Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

24 giu 2010

Caino - José Saramago (Romanzo - 2009)

"Ora ci interessa solo la famiglia di cui babbo adamo è la testa, e che brutta testa è stata, del resto non vediamo come definirla altrimenti, giacché bastò che la donna gli avesse portato il frutto proibito della conoscenza del bene e del male perché lo sconsiderato primo dei patriarchi, dopo essersi fatto pregare, in verità più per compiacere se stesso che per vera e propria convinzione, se lo fosse ingurgitato, lasciando noialtri, gli uomini, segnati per sempre da quell'irritante pezzo di mela che non va né su né giù"

Nel suo ultimo romanzo, che ha visto soprattutto la potentissima Chiesa portoghese quale grande oppositrice, il contestatissimo nobel portoghese rivisita l'Antico Testamento attraverso le riflessioni e i viaggi già di per sé assurdi del protagonista, Caino, il malvagio fratricida per eccellenza. Nel dialogo interiore, e più volte finanche con un Dio giudice ma incapace di giustizia, Caino comprende quanto lo stesso Dio, suo onnisciente creatore, sia quantomeno il più malvagio tra i due. E', da poco prima dell'assassinio di Abele, la storia di una sfida dunque.
Come un classico picaro, Caino attraverserà i primi libri della Bibbia raccontandoci le storie in essa contenute da una prospettiva differente, asciutta, arrabbiata magari, ma finemente critica e per quello che è nella realtà della riflessione. Dio, infatti, ci appare creatore crudele, onnipotente (ma che tutto non può), onnisciente (ma che tutto non sa e prevede); invidioso, sofferente di solitudine, ingiusto, egoista, negligente, geloso, superbo. Rivedendo le mitologie ebraico - cristiane, l’acutissimo autore appena scomparso ci induce a riflettere sulle assurdità derivabili da simili storie. I quesiti che si pone Caino, quest'uomo condannato a vivere in un tempo prolungato e distorto, in cui il futuro può addirittura precedere il passato, lo persuadono della malvagità e dell'ingiustizia di Dio.
In realtà le sue domande sono le ovvie domande che chiunque, provvisto di buon senso, dovrebbe porgersi. E appena poste, le uniche risposte accettabili saranno, sorridendo e un po' spaventandosi, di protesta, di esclusione, di rinnegazione verso simili storie che dipingono un Dio infinitamente buono e giusto, e verso simili divinità che possano esistere.
Adesso si capisce perché la Chiesa sia terrorizzata dell'opera di Saramago. Stimola innanzitutto la meditazione, la messa in dubbio di verità assolute e ciò, per loro, per gli uomini di chiesa, non è tollerabile!
Potentemente ironico, intensamente umoristico, duro alle volte, filosofico, lo stile di Saramago non permette al lettore di liberarsi dalla lettura. I richiami alla sessualità, anche espliciti, poi divertono e appiccicano gli occhi e l'immaginazione alle pagine. Del resto il sesso, il desiderio, la carnalità sono i motori che, da sempre, fanno muovere questo mondo...

Non saprei scegliere quale tra il precedente "Il Vangelo di Gesù Cristo", per tematiche e profondità del tutto simile, e questo preferisca. Entrambi sono capolavori d’ironia, ingegno e sprezzante quanto lucida derisione. Non saprei davvero...
Per fortuna sono esistiti certi autori, per fortuna esistono certi libri!

22 giu 2010

Vita nuova - Dante Alighieri (Romanzo - 1295)

"E dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo lo mio letto, credendo che lo mio piangere e le mie parole fossero solamente per lo dolore de la mia infermitade, con grande paura cominciò a piangere"

