Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

25 set 2011

Gaspard de la Nuit - Aloysius Bertrand (Poema in prosa - 1836)


"Dodici maghi danzavano un girotondo sotto la grande campana di Saint-Jean. Uno dopo l'altro evocarono la tempesta, e rintanato nel mio letto contai spaventato dodici voci che in processione attraversarono le tenebre".

Ispiratosi evidentemente alla drammaticità di una certa pittura e al fantastico romantico di Hoffmann, tanto che il sottotitolo recita: 'Fantasie alla maniera di Rembrandt e di Callot' - il primo a simboleggiare i chiaroscuri dell'interiorità, il secondo la forma dell'apparenza –, Bertrand ci anticipa alcune delle successive idee 'maledette', simboliste e surrealiste. Opera sperimentale, alchemica direi, in cui si incontrano e coagulano fantasie medioevali, pittura, musica, poesia, prosa, filosofia.
Il narratore incontra un misero uomo con il quale intavola una discussione filosofica sulla poesia e sull'arte. Non esauritasi, il misterioso uomo consegna al narratore un libro, 'Gaspard de la Nuit' appunto, il cui autore è lo stesso uomo, il diavolo in persona si verrà a sapere poco dopo. Il libro (costellato da infiniti spazi bianchi e diviso in sei libri, e il terzo, così lunare e misterioso, è il più affascinante) si articola in un caleidoscopio di brevissimi racconti, pennellate pittoriche su luoghi rivisti nei ricordi, territori notturni e spettrali, lune piangenti e gnomi malefici. Tutto questo nel tentativo di trovare e carpire il valore e il senso della poesia. Ma gli elementi romantici sono ancora troppo forti: Dio, Amore, Natura, Storia, Sentimento, Idea, sono tutti concetti vetusti e superati.

Nonostante l'originalità della forma e della poetica, il poema puzza di vecchio. Un fiore magari, ma decomposto (non in senso baudelaireiano).

23 set 2011

L'ABC della relatività - Bertrand Russell (Saggio - 1958)


"Non essendo Giosuè, non possiamo far stare fermo il sole mentre lo misuriamo; se vogliamo calcolarne le dimensioni, dobbiamo farlo mentre è in moto relativamente a noi. E analogamente, se vogliamo calcolare le dimensioni di un elettrone, dobbiamo farlo mentre è in rapido movimento, dato che l'elettrone non sta mai fermo un momento. Questo è il tipo di problema cui si riferisce la teoria della relatività". 

Capire la teoria della relatività ristretta e generale di Einstein non è per nulla semplice. La difficoltà nel descrivere l’universo in termini relativistici dipende dalla nostra abitudine di vedere il mondo sotto una prospettiva newtoniana. E quindi, al di là delle formule matematiche, concepire concetti come ‘spazio-tempo’, ‘evento’ o ‘intervallo’, mostrando le insufficienze delle leggi di Newton, risulta quanto mai problematico. La grandezza di Russell si risolve e cristallizza quando ci fermiamo un attimo a pensare: è possibile spiegare una nozione difficilissima, filosofica o scientifica che sia, avvalendosi di semplici paragoni e rischiarando così di luce solare la notte dell’astrusità einsteiniana? Russell, e solo lui può, ci riesce così superlativamente.
Tuttavia, sebbene Russell sia di una chiarezza straordinaria (e non mancano esempi e battute spassosi), il libro, testo divulgativo che si limita a descrivere i misteri della luce e della sua velocità senza utilizzare quasi mai la matematica, merita una buona dose di attenzione. 

20 set 2011

Dal naso al cielo - Luigi Pirandello (Racconti - 1925)


"E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore".

