, adesso, dei meno piaciuti. Seppur pochi, i libri del 2013 sono stati quasi tutti gustosi, per palati capaci di apprezzare i sapori forti. E non riesco a trovare titoli deludenti, inappaganti. Menziono solo Moby Dick quale capolavoro verso cui mi aspettavo molto di più e Il codice dell'anima, un testo assurdo quanto però leggibile e quindi pericoloso.
Insomma un anno povero di letture, ma di un certo spessore.

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