Un prosimetro senza dubbio, nello stile e nella forma vetuste, oggi improponibile, eppure le analisi autoesegetiche, almeno nel modo di proporle all'interno del romanzo, frastornano e sbalordiscono per la loro modernità. Prosa narrativa, poesia, critica letteraria e filosofica insieme condensati in un romanzo sui generis che serve al poeta fiorentino, da pensatore fine e colto qual era, per esprimere la sua idea di donna, di bellezza, di amore. Argomenti, nei modi e nei sensi, tutti superati ormai, è inevitabile, ciononostante conservano tuttora quel fascino che solo antiche parole possono, perfino anche sorridendo, rievocare. Celebri i passi che rileggendo ritornano alla memoria. Del resto è nelle intenzioni di Dante rievocare delle immagini precise, cariche di simboli (il numero nove, fissazione dantesca, ad esempio è onnipresente), per scrivere un diario di ricordi.
Astrologia, teologia, allegorie, visioni oniriche vertiginose e anche terrificanti, alleati del poeta per esaltare la donna ambita, la donna angelo, Beatrice. E' vero, amore e sentimenti descritti sono così ingenui che adesso non avremmo dubbi a definire adolescenziali. La passione è solo spirituale, la donna è puro angelo, puro spirito; la passione è quindi scevra da coinvolgimenti carnali, dagli sconvolgimenti dei sensi e non solo della ragione. Per fortuna Petrarca e ancor più Boccaccio sono dietro l'angolo...
In tutto questo gioco di semplicità e pesantezza, tra sentimenti acerbi e strutture e forme in qualche modo molto moderne, trovo interessante pensare che la "Vita nuova", perlomeno la sua eroina, sarà intertestualmente celebrata nell'opera somma del sommo poeta.

20 giu 2010

In silenzio - Luigi Pirandello (Racconti - 1923)

"Perché, caro signore, non sappiamo da che cosa sia fatto, ma c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia nella gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai soddisfare, perché la vita, nell'atto stesso che la viviamo, è così sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare. Il sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro"

Il titolo della raccolta è tratto dall'omonimo racconto che apre la sequela di storie, per lo più ambientate a Roma e in Sicilia, in cui il leitmotiv sembra essere un profondo senso d'angoscia, un'oppressione che ha le sembianze della schiavitù. I personaggi, infatti, sono vittime del proprio destino, incapaci di lottare fino alla fine, afflitti da una condizione di smarrimento che li spinge a vivere nella notte della nullità. Sono schiavi degli eventi, come storicamente sono stati i siciliani...
L'influenza verghiana è molto forte e non mancano i richiami alla “roba” ad esempio. Ma le questioni principali sono diverse e profonde, peculiari di una certa opera pirandelliana. I singoli personaggi e le loro venture si relazionano di solito a quelle dei familiari. Non pare esistere l'individuo assoluto in Pirandello, solo l'io e gli altri; l'io e la famiglia soprattutto. La famiglia appunto, altro tema dei racconti. Tra affetti e difetti, tra amore e odio, le relazioni familiari sono causa di dannazione e condanna, e i singoli sono solo lucide vittime che non possono e non sanno reagire. Il tema della morte poi; la morte che non è possibilità bensì esclusione e annullamento, altro motivo ricorrente in questi racconti e non solo. La morte fa paura eppure può anche essere un nulla su cui aggrapparsi per far fronte all'insensatezza della vita, alla malattia. La malattia anche, non solo quella della vita, altro argomento quasi sempre presente.
Identità, famiglia, morte, malattia dunque, tutti concetti che si ritrovano nell'intera opera pirandelliana e che tanto hanno segnato la letteratura novecentesca.

Nota: i racconti che più mi sono piaciuti, "La morte addosso" e "Una voce".

17 giu 2010

Feste popolari siciliane - Giuseppe Pitrè (Saggio - 1881)

"Un braccio sulla schiena ed uno in alto (imitazione della figura del santo allorché fu frecciato) urlando viva san Bastiano! ad ogni gomito di strada, fermavansi appena, dopo due, tre chilometri di corsa, per bere in fretta un sorso di vino che i pietosi amministratori facevan distribuire sulle entrate della festa; e poi correvano, correvano, ansanti, trafelati, inebriati men dalla stanchezza e dal vino che dal loro fanatismo. Dieci o dodici chilometri di corsa per arrivare a Melilli!"