Altro capitolo delle 'Novelle per un anno'. Se dovessi trovare un seme comune, tra tutti, direi che il valore del dubbio e della relatività della conoscenza ne sia il principale. Spesso, nell'assaporare il gusto acerbo delle riflessioni di umili uomini, si riconosce una profondità paurosa, quella del limite dell'uomo: la vera causa che impedisce alla verità di attecchire. Di fronte ad essa, non sempre vittoriosa, la respingiamo e siamo costretti a convivere con l'illusione della convenzione. Ci sono inoltre differenze tra uomini, distinzioni sociali anche, in grado di sottomettere e impaurire, e quindi di allontanare la veridicità.
In quasi tutti i racconti, sono gli astri che meravigliano, che ti accompagnano con dolcezza nelle oscurità del pensiero. E si scopre che la vita è fatta di passioni, di caos pure. Ma il disordine, si sa, è categoria ritenuta dai più segno di colpevole sciatteria. Ecco perché molti personaggi pirandelliani sentono un impellente bisogno di sistemare ogni cosa, di rimediare alle male fatte: gli altri, o la nostra educata coscienza, sempre perfetti e ordinati, avrebbero qualcosa da ridire e deridere. La convenzione è ordine che occorre rispettare!

'Certi obblighi' e 'Ciàula scopre la Luna' sono i racconti che più ho ammirato. 

18 set 2011

Memoriale del convento - José Saramago (Romanzo - 1982)


"Oltre alla conversazione delle donne, sono i sogni che trattengono il mondo nella sua orbita. Ma sono ancora i sogni che gli fanno una corona di lune, per questo il cielo è lo splendore che c'è dentro la testa degli uomini, a meno che non sia la testa degli uomini il vero e unico cielo". 

Siamo in Portogallo, tra Lisbona e Mafra, ai primi del Settecento. Ci troviamo durante il regno di Giovanni V, il sovrano che, circonvenuto da un frate, ottiene dal Signore una figlia in cambio di un convento francescano. Ma i regnanti e la costruzione del convento sono sullo sfondo per tutto il romanzo, come simbolo di vanità, di ecclesiastico monito. I veri protagonisti sono invece Baltasar Mateus, il Sette-Soli, ex soldato che perse la mano sinistra in battaglia; Blimunda, poi chiamata la Sette-Lune, dotata di oscuri poteri che le permettono di vedere attraverso la materia; e padre Bartolomeu Lourenço de Gusmão, il Volatore, un prete che si abbandona al dubbio più che alla fede, uno pseudo scienziato che ha un unico scopo nella vita: vedere l'uomo volare. 
In breve la trama: Baltasar conosce Blimunda e s’innamorano durante un triste auto da fé (descritto meravigliosamente). Poco dopo Baltasar, insieme a Blimunda, si lascerà convincere da Bartolomeu ad aiutarlo nel suo progetto di costruzione di un uccello meccanico in grado di volare. S’intrecciano storia e finzione, forza di desiderio e vanità tra viaggi alla ricerca di conoscenze alchemiche, volontà di condannati a morte da imprigionare in vasi di vetro, visite e musiche di Domenico Scarlatti, odori di eresia fiutati dall'Inquisizione, un breve viaggio volante su un uccello meccanico che porterà i tre a dividersi, un tragico incidente che separerà i due innamorati per nove anni, per poi ritrovarsi in un emozionante finale mentre Baltasar muore sul rogo.
Non lo scritto migliore di Saramago. Storia a tratti sonnecchiante, forse perché un po' lunga. Spiccano l'ironia sin dalle primissime battute e le fulminanti frasi a marcare l'ignoranza e la creduloneria di un tempo, spesso partorita dalla religione. Lo stile del portoghese lo conosciamo: periodi lunghissimi sempre ben orchestrati - spesso non si vede un punto in una pagina -, prosa alta e popolare insieme, ma in questo romanzo ho fatto più fatica ad addentrarmici. Curiosità: il tempo verbale è il presente, anche se non manca l'imperfetto.

15 set 2011

Sade prossimo mio - Pierre Klossowski (Saggi - 1947)


"Al punto che si potrebbe vedere in Dio il colpevole originario che avrebbe attaccato l'uomo prima di esserne attaccato: l'uomo avrebbe in tal modo acquisito il diritto e la forza di attaccare il suo simile. Ora, tale aggressione sarebbe talmente incommensurabile da legittimare per sempre l'impunità del colpevole e il sacrificio dell'innocente".

