Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

20 nov 2022

Proust senza tempo - Alessandro Piperno (Saggio - 2022)

"Il processo ricordava parecchio quello dell'ipnosi: la fitta pagina proustiana mi ondeggiava davanti agli occhi come un pendolo, provocando una specie di trance: la fusione tra me e il testo era talmente promiscua da favorire il dubbio un po' bizzarro che ciò che stavo leggendo lo conoscessi già. L'aria di famiglia che respiravo era l'effetto di un trucco, lo sapevo, ma per quanto stessi li a ripetermelo continuavo a sospettare di non essere alle prese con un nuovo libro da leggere ma con un flusso di cose già presenti in me, che quei segnetti sulla pagina contribuivano a far riemergere in superficie nel modo più libero e commovente".


Su Marcel Proust si è detto tutto (o quasi). Così la tendenza, oggi, è quella di raccontare il rapporto che il lettore ha, dall'accademico al lettore comune, con l'opera e la biografia del genio parigino. Diviso in due parti, la prima si può inserire all'interno di questo schema interpretativo. È, infatti, la presa d'atto di un momento particolare, di un momento epocale della vita di un ricercatore che per tutta la vita si è confrontato con l'immensa opera proustiana. È una confessione che segue la cifra stilistica e riflessiva che va da Agostino a Proust stesso passando per Montaigne; è un'autobiografia che l'autore racconta. Ovvero la sua storia con la Recherche di Proust, il cui primo volume ricevette come regalo di Natale durante l'ultimo anno di liceo. Perplesso inizialmente (lo stile tentacolare di Proust, si sa, la prima volta è spiazzante), ne rimane affascinato in modo inesorabile dopo. Un incontro felice, dunque, che lo scrittore romano ha coltivato intellettualmente per anni. Proust che diventa un veleno che non ha antidoti insomma, che si diffonde in ogni cellula e ti cambia la vita per sempre (argomenti e dinamiche che i proustiani riconoscono facilmente, che io riconosco). Ma nel suo racconto, nell'evoluzione della sua passione, c'è anche uno studioso che quasi (sebbene non sia possibile) prova a curarsi da quella malattia. Si avverte, infatti, quasi una forma di disincanto che prefigura, almeno sembra, una cesura nella sua vita di studioso e appassionato lettore proustiano. Con l'occhio dello scienziato, Piperno tratteggia un Proust un po' cinico, che non crede nell'amore perché non ne ha colto il senso, che ha come scopo esistenziale quello di essere ricordato anche dopo la morte. Un dialogo con se stesso alla ricerca di una verità che nel tempo si è evoluta, trasformata, che è diventata, da passione viscerale quale era, puro affetto filiale. E così Proust è diventato per Piperno il metro di giudizio per affrontare se stesso e anche gli altri autori incontrati durante la sua vita di lettore-studioso.

La seconda parte, difatti, è dedicata al confronto, per analogia o per contrasto, con altri autori. Alla maniera parallela di Plutarco, o alla maniera di Cioran, sono esercizi di ammirazione. Leggiamo quindi della comparazione tra Montaigne e Proust. Entrambi hanno vissuto un'infanzia felice, spensierata, di affetto genitoriale; hanno discendenza mista (ebrea e cattolica); sono scettici; si sono isolati per la loro opera e hanno analizzato le contraddizioni umane. 

Leggiamo di Proust e Céline. Sebbene antitetici (tutti ricordano i giudizi sprezzanti di quest'ultimo nei confronti dell'autore della Recherche), hanno entrambi avuto coscienza dell'importanza del loro stile. C'è la malattia, l'idea tragica della vita, hanno dato voce all'odio contro gli ebrei. 

Leggiamo di Proust e Nabokov. Nonostante quest'ultimo non sia del tutto attento alla magia del tono proustiano, condivide con il francese l'infanzia felice e il ritorno con la memoria a quell'epoca privilegiata. Una memoria, però, diversa: incostante e imprecisa quella del francese, precisa e perfetta quella del russo.

Leggiamo di Proust e Balzac. Stilisticamente differenti, ma con una spregiudicatezza compositiva e architettonica unica.

