Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

26 giu 2022

I piaceri e i giorni - Marcel Proust (Racconti - 1896)

"Le sue mani si agitarono febbrilmente. Ad un tratto udì un piccolo suono argentino, impercettibile e profondo come un battito di cuore. Era il suono delle campane di un villaggio molto lontano che quella sera, grazie all'aria così limpida e al vento propizio, aveva attraversato molte pianure e fiumi prima di essere percepito dal suo orecchio fedele. Era una voce presente e pure antica; adesso udiva il suo cuore battere col suono armonioso, sospeso all'attimo in cui sembravano aspirarlo, morendo poi lungamente e debolmente con esse. In ogni momento della sua vita, quando udiva il suono lontano delle campane, ricordava suo malgrado la loro dolcezza nell'aria della sera, quando, ancor bambino, rientrava al castello dai campi".


Dedicata all'amico prematuramente scomparso Willie Heath, sullo sfondo del mondo dei salotti di Parigi, del quartiere del Fauborug Saint-Germain, del Decadentismo elegante del conte Robert de Montesquieu (il dandy che ha ispirato Proust per il suo pederasta Barone di Charlus) il volume raccoglie poemi in prosa, frammenti, improvvisazioni, poesie dedicate a pittori e musicisti e racconti brevi, che dal titolo rievoca le Opere e i giorni di Esiodo.

Introdotti brevissimamente dalla penna arguta di Anatole France, ci troviamo di fronte al primo tentativo letterario di un giovanissimo Proust che inizia il suo personale colloquio con il Tempo, con la mondanità, con l'abitudine, con la malinconia, con la gelosia, con i sogni futuri (i temi di fondo dell'opera) che in qualche modo anticipa ciò che sarà espresso magnificamente nella Recherche. Certo, sono piccole e raffinate pitture, ingenue se vogliamo, acerbe, languide, anche un po' snob, ma esprimono un sentimento vero e una sensibilità straordinaria già evidenti in alcune sporadiche pagine. Come ne La confessione di una ragazza, quando leggiamo ammaliati di un bacio della buonanotte della madre, quando avvertiamo un sentimento malinconico verso gli anni perduti dell'adolescenza e poi ritrovati nella memoria.

19 giu 2022

Le piccole speranze - Annalisa Trabacchi (Romanzo - 2021)

"Stasera, invece, il suo odore mi porta in un luogo conosciuto e familiare, senza accendermi. Lui mi abbraccia, recupera dalla tasca la mano e circonda le mie spalle con il braccio. Come due fratelli, come due alleati, come due amici.

Non diciamo niente, rimaniamo in piedi, mentre Pietro e Carlina si sono seduti più avanti, dove hanno trovato una larga pietra piatta al riparo dagli spruzzi. Guardiamo insieme i fuochi che stanno iniziando e, come sempre, sono barocchi e bellissimi. Nessuno dei due ha l'impulso di trasformare questo abbraccio in un bacio, in un contatto appassionato. La tenerezza di questo momento è struggente, profondamente intrisa di malinconia".


Con ironia (e si sa, l'ironia è sinonimo di intelligenza), con profondità sentimentale, con uno stile scorrevole e coinvolgente, in queste pagine leggiamo di una donna che sente il bisogno di cogliere e conquistare una maggiore consapevolezza di sé. Sembra un percorso dunque, in cui sono i piccoli eventi che smuovono la propria percezione, come il profumo di bagnoschiuma del marito, una scarpa con i tacchi da provare, una caduta. Momenti che portano Teresa, quasi pirandellianamente, a domandarsi del suo senso esistenziale, a vedersi come una donna a un bivio: o donna che continua a vivere nella routine, oppure donna condannata a cercare una libertà e una dimensione che la appaghino. 

L'abitudine, quindi, diventa protagonista in queste pagine; lascia a Teresa un senso di rimpianto, che, inizialmente, si tramuta in progetti e sogni ad occhi aperti. La sua vita galleggia su un fiume di normalità e ingenua insoddisfazione: un marito verso cui nutre un sentimento distaccato, due figli adolescenti, un lavoro che le lascerebbe spazio e tempo per sé, qualche buona amica. Non è solo lei, però, che avverte quel sentimento di mancanza; quasi tutti i personaggi percepiscono che qualcosa nella loro esistenza langue, manca. E tutti hanno piccoli sogni da realizzare, possibile speranze che in fondo sono là, dietro l'angolo, e basterebbe solo avere un pizzico di coraggio per acchiapparle. 

Nella routine di Teresa, però, arriva l'imprevisto, l'ingranaggio che mette in moto un altro motore della vita. Ricompare nella sua vita Caterina, un'amica di liceo e di università che da vent'anni si è dileguata nel silenzio. Insieme all'amica ritrovata c'è Ben, il figlio che vive nel limbo tra l'adolescenza e la maturità, a cui Teresa darà lezioni di italiano e di vita. Il confronto (e anche lo scontro) con Caterina la destabilizza, pone Teresa di fronte a nuove possibili visioni del mondo. Ed è in questa nuova prospettiva che l'insoddisfazione matura, cresce fino ad esplodere alla fine del romanzo (ma già annunciato sin dalle primissime pagine) in un atto di rottura volontario in fondo, cercato, desiderato; ed è così che si trova un nuovo equilibrio; si trovano quelle nuove piccole speranze che ci permettono di sorridere alla vita.