Con uno stile antico e affascinante, lo studioso palermitano ci conduce verso i colori, gli odori e i gusti delle più importanti feste siciliane dell'anno. Si ripercorre l'intero calendario, le quattro stagioni, e con esse si possono rivisitare e avvertire i cambiamenti che il diverso clima impone alla natura, spesso semplice e povera come quella siciliana. E' un libro di poesia e immaginazione, di immagini vecchie e lontane simili ai quadri di un Poussin o di un Lorrain, oramai sopravissuti solo nel nostro animo di fanciulli incantati dalla notte e dai ricordi. Molte feste e usanze descritte dal "demopsicologo" sono scomparse, altre resistono agonizzanti, ed è inevitabile che prima o poi scompariranno anch'esse. Da qui un forte, ma non troppo, senso di nostalgia e di rammarico verso la lentezza e la semplicità che certe tradizioni, certe superstizioni, suscitavano nelle menti di uomini e donne invasati di miti e credenze religiose.
Si percepisce tra le pagine quanto forte fosse (e sia) il legame tra il comune e la chiesa, tra il laico e il religioso, e quanto politeismo importato, vestito da pesanti cappotti di monoteismo, dimori nelle tradizioni religiose.
Curiosi e divertenti i detti e i proverbi (rigorosamente in siciliano) sui santi e sulle date collegate ai loro festeggiamenti. Divertono pure gli usi gastronomici delle varie ricorrenze. Ciascuna di esse ha il suo cibo, di solito un gustosissimo dolce dal nome astruso e quasi impronunciabile, preparato dai frutti che le stagioni possono offrire.

15 giu 2010

Matrimonio e morale - Bertrand Russell (Saggio - 1929)

"Gli abitanti delle isole Pelew credono che la perforazione del naso sia necessaria per conquistare la beatitudine eterna. Gli europei credono che la stessa mèta sia più facilmente raggiungibile col bagnare la testa e pronunciare contemporaneamente certe parole. La fede degli isolani delle Pelew è superstizione, quella degli europei una delle verità della nostra santa religione"

In un periodo storico dominato dall'ipocrisia e dal puritanesimo morale, Russell pubblicò una raccolta di saggi sulla libertà: la libertà sessuale soprattutto! Al di là del coraggio del già celeberrimo filosofo di Cambridge, traspare tra le pagine la sua straordinaria capacità divulgativa. La lettura, infatti, scorre come un fiume di montagna carico di acque cristalline e sempre nuove. Lucido, preciso, secco, deciso, prepotente alle volte, il pensiero si dipana con l'attenzione e la logica che ormai sappiamo essere proprie di Russell. Per tutto ciò quest'ultimo appare scandaloso, anticonformista, libero. Mi piace!
I concetti rivelati dall’autore un paio di anni prima del “Perché non sono cristiano” (quasi tutti condivisibili), nella nostra società vincolata da pregiudizi e pietosi disprezzi, sono tuttora inattuali. Russell si serve degli studi antropologici per avere conferma delle sue tesi e mi sorprende come il filosofo fosse, e sia, fuori dai tempi imposti da fugaci filosofie prevalenti. I saggi, di riflesso, sono anche il pretesto per criticare una bigotta e imperante etica sessuale che, per forza di cose, non è libera, non è ancorata alla verità.

Certune idee, come quelle razziste e sull'eugenetica, furono superate da Russell anni dopo. Nondimeno scandalizza e disorienta ancora leggerle...
E' probabile che alcuni miei pensieri in merito siano più radicali e quindi su certi paletti fissati da Russell posso anche dissentire, eppure il suo rimane un solidissimo presupposto dal quale non posso non costruire una struttura di pensiero positiva e propositiva.
Oggi, in un periodo storico dominato da classi dirigenti a loro volta dominate dall'ipocrisia e dal puritanesimo morale, questo libro dovrebbero leggerlo tutti, persino i bigotti.

9 giu 2010

Bouvard e Pécuchet - Gustave Flaubert (Romanzo - 1881)

"In alto il cielo era coperto di stelle; alcune brillavano in gruppo, altre allineate, altre ancora solitarie, a lunghi intervalli. Una zona di polvere luminosa, che andava dal nord verso mezzogiorno, si biforcava al di sopra delle loro teste. C'erano tra queste luminosità grandi spazi vuoti; e il firmamento pareva un mare azzurro pieno di arcipelaghi e isolotti"

