Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 dic 2023

La Grande Guerra sul Fronte Dolomitico - Antonella Fornari (Saggio - 2014)

"Il Comando Italiano riteneva piuttosto improbabile che gli Austriaci si sarebbero spinti fin lassù a causa delle difficoltà e dell'asprezza del terreno. Fu un gravissimo errore di valutazione perché il 30 giugno 1915, la guida tirolese Joseph Innerkofler, superato il Vallon della Sentinella (Andertertal), non solo valicò il passo in tutta tranquillità, ma pernottò in Vallon Popera potendo così osservare come le nostre truppe si stessero organizzando. IL 4 luglio 1915, poi, Vinzenz Goller, con una pattuglia volante, salì ad occuparlo stabilmente cosicché, quando gli Italiani - del tutto ignari - partirono all'alba per la solita ricognizione, furono accolti da una scarica di fucilate".


Recuperare le memorie di singoli uomini, di singole cime, di singoli passi è un esercizio amorevole e allo stesso tempo doveroso. Ci dà l'idea più cruda e toccante, partendo dal particolare, di cosa sia stata la Grande guerra in generale. Il fronte Dolomitico è il vero protagonista di questa storia. È storia, anche, di uomini coraggiosi, di battaglie cruenti, di cime impervie, di freddi inconcepibili; di nomi che sono diventati miti, come Cime di Lavaredo, Torri di Falzarego, Passo della Sentinella, Sasso del Mistero. Qui, sulle cime così alte, bellissime e impervie, si è combattuta una guerra sanguinosa, assurda, inimmaginabili. 

Raccontate con un po' di retorica, i racconti sono accompagnati da bellissime foto dall'alto contenuto storico e morale.

2 dic 2023

Taccuino per stenografia - Emil Mihai Cioran (Saggio 1937-1938)

"che io anneghi nel mio stesso annichilamento - fragranza"

"sentire i propri passi in altri secoli -"

"Pascal ma soprattutto Nietzsche - sembrano giornalisti dell'eternità"

"Se fossi stato Dio, avrei fatto tutto di me, tranne che un uomo - Quanto sarebbe stato grande Gesù, se fosse stato un po' più misantropo!"


Scritto in romeno durante i primi anni francesi, questo quadernetto di appunti, ma anche di lampi di genio, è stato concepito da Cioran per uso privato. Una palestra di scrittura, un diario, una confessione in cui il romeno si sfoga e cerca di dare forma a un pensiero tragico e nichilista. Nel suo carattere estemporaneo e nel suo confronto con l'eternità sta la particolarità di questo volumetto. I tormenti dell'uomo Cioran, le sue disperazioni sono riversati in queste pagine di lotta contro il mondo, ma anche contro se stesso e, non poteva essere altrimenti, contro Dio. Unico fine: trovare sollievo, trovare una qualche forma di liberazione e di autenticità. 

Il libretto è impreziosito dal testo a fronte, da una breve introduzione di Eugène van Itterbeek e una postfazione di Antonio Di Gennaro. 

Il saggio di Antonio Di Gennaro, in particolare, verte sul rapporto contraddittorio che Cioran ha avuto con Parigi, città affascinante ma triste, luminosa e malinconica, e allo stesso tempo agonizzante. La bicicletta, quindi, diventa il mezzo che gli ha permesso letteralmente di non suicidarsi. Un metodo per sopravvivere dunque, per mortificare corpo e pensieri e per per sfuggire alle incombenze della vita. Un uomo senza patria insomma, un nomade che trova il suo rifugio e il suo antidoto alla vita nella notte della scrittura e, più specificamente, nella lingua francese.

