Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

26 ott 2023

Un incontro con Proust - Jacques Benoist-Méchin (Saggio - 1957)

"Com'era lontano il nobile cavaliere che mi ero preparato a vedere da questo mago assiro dalle palpebre cascanti, e che ora si rivolgeva a me con una voce soffocata! Ma ecco, all'improvviso, scoprii i suoi occhi: due occhi di velluto, scuri, profondi e penetranti (due occhi proprio da nictalopo, come diceva Marthe Bibesco). Luminosi, vellutati, splendenti intelligenza, essi sono restati impressi nella mia memoria come mi guardassero ancora. Ne rimasi incantato, e compresi all'istante che quell'ombra moribonda che mi teneva la mano non era quella di un malato qualsiasi, ma tutto quel che restava di un uomo che aveva deliberatamente sacrificato la propria vita alla sua opera e che da questa si era lasciato letteralmente divorare".


Benoist-Méchin, ancora ventenne, lettore appassionato dei primi volumi della Recherche, gli unici pubblicati mentre Proust era in vita, nonostante il periodo postbellico incontra il critico tedesco Curtius (che aveva appena pubblicato un volume sugli scrittori francesi più importanti, senza citare Proust) e gli chiede di tradurre in tedesco alcune delle meravigliose pagine proustiane. Così il francese si propone di mediare tra i due e decide di scrivere a Proust. Quest'ultimo con la delicatezza e la dolcezza che gli appartengono dà il benestare all'operazione. Vuole, però, che il giovane Benoist-Méchin gli mandi un suo ritratto, perché interessato a studiarne i tratti al fine di trovare quella della madre del giovane che aveva conosciuto poco prima. 

Dopo un cordiale scambio epistolare, nell'estate del 1922 all'hotel Ritz di Parigi, il futuro storico francese incontra Proust, ormai prossimo alla morte. Nel volumetto sono raccolte tutte le impressioni che Benoist-Méchin ha avuto prima e durante quell'incontro. Dallo scambio di opinioni che i due avranno, emerge un Proust affaticato, distrutto dal suo sforzo quasi sovrumano di ritrovare il tempo perduto, ma attento alla sua aspirazione ultima: riuscire a contemplare la vita terrena, recuperando il suo passato e allo stesso tempo arrivare alla memoria di tutti i passati in una visione universale e di comunione. 

Il volume è corredato da un commovente apparato fotografico; una perla.


24 ott 2023

Poesie - Marcel Proust (Poesia - 1888/1922)

"Il tempo tutto cancella come le onde i giochi costruiti dai bimbi sulla sabbia spianata,

così precise e vaghe dimenticheremo parole dietro le quali ognuno sentiva l'infinito".

(Da "Contemplo spesso il cielo della mia memoria")


Le poesie scoperte nel 1979, ritrovate nelle lettere e dedicate agli amici intimi di Proust, sono state pubblicate negli anni Ottanta del secolo scorso. Quelle che ritraggono pittori e musicisti, anch'esse raccolte ne volume, invece erano già state pubblicate nella raccolta giovanile I piaceri e i giorni. Sono dei giochi, delle distrazioni che lo scrittore si è concesso. Eppure, nonostante le occasioni siano spesso ludiche, come nell'intera produzione proustiana rappresentano un universo in espansione che confluisce nei temi della Recherche. Poesie di occasione senza pretesa di serietà, sono scritte per perdere del tempo, sono in qualche modo preludi che anticipano la Recherche. In alcuni casi sono anche occasioni sociali per Proust, un altro modo per stare vicino a quel mondo quella mondanità che nei suoi ultimi anni aveva abbandonato, per dedicarsi alla scrittura totale del suo capolavoro.

Le poesie in sé sono abbastanza mediocri, e leggendole si capisce il motivo per cui Proust non si è speso per la loro pubblicazione. 