Preceduto da ‘Il filosofo scellerato’ (1967), tortuoso saggio nel quale si riprende il primo, provando a correggerne un'impostazione reputata forzata, Klossowski prova a sviscerare il pensiero sadiano. Il marchese de Sade, lo sappiamo, non è un autore per tutti. Scellerato e radicale, Sade ha il merito di tracciare marcatamente un confine logico al suo pensiero. Se Dio non esiste, e l'uomo è desiderio e passione, non esiste alcun freno al bisogno di soddisfacimento e quindi è ammissibile quello che comunemente è definito crimine. Però Klossowski, quasi a redimerlo, ritiene lo scrittore francese preoccupato delle conseguenze aberranti della sua ragione. E in tutto questo ne sonda le contraddizioni. Lo scopo sadiano è la 'mostruosità integrale', l’annullamento totale del necessario prossimo. La sodomia, ad esempio, è considerata sublimemente (e non a torto) l'atto trasgressivo per eccellenza, un atto filosofico. Per mezzo di esso si annullano le norme della coscienza, si dimostra l'ateismo e, qui la contraddizione, non si procrea; non si ottiene il prossimo, l’oggetto del desiderio.
Specie nel saggio del ’67, le interpretazioni del critico del pensiero sadiano potrebbero essere forzate e mal comprese. Alle volte si ha l'impressione che sia lo stesso filosofo a forzare il ragionamento sadiano. A tratti è oscuro. Le riflessioni sono difficili, soprattutto se non si conosce l'opera e la filosofia sadiana e se non si ha dimestichezza con la dialettica hegeliana. La scrittura del filosofo francese di origine polacca inoltre è infarcita di termini non facili e la lettura diventa greve.
I saggi del 1947, invece, sono meno ruvidi, sia nello stile sia nei contenuti. La lettura è molto più scorrevole e l'eterogeneità degli argomenti spezza la complessità delle riflessioni. Vuole essere evidente come il radicalismo sadiano porti all'autodistruzione. È la stessa utopia del marchese a mettere in luce le ombre del radicalismo. In questi saggi l’atteggiamento klossowskiano è hegeliano. I crimini sono giustificati solo a patto di cadere in contraddizione. Il libertino uccide Dio. Morto questo, crolla la divinità del re che era stato insignito per volontà divina. Ne consegue che il popolo, con il parricidio della Rivoluzione, diventa sovrano e criminale. Rovesciato il re, però, la società si mantiene solo restando nel delitto e nel Terrore. Il prossimo che si vuole annullare diventa dunque indispensabile per ottenere un equilibrio. Il nulla che si vuole ottenere deve necessariamente distruggersi. 

13 set 2011

Taccuino di un vecchio sporcaccione - Charles Bukowski (Racconti - 1969)


"quel che sto cercando di dirvi è che la ragione per cui la gente va alle corse è perché è in agonia, eggià, ed è così disperata che preferisce correre il rischio di prolungare l'agonia piuttosto che affrontare la sua condizione attuale. e i giovani non sono così scemi come si pensa. stan seduti in cima ai monti a studiare il moto vorticoso delle formiche".

Nati come pezzi per un giornale, Bukowski si sente libero di sfogare la sua rabbia. Una libertà che si trasfigura e si rivela nella sintassi: i periodi sono spesso lunghissimi e tantissimi, allo stesso modo i periodi nominali, dopo il punto non esiste la maiuscola e le frasi sono cariche di turpiloqui e imprecazioni. Lo conosciamo già questo scrittore. Ci ha deliziato con libri sorprendenti per indipendenza e riflessione; questo però un po' delude. Sfrontato, forse un po' troppo, un tocco di disorientante visionarietà, ci sono troppi fatti (molti nemmeno densi e ricchi) e poco spazio al pensiero. I racconti senza titolo, come per gli altri letti in passato, si concludono spesso con finali spiazzanti, persino poetici. Ma a differenza degli altri, nonostante le stesse tematiche, lo stesso genere di storie, sono più sporadici.
Un'ombra scura di pessimismo si staglia sullo sfondo della vita dello scrittore americano. La sua è un’esistenza dedita alla ribellione, ma non è così ragionata come si penserebbe; è istintiva, genuina, immediata, quasi fanciullesca. Lo scrittore americano è una foglia in balìa del vento. Istinto e desiderio, desiderio e istinto vanno caldeggiati, vezzeggiati, corteggiati; l’alternativa sarebbe la schiavitù.