Un romanzo sul coraggio e la voglia di cambiare la propria vita. Piacevolmente scorrevole, da portare dentro di sé e il cui ricordo ci accennerà un sorriso tra le labbra. Brava!

5 giu 2022

I miei paradossi - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1974)

"Ebbene, per me è un'esperienza personale. Quando vedo un bambino, o ad esempio un neonato, divento terribilmente triste. Quando i miei amici mi spediscono un annuncio di nascita, non so mai come rispondere. Non posso affatto rispondere. Non potrei assolutamente assumermi la responsabilità di gettare qualcuno in questo mondo. E se la vita, l'uomo, la storia, domani dovessero cessare, non sarei triste".


L'intervista con Leonhard Reinisch, di cui possiamo leggere in appendice un breve saggio del 1982, E. M. Cioran, il maestro della rovina, è centrata soprattutto sul valore del pessimismo, sulla morte (e quindi sulla vita e quindi sul suicidio) e sul valore mistico del paradosso. Cioran, assurdo ed estremo nel suo scetticismo e cinismo, ha sempre vissuto ai margini della vita; una vita inconcepibile, ma a 65 anni si meraviglia di essere vivo, di non essere ancora morto. Ciò lo deve, come sappiamo, all'idea della possibilità del suicidio, un'idea che paradossalmente alimenta la vita, un'esistenza calata dentro un ritmo insensato di eventi. E inevitabilmente il dialogo si sposta sul tema della storia. La tendenza mistica, sebbene non credente, di Cioran osserva distaccata la storia del mondo come processo di rovina, che ha avuto inizio da un essere diabolico. La libertà quindi si ottiene nei momenti della vita in cui si è al di là della storia, momenti fugaci ed unici. È una conseguenza logica, direi quasi divina, pensare che la procreazione sia il male più grande. Cioran confessa la sua asocialità, il suo essere straniero nonostante (e per questo) conosca bene la sofferenza degli altri. Reinisch insiste argutamente nel trovare paradossi e contraddizioni nel pensiero del filosofo rumeno. E quest'ultimo, che non li smentisce, ne esalta il loro significato metafisico. Nessuna speranza quindi, nessun futuro; ciò che ci aspetta è solo una tragedia.

Una parentesi interessante da notare: il giudizio durissimo di Cioran su Sartre, malgrado l'intervistatore lo incalzi più volte a parlare di Camus che, invece, non commenta mai.

4 giu 2022

Perché fidarsi della scienza? - Naomi Oreskes (Saggio - 2019)

"Molti rifiutano la climatologia, per esempio, non tanto perché vi sia qualcosa di sbagliato di per sé, ma perché è in conflitto - o così la percepiscono - con i loro valori, le loro convinzioni religiose, l'ideologia politica e/o gli interessi economici. Sono molte le ragioni per cui la gente può rifiutare una scoperta scientifica o mostrarsi critica nei suoi confronti, ma in genere hanno a che fare con l'impressione che tali scoperte contraddicano i valori in cui si crede o minaccino il proprio modo di vivere".


Partendo da una veloce ma puntuale storia della filosofia della scienza degli ultimi duecento anni (dal positivista Comte ai neoempiristi verificazionisti, dal falsificazionista Popper al collettivo di pensiero di Fleck, dalla sotto determinazione di Duhem all'olismo di Quine, dal paradigmatico Kuhn all'anarchico Feyrabend, dalle femministe Harding e Longino), l'autrice, famosa storica della scienza, rimarca il carattere sociale della conoscenza scientifica che dà origine alla superiore affidabilità delle tesi scientifiche. 

A causa degli errori clamorosi di alcuni individui, dei diversi metodi proposti dalla scienza, delle tesi più assurde (come l'energia limitata di Clark del 1873 secondo cui l'istruzione superiore femminile avrebbe nuociuto alla fertilità delle donne, oppure all'eugenetica prima statunitense e poi nazista, oppure ancora alle tesi antiscientifiche sui vaccini, sui cambiamenti climatici, sulla salute), la scienza è attaccata e screditata, eppure di fronte alle aberrazioni dei singoli scienziati la comunità scientifica si è sempre battuta. La fiducia, quindi, non deve andare ai singoli, ma alla scienza che nel suo essere sociale garantisce le sue idee, perché sono sottoposte a controlli rigorosi e plurali. 