L'ultimo romanzo di Flaubert, filosofico, incompiuto, sacrilego, pessimista, modernissimo, è la celebrazione dei limiti dell'uomo. L'uomo infatti, con il suo meraviglioso desiderio di sapere e capire, non può in definitiva riuscire a sapere. Le scienze cui presta fede, sia esse scientifiche sia esse umaniste, non potranno mai afferrare la verità ultima; sono, per loro stessa natura, destinate a fallire. Persino la scrittura, e quindi l'arte, non ha significato. Sono tutte inadeguate a rispondere alle domande del mondo e a modificarlo. E' vero, Bouvard e Pécuchet sono degli sciocchi ottimisti, sicuri dell'utilità delle scienze e del progresso, che non sanno affrontare e decidere un cammino conclusivo. Tuttavia è anche vero che ciascuna scienza conserva in sé un lato oscuro, un orizzonte entro cui potervi scorgere pericolose notti…
La storia di questi due amici è, dunque, una storia di fallimenti. Da contadini, allevatori, coltivatori, chimici, anatomisti, astronomi, geologi, archeologi, critici letterari, attori teatrali, filosofi estetici, politici, economisti, amanti, ginnasti, spiritisti, metafisici, cristiani, pedagoghi - elenco e quasi gerarchia delle scienze! - non riescono mai a segnare un punto.
Le figure dei due amici condensano un’iniziale passione per la conoscenza tout court. Finiranno invece per essere dei tardi volumi enciclopedici viventi. Di tutto sanno, ma senza riuscire a trovare un senso, una risposta che sia certa, definitiva. Persino della ricerca stessa perderanno il tormento. Appesantiti di conoscenza, adagio si allontanano dal mondo, indifferenti a tutto e a tutti. Finiranno per copiare, senza pensare su quanto scritto, pagine e pagine. Un’enorme enumerazione e postille di tutto ciò che gli passa tra le mani.
Da notare che ogni rovina è spesso l'effetto dell'insegnamento dei libri... I libri, infatti, le opinioni anche in merito a questioni scientifiche attribuite dai diversi autori, determinano contraddizioni, contrapposizioni trascinando all'immobilismo i poveri autodidatti. Neanche l'esperienza, l'accumulo di conoscenza acquisita, per loro l'unico appiglio di salvataggio, sarà d'aiuto.

La storia dopo pochi capitoli diventa monotona e alla lunga noiosa. Però, il gusto raffinato per le descrizioni, tipico del romanzo ottocentesco, e la carica moderna del significato sono propellenti sufficienti per portare a termine la lettura. Tra l'altro, nei dialoghi tra i due amici è possibile conoscere i gusti letterari e artistici di Flaubert...

7 giu 2010

Il cristianesimo edonista - Michel Onfray (Saggio - 2006)

"Tanto più che Gesù salito al cielo e risuscitato tre giorni dopo la sua crocifissione gareggia in miracoli con Simon Mago che vola nel cielo di Roma, con Marco che soggioga le donne trasformando il contenuto di coppe in sangue virtuale, o con Basilide che afferma che Gesù utilizza un incantesimo per far crocifiggere Simone di Cirene al suo posto. La costruzione del cristianesimo nuota in queste stesse acque"

Secondo capitolo della - come recita il sottotitolo - "Controstoria della filosofia", Onfray si cura di quei filosofi che sono stati definiti "sconfitti" dalla storia. In questo volume in particolare è illustrato un periodo scuro che è stato l'artefice, innanzitutto materiale, della scomparsa del pensiero materialista, antimetafisico ed edonista. Un luminoso e gioioso pensiero classico che vedeva nel piacere, nel desiderio, nella passione, nella pulsione naturale degli uomini uno strumento per vivere una vita felice, equilibrata, sapiente. Da qui il rammarico e la collera che in ogni pagina trasudano. E' la perdita definitiva di tutta quella cultura alternativa, che la devastazione delle biblioteche da parte dei misericordiosi e caritatevoli cristiani ha causato, a innescare (e per questo anche a ravvivare e quindi divertire il lettore) gli strali del filosofo francese.
Nello sfogliare le pagine, è inevitabile leggere le ragioni della prepotente vittoria cristiana; una religione che si è imposta, a differenza di altre del tutto simili, grazie all'appoggio politico di imperatori opportunisti. Le sette gnostiche, ad esempio, sono tutte incredibilmente incredibili, assurdamente assurde, è vero, ma allo stesso modo dell'altra setta, quella cristiana. Almeno però le "sconfitte" insegnavano ad avere cura del proprio corpo, vedendo nel piacere una forma di cura di sé e del mondo...
I capitoli delineano cronologicamente le sette degli gnostici, degli adepti del Libero Spirito, per arrivare ai quasi semisconosciuti filosofi rinascimentali e concludere con Montaigne. Tutti o quasi nomi ignoti, nomi che potrebbero essere santificati nell'Olimpo del piacere, della carne, della lussuria. A Montaigne, più di tutti, il fondatore dell'Università Popolare di Caen, dedica un corposo capitolo. Il creatore di un "epicureismo cristiano" lo definisce. L'autore dei "Saggi" che diventerà il modello per quei filosofi che vedranno nell'epicureismo, nell'edonismo, fino all’agnosticismo e all'ateismo, la base per i loro sistemi filosofici.