Un libro più da 'beat generation' che dal Bukowski che più apprezzo. 

12 set 2011

Storia e cultura dell'Illuminismo - Norman Hampson (Saggio - 1968)


"L'Illuminismo fu un atteggiamento mentale, più che un orientamento scientifico e filosofico. Pochi seguirono da vicino le discussioni intellettuali che si svolgevano fra un pugno di uomini a Londra e, soprattutto, a Parigi; e ancor meno furono coloro che accettavano tutte le conclusioni dei pensatori più rivoluzionari".

Già alle medie, quando per la prima volta sentii parlare di Illuminismo, di primato della ragione, di fiducia e di progresso, subii un fascino tutto particolare, nuovo, verso il valore della ragione contro le superstizioni. Insieme alla mia passione per l'astronomia in quegli anni, le idee ‘illuminate’ mi diedero un senso di speranza e ottimismo. Capivo che l'uomo poteva evolversi, migliorarsi, grazie alla ragione e alle sue scoperte. Afferrare inoltre quanto forte fosse il legame strettissimo tra le scoperte galileiane (Galilei era già un idolo per me) e gli sviluppi filosofici e culturali che si diramano fino a oggi ma che nel XVIII secolo furono incendiari, mi portarono a definirmi, per quanto potesse valere per un adolescente, un discepolo dell'Illuminismo. Certo, le successive letture, ad esempio humeiane, il sentimento progressivo di sfiducia verso l’uomo e i suoi limiti, così come il fascino romantico per l'individuo e l'infinito mi destabilizzarono non poco. Ma quello fu solo un attimo di sgomento. Mi bastò una banale riflessione per ritornare a subirne il fascino: era pur sempre per mezzo della ragione, del linguaggio con cui essa si esprime, che quelle riflessioni sui limiti delle possibilità intellettive dell'uomo erano state compiute. E se la seduzione del volere della potenza dionisiaca mi portò a superare certi confini (nonostante la distanza dalla mia vitale necessità di ordine), trovai una sintesi tra i due estremi. E come summa di contraddizioni arranco sulle pareti montane dei confini umani…
Questo per dire che anche il secolo dei Lumi, essendo secolo di fatti e d’idee degli uomini, ha comunque i suoi limiti e le sue contraddizioni. Lo storico inglese non si tira indietro, e nel suo lavoro cerca di descrivere, districandosi tra le incoerenze, le difficoltà di definire un secolo talmente luminoso da abbagliare e rendere ciechi. Il professore è anche attento a rilevare quanto il secolo della luce non si affermi per puro caso. Le sue radici affondano almeno nei due secoli precedenti, i quali, dopo numerose scoperte scientifiche e intuizioni filosofiche, furono prefazione necessaria per accendere la fiamma dei lumi. Le scoperte geografiche, e lo spiazzamento conseguente, le scoperte scientifiche, soprattutto astronomiche, furono la causa di un turbamento europeo che sconquassò il pensiero degli uomini. La deflagrazione delle scoperte scientifiche inoltre generò un doloroso rinculo che colpì la spalla della religione. Dietro la fronte degli illuminati s’incendiarono idee, visioni, e il mondo cambiò. La vivacità della nuova cultura diventò simbolo di potenza e la gara tra i regnanti a chi poteva pavoneggiarsi meglio con le piume colorate della cultura portò inevitabilmente alla sua diffusione. E tuttora resta il fascino di un’epoca che da lontano ci sussurra la bellezza della conoscenza.