23 ott 2023

Dalla parte di Proust - Stefano Brugnolo (Saggio - 2022)

"Per molti aspetti Proust è stato un grande pensatore. Uso a bella posta questa parola, che ad alcuni farà storcere il naso. Quando si è letta la Recherche la sensazione è quella di vedere il mondo da un'altra prospettiva, con altri occhi o occhiali. Cambia la visione, ma non nel senso della Weltanschauung, bensì in quello che punta a privilegiare il vedere (o il percepire o il sentire) rispetto al sapere (inteso come insieme di nozioni acquisite e date per scontate). Per poter apprezzare il pensiero di Proust occorre dunque liberarsi dall'idea che l'unica forma di pensiero valido sia quello proposizionale, concettuale, che procede per argomentazioni e dimostrazioni logiche"


La Recherche, si sa, può apparire, nella sua monumentalità, un romanzo difficile. E non è una percezione sbagliata in fin dei conti. Eppure questo romanzo assoluto, poliedrico e totale è disponibile a dialogare con tutti e a destare forti emozioni e riflessioni. Proust è un autore moderno, da subito un classico e quindi uno scrittore contemporaneo, attuale, in grado di dirci qualcosa di nuovo anche oggi. Una narrativa, quella proustiana, carica di verità teoretiche. Nel senso che lo scrittore, partendo da osservazioni sensoriali e particolari (gesti, espressioni facciali e verbali, situazioni), riesce a sviluppare e a recuperare leggi universali. Narrativa, saggistica, immaginazione, intelligenza analitica, metafora convergono nell'opera proustiana e tutti i personaggi, l'autore stesso e ovviamente il lettore sono costretti a misurarsi con le proprie intime verità, che solitamente tendono a nascondersi e a mistificarsi. Un romanzo alla ricerca della verità, dunque. Uno scrittore che è al contempo un filosofo, che studia i processi selettivi della memoria fluida, una memoria metamorfica che trova, però, una salvezza solo nell'arte, nella letteratura, nel romanzo che ha appena finito di scrivere. È questo il tema della percezione della memoria del tempo. 

Brugnolo riflette anche sulla capacità straordinaria di Proust di teorizzare la letteratura, che trova nella Recherche uno sviluppo organico e minuzioso del Contro Sainte-Beuve. Il suo metodo analogico-metaforico, che secondo l'autore ricorda il metodo mitico di Joyce, è utilizzato sempre e solo per cercare la verità, sia essa parziale, sia essa totale. Capacità interpretative che lo avvicinano alle intuizioni che Freud ha avuto nei suoi studi sul sogno e sulla psicoanalisi. 

In un capitolo è studiato, inoltre, il rapporto che l'autore della Recherche ha con la storia e la società. Un interessante confronto tra le tesi sostenute da Charlus (personaggio tra i più interessanti dell'intero romanzo) e quelle di Schmitt e della sua idea politica di destra secondo cui essa sta tutta nella distinzione tra amico e nemico. Confronto azzardato a primo sguardo, ma che invece cela germi di verità. Rapporti di società che si semplificano nelle pagine, per esempio, dedicate al caso Dreyfus, tanto discusso nei salotti dell'alta borghesia. 

Nel saggio c'è spazio per alcune considerazioni su lettori e critici di Proust, come Orlando (il maestro dell'autore del volume), Curtius, Ginzburg, Lavagetto, Sartre. Per concludere con un confronto tra Mallarmé e lo stesso Proust sul ruolo della letteratura (dopo la morte di Dio e di tutti i valori) come alternativa della religione. La letteratura, dunque, non intesa come arte per l'arte, bensì come la sola in grado di dare senso alla vita. 

L'ultimo capitolo riguarda i temi dello snobismo, della gelosia, dell'omosessualità, dell'ebraismo trattati con la profondità analitica di Proust e accompagnati genialmente dalle sue toccate comiche. Proust come sociologo quindi, che interpretando il suo tempo dei salotti alto-borghesi e aristocratici ne ha profetizzato il nostro.

L'impressione (positiva) è che il critico legga il capolavoro proustiano in una chiave di lettura deplatonizzante, lontana da quella di Deleuze, più legata a principi empirici, anti-metafisici e immanenti. Sullo sfondo, invece, aleggia Freud. Non tanto come lettura psicanalitica della Recherche, quanto di una coppia, Proust-Freud, che per vie diverse e con metodi diversi è stata in grado di intuire e descrivere quei lati oscuri e quasi impenetrabili della nostra mente.

Gli argomenti sono analizzati con lo sguardo dell'accademico, ma anche con la pazienza e la semplicità del divulgatore. Uno dei migliori saggi dedicati a Proust in questi ultimi anni.

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