Con uno stile ironico, magnetico, riesce a trascinare il lettore, e le numerose criptocitazioni sono sempre divertenti e cattive!

4 giu 2010

La morte a Venezia, Tristano, Cane e padrone - Thomas Mann (Racconti - 1912, 1903, 1919)

"Per cui noi rinunciamo alla conoscenza che dipana, poiché la conoscenza, o Fedro, non ha dignità né rigore; la conoscenza è sapiente, comprensiva, capace di perdono, senza carattere e senza forma; essa ha simpatia per l'abisso, essa è l'abisso"

La morte a Venezia
Gustav Aschenbach è uno scrittore che non racconta solo storie, ma che attraverso esse pretende di dire qualcosa. Lo scrittore desidera un luogo per ispirarsi, dove potere dire qualcosa e invece si ritrova serrato dalla vanità e dalla futilità di un mondo che non gli appartiene. Se dovessimo dipingere un quadro, questo, all'inizio, sarebbe pennellato con spenti colori grigiastri. Pittureremmo una Venezia maleodorante, soffocata dai miasmi di un colera latente. Poi, però, i colori diverrebbero più violenti, più brillanti...
Aschenbach è un voyeur disincantato dal mondo, dalla sua bruttezza, ma al contempo incantato dalla bellezza di un giovanissimo ragazzo polacco. E come un voyeur, fissa maniacalmente la sua attenzione su questo giovinetto dalle fattezze di un dio greco; sulla Bellezza. Dimentica i miasmi, l'afa; dimentica le ignobiltà del mondo, e alla fine il quadro, nell’ossessione di un pittore alla ricerca della perfezione, si colorerà di nero.

Tristano
Le atmosfere ospedaliere e allo stesso tempo fresche del sanatorio riecheggeranno di nuovo nel romanzo capolavoro di Mann, “La montagna incantata”. Nel racconto, un altro scrittore, assillato come Aschenbach dalla bellezza, è il protagonista. Schivo, disilluso, a tratti forse un poco melenso, si lascia attrarre dalla bellezza malata di una giovane donna sposata. Piano piano cresce l'interesse verso di lei. E si ribellerà contro il marito, tutto preso questo dalla semplice ingordigia dei commerci, con una lettera che mostra solo la sua vigliaccheria e la sua inettitudine verso le cose del mondo. La reazione a viso aperto del marito, franca e vitale, mentre la donna sputa il suo sangue tisico, zittisce il disilluso sognatore.

Cane e padrone
Racconto lungo poco affascinante, è la storia di un uomo felice del suo cane. Lo omaggia dedicandogli dei racconti nei quali ne esalta virtù e gioie insieme alla bellezza dei paesaggi in cui vivono. Un racconto che potrà piacere ai cinofili...

Il tema essenziale dei tre racconti è la Bellezza, sia che essa stordisce, sia che essa ammutolisce, sia che essa si fa vitale. In ogni caso, alla Bellezza i protagonisti di Mann vi scorgono un senso, una pulsione potentissima verso il pensiero e l'estasi che, prima o dopo, sebbene assorbiti nel proprio incanto, li porrà di fronte alla crudeltà della vita e della morte della vita.

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