Per far fronte ai pregiudizi di ordine sociale, culturali ed economici che stanno alla base della diffidenza nei confronti della scienza, ammettendo l'evidenza che gli scienziati possano compiere degli errori anche clamorosi, occorrono criteri come consenso, metodo, evidenza, valore e umiltà; ragionevolezze che assicurano un alto grado di certezza scientifica. La scienza è fondamentalmente consensuale, ed è nella sua comunità che si devono trovare risposte e conoscenze attendibile contro la crisi e la sfiducia nella scienza e nei suoi dati tanto di moda oggi. 

Un'apologia, insomma, ma equilibrata e attenta a non sconfinare in un'esaltazione assoluta della figura dello scienziato. Un libro di profonda attualità.

3 giu 2022

Le meraviglie del mondo - Lorraine Daston, Katharine Park (Saggio - 1998)

"Studiare come i naturalisti, nel corso di circa sei secoli, abbiano usato le meraviglie per tracciare i confini più lontani della natura rivela come, in vario modo, essi costruirono il suo nucleo centrale. Naturalisti moderni e medievali fecero appello ad un ordine di consuetudini della natura piuttosto che di leggi naturali, definito da meraviglie e da miracoli. Per quanto estremamente ordinata, questa natura non era né ineccepibilmente uniforme né omogenea nello spazio e nel tempo. Le meraviglie, invece che al centro, tendevano a raggrupparsi ai margini del mondo conosciuto, costituendo una categoria ontologica distinta: il preternaturale, sospeso tra il mondano e il miracoloso".


Mostri, prodigi e fatti strani dal Medioevo all'Illuminismo, come da sottotitolo, definiscono l'ordine della natura delimitandone i limiti entro cui muoversi. La meraviglia è, infatti, una passione conoscitiva in grado di registrare i confini della realtà ed è chiaro quindi il motivo per cui nel Medioevo si distingueranno la scienza naturale, quella preternaturale (che studia ciò che non è conforme all'ordine naturale delle cose) e quella sovrannaturale (divina). Distinzione che, però, non sempre è rimasta fissata entro rigidi schemi, ma che alla fine si è evoluta e, in qualche modo, si è dissolta tanto da iniziare a svanire dal Settecento in poi. Dall'Alto Medioevo, le aberrazioni della natura (mostri, comete, gemelli siamesi, pietre rare e magneti), hanno sempre avuto un significato morale. Sono prodigi mandati da Dio per punire gli uomini dai loro peccati, oppure semplici scherzi di una natura autonoma e giocosa, oppure ancora difetti dell'universo stesso che, in realtà, non è così uniforme. Con l'Illuminismo però, con l'esaltazione della ragione e dell'ordine, con la convinzione che la meraviglia sia solo un sentimento scaturito dall'ignoranza della leggi naturali, si registra un approccio diverso e il meraviglioso diventa superstizione, una malattia dell'immaginazione, una passione disonorevole.

In modo non sempre lineare e limpido, il volume descrive come nella letteratura di viaggi, nella topografia, nelle cronache e nelle enciclopedie medievali i fenomeni naturali straordinari siano ai margini del mondo (dell'Europa). Meraviglie, soprattutto testuali e materiali, che saranno usati come serbatoi di potere per fini religiosi e rituali di corte. Nella cultura filosofica che va dal XII al XV secolo, tuttavia, in autori come Adelardo di Bath, Ruggero Bacone, Alberto Magno, Tommaso D'Aquino, la passione della meraviglia è rifiutata quale parte integrante dello studio dell'ordine naturale. Eppure dal 1370 al 1590 vari gruppi di intellettuali (Dondi, Ficino, Cardano, per esempio) riabilitano le meraviglie sia per la contemplazione filosofico-naturale, sia per l'investigazione empirica. Nella cultura europea del XV e XVI secolo le meraviglie migrano dai margini del mondo al Mediterraneo e all'Europa e quindi diventa più facile analizzare casi specifici sulle nascite mostruose, interpretabili alla luce di tre emozioni correlate e sovrapponibili: orrore, piacere e ripugnanza. 

Il culmine dello studio del meraviglioso si ha nel XVII secolo, quando il preternaturale diventa elemento centrale nella riforma della storia e della filosofia naturale nelle società scientifiche, dove si studiano i mostri con una intensità senza precedenti. Boyle, Cartesio, Bacone dedicano molto spazio nelle loro opere alle meraviglie. Non è un caso che le wunderkammer, le camere delle meraviglie, non più solo di potenti e regnanti, ma anche di studiosi e intellettuali, ispirano Bacone e Cartesio nell'unire arte e natura e rappresentare un microcosmo raro e bizzarro. La relazione tra le passioni cognitive della meraviglia con la curiosità, nel XVII secolo, invece, se prima appare compatibile, con il tempo si separerà fino ad arrivare all'Illuminismo in cui le meraviglie diventeranno volgari e metafisicamente implausibili, politicamente sospette ed esteticamente ripugnanti. 

Sebbene l'argomento sia incontestabilmente interessante, di fascino e di impatto, la scrittura accademica delle autrici, la stessa impaginazione e soprattutto la non linearità dello sviluppo ne fanno un testo noioso, pedante e pesante.

Archivio blog