L’opera è divulgativa, ben congegnata, scevra da eccessi di entusiasmo, onesta per le considerazioni dello storico sulle difficoltà di definire in generale un periodo e la scrittura è scorrevole e gradevole.

10 set 2011

Quando Teresa si arrabbiò con Dio - Alejandro Jodorowsky (Romanzo - 1992)


"Con lentezza, delicatezza e tenerezza, l'uomo entrò nella donna che andò aprendosi sempre più fino a perdere i limiti e a confondersi con la terra interna. Il seme scese verso il fondo del pianeta e cadde in un abisso oscuro dove danzavano le galassie. L'universo assorbì la pioggia di fuoco. Felicità era incinta. Ivan poteva scomparire".

Visionario (come i libri della Torah, più volte citati nel romanzo), lo scrittore cileno ci racconta, in un’eclettica quanto fantastica autobiografia, la saga della sua famiglia di origine ebraica. Dalla parte paterna racconta di un nonno pazzo e votato alla fede, di una nonna sorella di una ragazza nata nella fossa di un cimitero per sfuggire alla Morte innamorata e gelosa del padre, di quest'ultimo sempre circondato da un nugolo protettivo di api, di rapporti incestuosi, di sereni suicidi, del cognome ebraico cambiato nel polacco Jodorowsky, del viaggio in Cile. Dalla parte della madre, invece, i racconti genealogici sembrano meno fantasiosi ma pur sempre particolari. Viaggi della memoria nella Spagna del XV secolo, violenze carnali, castrazioni, leoni che sanno leggere i testi sacri, zoofilia, scarpe millenarie, scioperi operai…
E la storia, tra avventure e disavventure, tra realtà e fantasia, sembra avere un fine, uno scopo, una redenzione: la ricerca di una terra promessa, di un discendente che fosse in grado di raccontare la storia dei suoi avi.
Carico di immagini e metafore, molte delle quali bellissime, colpisce l'ironia con la quale lo scrittore e regista narra la storia della sua famiglia. Persino l'elemento blasfemo, l'odio della nonna Teresa per Dio, che è una costante per quasi tutto il romanzo, sebbene sia di stimolo per la riflessione, sotto sotto non può non suscitare una risata tra i baffi.
Interessante il paratesto dei primi due capitoli: spazi bianchi a staccare i capoversi per dare il ritmo alle allucinanti visioni. Peccato che i lunghi capitoli successivi riprendano una forma più classica e quindi meno digeribile. 

Per diversi motivi, primi tra tutti un eccesso spasmodico di fantasia e un ritmo esagerato ed esagitato, mi viene in mente il capolavoro marqueziano (se non altro per molti) ‘Cent'anni di solitudine'…

8 set 2011

Sigmund Freud - Ludwig Marcuse (Saggi - 1956)


"I più celebri irrazionalisti tedeschi, Novalis, Schopenhauer, Nietzsche, Freud, furono soprattutto adoratori della ragione. Non lo si nota, perché gli illuministi classici trascurarono i continenti oscuri; da allora sembra obbligatorio definire l'illuminista come uno che ignora le zone oscure della coscienza e il romantico come uno che ne ignora le zone chiare. Freud vide in quell'oscurità, la descrisse, la misurò, la trovò possente, e fu adoratore del sole, un credente nella ragione".

Ludwig Marcuse (da non confondere con Herbert, altro freudiano) con questo studio cerca di definire un profilo psicoanalitico del padre della psicoanalisi. Il ritratto che ci dà, per ovvi motivi, ormai non ci sorprende. Timido, nevrotico, musone, epicureo, filosofo e scienziato insieme, moderato, Freud è combattuto tra la libertà della libido e il conformismo borghese; tra l'Es e il Super-Io. Molti curiosi aneddoti biografici servono, chiaramente, all’autore per sostenere e definire le sue tesi, allo stesso modo sfrutta la propria notevole cultura - che si evince dalle continue, curiose, appropriate citazioni disseminate nei saggi. Cerca di inquadrare Freud e la psicanalisi in un contesto storico preciso, di accostarlo ad autori e filosofi che prima di lui avevano intuito la possibilità di un inconscio non metafisico, cerca persino di avvicinare il concetto di angoscia di Freud a quello di Kierkegaard.
Molte notizie e interpretazioni, se forziamo un po’ l’analisi, collimano con quelle di Onfray, senza però mai sfociare nella denigrazione. Marcuse è uno studioso che venera Freud, si intuisce senza sforzo, ma che allo stesso tempo si riserva la possibilità di criticarlo.
Commento brillante su Freud, da leggere con gusto, tuttavia oggi non più originale.