Leggiamo di Proust e Dante. Vicini per il tema della morte in loro così ossessiva, per il loro bisogno di salvezza, per il loro misticismo artistico, per la vendicativa legge del contrappasso. 

Leggiamo di Proust e Woolf, forse il saggio più bello. Entrambi snob, omosessuali, che mettono al centro della loro riflessione esistenziale l'arte, anziché la vita vissuta. 

Infine leggiamo di Proust e Roth, anche lui sedotto dal tempo ritrovato.

Nonostante tutto, nonostante quel senso di distacco e di presa di coscienza, con una penna seducente ma anche carica di inchiostro avvelenato, si legge tutta la passione che Piperno continua ad avere (e non potrebbe essere altrimenti) verso Marcel Proust.

6 nov 2022

Viva Gioconda! - Salvatore Fiume (Romanzo - 1943)

"La pioggia cadde per quindici giorni e quel maltempo, tutto d'un tratto, cambiò faccia al paese. Le case divennero scure e gonfie. Le grondaie piansero l'estate perduta, e gl'innamorati avevano paura d'uscire. Nel buio grigio della mia casa stavamo io e mia madre. Mio padre tornava due volte al giorno per mangiare e correva, con l'ombrello sulla testa, in bottega, appena finito. Mia madre rimaneva in cucina e mi guardava, da lì dentro, quando non mi sentiva più muovere io me ne stavo con le ginocchia strette, seduto vicino alla tenda dell'alcova e fissavo la finestra col vetro rotto, pensando alla Gioconda. Mio cugino non girava con suo padre per la posta, perciò da lei non avevo più lettere. Anche lei mi pensava da casa sua, sentendosi rimbalzare la mente in testa, perché io, da casa mia, la chiamavo col fiato, a bruciapelo".


In un'atmosfera crepuscolare, quasi notturna, si dipana il romanzo autobiografico di un pittore che sa bene come pennellare immagini anche con le parole. Il narratore è Totò (lo stesso Salvatore Fiume) che si innamora di Gioconda, una sua coetanea di 11 anni. Ma i veri protagonisti della storia non sono loro e la loro tormentata storia d'amore, ma sono Comiso e gli intrighi, i pettegolezzi, le superstizioni e le beghe dei comisani. C'è, infatti, il calzolaio Don Giovannino che scrive struggenti lettere d'amore alla figlia del sacrestano Maddalena, innamorata anche lei di un amore corrisposto ma vietato dai genitori; c'è il farmacista che si fa accompagnare dalle guardie dopo un alterco con il padre del narratore-fanciullo; c'è l'incompetente avvocato che non riesce a difendere il calzolaio; c'è il cugino di Totò, anche lui dispettoso e monello, che accompagna il padre postino e che ha il compito di recapitare le lettere che i due bambini si scambiavano. C'è, anche, il funerale del nonno del cugino; c'è il clima di fine estate che lentamente lascia spazio ai primi freschi autunnali; ci sono i genitori del ragazzo innamorato, con il racconto della loro storia d'amore e che con la loro saggezza popolare e i loro battibecchi accompagnano il lettore con ironia e tenerezza. Come quando il padre litiga con il farmacista e poi con il prete e per questo è accusato di diffamazione. C'è anche la beneficenza nel periodo natalizio per rinnovare la scuola; ci sono le rocambolesche serenate notturne sotto i balconi delle ragazze del paese; c'è l'arrivo della spagnola; c'è la Pasqua con i suoi misteri e la morte di un anziano ricco. È, dunque, un romanzo corale, in cui è descritta una povera Comiso che non c'è più, una Sicilia che non c'è più. Il romanzo si può leggere come un documento storico sugli usi e i costumi dei siciliani nella prima metà del Novecento, e anche un paio di decenni più in qua. 

Ma nell'intimo della sua bellezza, resta un regalo che l'autore ha donato alla memoria dei suoi genitori e alla sua infanzia ritrovata in queste pagine.

Lo stile, nonostante possa sembrare desueto, rimane fresco e allegro, pieno di saporite immagini e di affascinanti e raffinate metafore. Alcune pagine ricordano Bufalino. Forse un po' prolisso, rimane comunque un romanzo poetico, nostalgico, bellissimo. 

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