Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

31 mar 2012

Madame Edwarda - Georges Bataille (Racconto - 1941)


"I movimenti scomposti l'avevano denudata fino al pube: la sua nudità, ora, aveva l'assenza di senso e al tempo stesso l'eccesso di senso di un abito funebre. La cosa più strana - e la più angosciosa - era il silenzio in cui Madame Edwarda rimaneva chiusa: dalla sua sofferenza, non c'era più comunicazione possibile e io mi facevo risucchiare in quella mancanza di vie d'uscita - in quella notte del cuore, non meno deserta né meno ostile del cielo vuoto. Il suo corpo guizzante come un pesce, l'ignobile rabbia espressa dal suo viso cattivo, calcinavano in me la vita e la sbriciolavano fino alla nausea".

Il racconto è introdotto da una prefazione dell'autore di matrice filosofica; si mettono in relazione concetti apparentemente antitetici come piacere e morte, erotismo e pudicizia, al fine di cogliere in essenza la verità dell'erotismo. Disturbante, oltre che in combutta con la verità.
Il racconto invece, scritto in prima persona, è assolutamente sconvolgente, scandaloso. Inizia di notte. L'io narrante è immerso in essa e, perso ed eccitato, è attratto dal rumore di un bordello. Qui incontra una prostituta, Edwarda appunto e, in una sala dove fumo e alcool profumavano le prostitute e i clienti, hanno scambi di feroci effusioni. Sentimenti di angoscia e abbandono, legati all’eccitazione erotica, investono il narratore che si decide a stare con Edwarda. I due si spostano in una stanza, da soli. L'eros è sempre fuso con un impulso di angoscia (termine che ritorna sovente nelle pagine), di follia, di divinità, ma anche con un senso di morte che sembrerebbe essere intrinsecamente legato a tutte queste sensazioni. Consumato il rapporto, i due scappano e si perdono nella notte. Sfondo questo, si era capito, che è simbolico. Qui e con la prostituta, il narratore ha la certezza di trovarsi di fronte Dio. Per strada Edwarda-Dio, improvvisamente, colpisce e insulta il giovane cliente. Poi stramazza a terra in preda a selvagge convulsioni. Calmata, anche se sfinita, salgono su un taxi. In auto Edwarda si lancia nuda verso l'autista e ha un rapporto violento anche con lui. Mentre il narratore li osserva, pensa all'angoscia e al progressivo scivolamento verso la morte. I tre, spossati, si addormentano nella notte e il racconto si chiude con una digressione sul non senso e sull'angoscia dell'esistenza. Alla luce del giorno dopo, tutto si tramuta in indifferenza e ironia.
Non sarebbe un crimine definire questo racconto mistico. L’esperienza del narratore lo è. È in preda all’estasi, così come lo sarà Edwarda in balìa delle convulsioni, anche se la visione di Dio è scatenata dalla frenesia erotica che nella notte alita per le vie parigine.
Le descrizioni delle scene di sesso non sono filtrate, sono ruvide, dirette, ma sono anche ammorbidite dall'uso di uno stile poetico del tutto personale. Le immagini che si presentano nella mente del lettore dunque appaiono bellissime e spiazzanti per la loro contraddittorietà e ambiguità. In uno stile personale, filosofico, poetico, capace di sconvolgere e scandalizzare, non manca l’ironia dei doppi sensi. 
Per farla breve, un bellissimo racconto erotico-mistico-filosofico.

26 mar 2012

Stanley Kubrick. Full Metal Jacket - Roy Menarini, Claudio Bisoni (Saggio - 2002)


"Kubrick tratta lo sguardo come un oggetto. Separa gli occhi dall'attività scopico-percettiva, mette in scena corpi che vedono privati del proprio referente di visione e cose viste da luoghi svuotati di soggettività vedente. L'occhio si fa entità inerme, lo sguardo di centro di irradiamento di un vedere ormai disincarnato".

Per gli autori di questa notevole monografia, il penultimo film di Kubrick sembra l'opera somma, l'opera definitiva dell'immenso cineasta. In esso vi sarebbe espressa in sintesi tutta la filosofia kubrickiana. Angoscia, paura, follia, pessimismo, realismo e astrattismo, contraddizione si concentrano in un solo film. 
Raccontati i retroscena della pre-produzione - non mancano aneddoti e chicche interessantissime - l’analisi si concentra sugli aspetti tecnici del film. Si mette in luce ancora una volta il carattere volutamente antinomico della filmografia kubrickiana. Ordine e caos, pace e guerra coesistono, si penetrano fino a confondersi nell'uomo, in quell'essere capace di amare e di uccidere al contempo. L’analisi poi si sposta verso le possibili chiavi di lettura e i parallelismi con altri film, suoi e non, citando spesso l’importante libro del prof. Bernardi. Dall'osservazione di singole sequenze, quasi dei singoli fotogrammi, gli autori pongono l’accento sempre più marcatamente su quanto le intenzioni di Kubrick siano attente, filosoficamente studiate, non lasciate al caso. Siamo di fronte a quella celebre espressione del 'cinema-cervello' di deleuzeiana memoria.
Solito buon libro della Lindau.