7 set 2011

Piccolo testamento - Gabriele Dadati (Romanzo - 2011)


"Io alzavo ogni tanto lo sguardo dai fogli e lo posavo sui tetti del centro storico da una prospettiva vertiginosa di cui non avevo mai fatto esperienza prima. Vittorio aveva l'abitudine di tenere gli occhi socchiusi mentre mi stava a sentire in silenzio. Tutto questo era una liturgia".

Una spocchiosa notte insonne, la ressa dei ricordi di un carissimo amico morto da poco, la passione per la scrittura, l'amore finito per una non dimenticata Marta.
Scrittore a tratti acerbo ma promettente...

6 set 2011

Giocatori - Don DeLillo (Romanzo - 1977)


"Pammy dovette posare il sacchetto di frutta per aprire la porta. Si ricordò di che cosa l'aveva turbata, una vaga presenza. La sua vita. Odiava la sua vita. Era una cosa modesta, però, una piccola seccatura. Tendeva a dimenticarla. Quando cercava di ricordare che cosa le era frullato per la testa, le bastava capire di cosa si trattava ed era contenta che non fosse qualcosa di peggio"

Sebbene per me la monotonia e il suo compagno, l'ordine, siano gli unici rimedi, gli unici strumenti di sopportazione, seppur illusori, al devastante caos della vita, le raffigurazioni della banalità della monotonia mostrati dallo scrittore americano, di origini italiane, possiedono un che di profetico, quasi apocalittico; un che di insopportabile. Il romanzo vuole essere, di fatto, un affresco del disagio e della nevrosi della società contemporanea statunitense. E l’attenzione verso il tema dell'alienazione, del diventare altro, espresso nella dissacrante messa in scena delle quotidianità del mondo moderno, ha di certo un’andatura postmoderna. 
In una confusionaria New York sullo sfondo, Lyle e Pammy, una coppia di sposi, vivono una vita normale, moderna, socialmente accettabile. Ma è una vita dove domina la routine, dove ogni cosa è misurata, e li porta a essere calcolatori, attenti alla precisione e ai numeri; che li porta all'insoddisfazione. Stanchi e annoiati, come in un gioco di disalienazione, Lyle troverà un'amante e, interessato a un attentato terroristico a cui aveva assistito, diverrà agente dell'FBI e, contemporaneamente, di un gruppo terroristico; mentre Pammy deciderà di partire con una coppia di gay diventando l'amante di uno dei due.
Il racconto della consuetudine, della quotidianità dei protagonisti (immagino volutamente) è scialbo, a momenti quasi noioso. La scrittura invece è scorrevole, a tratti nervosa, soprattutto quando l'autore vuole descrivere le nevrosi della velocità cui l'uomo contemporaneo è assillato. I colori delle sensazioni dei protagonisti, specialmente quelle erotiche, sono le parti più intense e gustose del romanzo.

Un altro postdatato grazie.

3 set 2011

Essais - Michel de Montaigne (Saggi - 1595)


"Dipingendomi per gli altri, mi sono dipinto con colori più netti che non fossero i miei primitivi. Non son tanto io che ho fatto il mio libro quanto il mio libro che ha fatto me, libro consustanziale al suo autore, di un'utilità personale, membro della mia vita; non avente per fine l'utilità di terzi ed estranei, come tutti gli altri libri. Ho forse perduto il mio tempo ad essermi reso conto di me tanto continuamente, tanto accuratamente? Di fatto, quelli che si ripassano solo mentalmente e oralmente, di tanto in tanto, non si esaminano né si penetrano così compiutamente come colui che fa di ciò il proprio studio, la propria opera e il proprio mestiere, che si impegna a un'annotazione costante, con tutta la sua fede, con tutta la sua forza".


Alcuni autori, alcune opere sono e resteranno immortali. Montaigne e la sua opera si trovano, senza alcun dubbio, nella schiera di quei classici che tutti dovrebbero conoscere; un classico che difficilmente smetterà di essere attuale. Siamo di fronte a un’opera capitale, a una delle espressioni più autentiche che la filosofia ha potuto concepire. Non è facile scrivere o prendere appunti in poco spazio su un'opera monumentale come questa. Due volumi di circa 800 pagine ciascuno, di saggi densissimi - parecchi sublimi - che discorrono dei temi più disparati: della vita e della morte, delle malformazioni fisiche e di quelle intellettuali e caratteriali, delle virtù e dei vizi… Dalle malattie personali di Montaigne, dalle sue esperienze di vita (dolorose o felici), dai suoi studi, scaturisce l'intimissima introspezione, il ragionamento chiaro e distinto che il francese ha trascritto per innalzare la filosofia su vette di assoluta freschezza e sublimità. 

Il filosofo visse in una Francia devastata dalle guerre di religione, mentre era stata da poco scoperta l'America, e il peso della storia non si può non avvertire. Ecco che allora la grandezza di Montaigne tuona nella sua originalità. Se relativismo e tolleranza diventano principi assoluti, scetticismo, stoicismo, epicureismo diventano i maestri di vita da cui prendere esempio. 
Coltissimo e appassionato di storia (come del resto i suoi non nascosti maestri, Plutarco e Seneca), capace di definire i suoi pensieri attraverso efficaci esempi storici, Montaigne studia se stesso per studiare l'uomo, eppure non è così categorico da assurgersi a modello universale. Sincero, intimo, umile, libero, è un uomo che conosce i propri limiti (e su cui scherza), e non pretende di essere l’'uomo'. 
È naturale che nelle sterminate pagine dei saggi piccole contraddizioni, fulminanti paradossi, compaiano e squarciano in due il nostro pensiero. Rapsodico, frammentario, il filosofo illumina le sue contraddizioni - e quindi quelle dell'uomo - in modi che non mi scandalizzo a definire modernissimi, addirittura postmoderni. Reputo il palesarsi della contraddizione, e il palesarla consapevolmente, sinonimo di piena grandezza. Non è l'uomo una summa di contraddizioni? Non è la vita stessa un paradosso? Sarebbe poco onesto se rispondessimo negativamente.
Anticipatore di idee illuministe - evidenti nel tema del valore del dubbio, nella descrizione dei limiti teoretici dell'uomo, nell’amore per la conoscenza, nel distacco critico dalle assurdità della religione (certo la fede in Dio è forte, ma questo non vuol dire per Montaigne che questa debba necessariamente essere sinonimo di assoluto assoggettamento, anche perché se, oltre l'odio, la guerra, i massacri, il cristianesimo ha conseguito un risultato, di certo lo scorgiamo nello stimolo che ha portato scrittori e filosofi a considerare compiutamente temi quali la tolleranza e il relativismo) -, il capolavoro di Montaigne, con confessioni intime e per nulla presuntuose, nel piacere della lettura ci lascia una sensazione di smarrimento, di placido spavento. Si avverte uno spessore spiazzante, come se ci trovassimo davanti a una miniera di diamanti.
Due parole sullo stile. Se la freschezza della classicità si trova nella straordinaria conoscenza della storia romana, nello stile, nel richiamo esplicito a Plutarco, Seneca, Orazio, Cicerone, Epicuro, la modernità si trova nella struttura, nelle idee, nel profondo relativismo. Le pagine più belle, ovviamente, sono quelle in cui lo stesso filosofo si racconta. Alcune sono da imparare a memoria!

Per fortuna esistono libri di tale spessore.

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