23 mar 2012

Al mio giudice - Alessandro Perissinotto (Romanzo - 2004)


"Per me lo spettacolo è iniziato prima di entrare nel locale, guardando il quartiere a luci rosse. Lei lo ha mai visto, signor giudice? Da qualunque parte tu ci arrivi, ti accorgi pian piano che ti stai addentrando in un luogo particolare, a metà tra Disneyland e Gomorra".

Luca Barberis, omicida per vendetta, latitante per scelta e paura, hacker di esperienza, invia una lunga serie di e-mail alla giudice Giulia Ambrosini, incaricata di catturarlo. In questo esplicito omaggio a Simenon, la storia si dipana tra ricordi di dettagli per ricostruire la verità e stuzzicanti avventure da ricercato. 

Anche se a tratti ridondante di particolari e storie superflue, il romanzo si legge piacevolmente.

12 mar 2012

Dostoevskij e l'uccisione del padre - Sigmund Freud (Saggio - 1928)


"Ora tu sei il padre, ma il padre morto; il meccanismo abituale dei sintomi isterici. E dunque: ora il padre ti uccide. Per l'Io il sintomo di morte è un soddisfacimento della fantasia del desiderio maschile e, al tempo stesso, un soddisfacimento masochistico; per il Super-io un soddisfacimento punitivo, ovvero un soddisfacimento sadico. Entrambi, Io e Super-io, continuano a recitare la parte del padre". 

In questo breve saggio Freud non discute sul Dostoevskij artista; lo paragona a Shakespeare ed è lampante che sia un autore che ama. L’analisi invece inizia quando Freud si concentra sul non apprezzato Dostoevskij moralista, l’uomo che aspira alla santità, che si sente vicino a Cristo e a un’idea di liberazione dell’uomo inumana. Lo scrittore peccherebbe, infatti, della mancata rinuncia del peccato in modo da non pentirsi un attimo dopo. Un moralista dunque che vive imbevuto di sensi di colpa; che è sadico e masochista al contempo. Ambivalenza quest’ultima che farebbe di Dostoevskij un nevrotico. E l’epilessia, manifestata violentemente quando morì il padre, ne sarebbe solo il sintomo. Freud vede, inoltre, una disposizione inaccettabilmente bisessuale che rafforzerebbe ancora di più la nevrosi. Ecco quindi spiegate le manie dello scrittore russo, le sue difficoltà relazionali, il vizio ossessivo e punitivo per il gioco. 
Un saggio in cui Freud, con la solita onestà intellettuale, il solito brillante spirito pacato ma deciso, la solita raggiante analisi, avendo di base solo pochi riferimenti biografici (vera pecca, ma esteticamente ininfluente), riesce a definire un carattere, una personalità, un quadro psicanalitico preciso. 

3 mar 2012

L'anno della vittoria - Mario Rigoni Stern (Romanzo - 1985)


"Si avvicinò al focolare, aprì la cenere e mise a nudo alcune braci, ravvivò il fuoco e si fermò immobile, in piedi, a guardare le fiamme e le faville che salivano su per la cappa nera. Silenziosamente incominciò a piangere, sentiva che con quel fuoco e con quelle lacrime finiva anche la sua giovinezza".

Il secondo capitolo della 'Trilogia dell'altipiano', che possiamo dividere in due parti, inizia con una veloce descrizione dell'ultimo bombardamento sui monti del '18, con un delizioso richiamo a Tönle, con il ricordo della fuga dei civili verso la pianura nel ‘16. Tönle, il cui richiamo lungo tutto il romanzo evoca tenerezza e affetto, è appena morto, ma il suo spirito rinasce in Matteo. È quest’ultimo, infatti, il protagonista della storia, un adolescente cresciuto in fretta, segnato dalla guerra, che ha lo stesso animo di Tönle, la sua stessa forza, la stessa passione per la vita. Di ritorno nel suo Altipiano, il giovane si misura con la distruzione che la stupidità umana ha prodotto, ma si confronta anche con la malattia e la morte che l'epidemia di spagnola porterà nella sua famiglia. La straziante pagina della morte di Orsola colpita dalla febbre, la sorella più piccola di Matteo, una nuova Cecilia di manzoniana memoria, è tra le più belle dell'intero romanzo. Straordinario nella sua fugacità anche il ricordo ovattato di Caterina, una bambina anch’essa rapita dalla febbre.
La seconda parte del romanzo, mentre la figura di Matteo quasi svanisce e prende forza il collettivo, è dedicata alla ricostruzione, quando tutti, ciascuno nel suo piccolo, cercano di far risorgere un mondo che per molto era stato messo in parentesi dalla Guerra. Le abitazioni non esistono più, l’economia è da ricostruire per intero, ma lo spirito di sopravvivenza e l’amore per la propria terra porteranno i diversi personaggi a rimboccarsi le maniche e a ricostruire, almeno nelle intenzioni, un mondo migliore. In questa prospettiva il finale, con la nascita in casa di Matteo di un'altra sorella, o fratello, segna una nota di speranza.

A differenza del primo, per forza di cose questo romanzo è più compatto, meno dispersivo. Forse per questo a tratti è anche più bello, anche se la figura di Tönle resta memorabile.

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