26 ott 2023

Un incontro con Proust - Jacques Benoist-Méchin (Saggio - 1957)

"Com'era lontano il nobile cavaliere che mi ero preparato a vedere da questo mago assiro dalle palpebre cascanti, e che ora si rivolgeva a me con una voce soffocata! Ma ecco, all'improvviso, scoprii i suoi occhi: due occhi di velluto, scuri, profondi e penetranti (due occhi proprio da nictalopo, come diceva Marthe Bibesco). Luminosi, vellutati, splendenti intelligenza, essi sono restati impressi nella mia memoria come mi guardassero ancora. Ne rimasi incantato, e compresi all'istante che quell'ombra moribonda che mi teneva la mano non era quella di un malato qualsiasi, ma tutto quel che restava di un uomo che aveva deliberatamente sacrificato la propria vita alla sua opera e che da questa si era lasciato letteralmente divorare".


Benoist-Méchin, ancora ventenne, lettore appassionato dei primi volumi della Recherche, gli unici pubblicati mentre Proust era in vita, nonostante il periodo postbellico incontra il critico tedesco Curtius (che aveva appena pubblicato un volume sugli scrittori francesi più importanti, senza citare Proust) e gli chiede di tradurre in tedesco alcune delle meravigliose pagine proustiane. Così il francese si propone di mediare tra i due e decide di scrivere a Proust. Quest'ultimo con la delicatezza e la dolcezza che gli appartengono dà il benestare all'operazione. Vuole, però, che il giovane Benoist-Méchin gli mandi un suo ritratto, perché interessato a studiarne i tratti al fine di trovare quella della madre del giovane che aveva conosciuto poco prima. 

Dopo un cordiale scambio epistolare, nell'estate del 1922 all'hotel Ritz di Parigi, il futuro storico francese incontra Proust, ormai prossimo alla morte. Nel volumetto sono raccolte tutte le impressioni che Benoist-Méchin ha avuto prima e durante quell'incontro. Dallo scambio di opinioni che i due avranno, emerge un Proust affaticato, distrutto dal suo sforzo quasi sovrumano di ritrovare il tempo perduto, ma attento alla sua aspirazione ultima: riuscire a contemplare la vita terrena, recuperando il suo passato e allo stesso tempo arrivare alla memoria di tutti i passati in una visione universale e di comunione. 

Il volume è corredato da un commovente apparato fotografico; una perla.


24 ott 2023

Poesie - Marcel Proust (Poesia - 1888/1922)

"Il tempo tutto cancella come le onde i giochi costruiti dai bimbi sulla sabbia spianata,

così precise e vaghe dimenticheremo parole dietro le quali ognuno sentiva l'infinito".

(Da "Contemplo spesso il cielo della mia memoria")


Le poesie scoperte nel 1979, ritrovate nelle lettere e dedicate agli amici intimi di Proust, sono state pubblicate negli anni Ottanta del secolo scorso. Quelle che ritraggono pittori e musicisti, anch'esse raccolte ne volume, invece erano già state pubblicate nella raccolta giovanile I piaceri e i giorni. Sono dei giochi, delle distrazioni che lo scrittore si è concesso. Eppure, nonostante le occasioni siano spesso ludiche, come nell'intera produzione proustiana rappresentano un universo in espansione che confluisce nei temi della Recherche. Poesie di occasione senza pretesa di serietà, sono scritte per perdere del tempo, sono in qualche modo preludi che anticipano la Recherche. In alcuni casi sono anche occasioni sociali per Proust, un altro modo per stare vicino a quel mondo quella mondanità che nei suoi ultimi anni aveva abbandonato, per dedicarsi alla scrittura totale del suo capolavoro.

Le poesie in sé sono abbastanza mediocri, e leggendole si capisce il motivo per cui Proust non si è speso per la loro pubblicazione. 


23 ott 2023

Dalla parte di Proust - Stefano Brugnolo (Saggio - 2022)

"Per molti aspetti Proust è stato un grande pensatore. Uso a bella posta questa parola, che ad alcuni farà storcere il naso. Quando si è letta la Recherche la sensazione è quella di vedere il mondo da un'altra prospettiva, con altri occhi o occhiali. Cambia la visione, ma non nel senso della Weltanschauung, bensì in quello che punta a privilegiare il vedere (o il percepire o il sentire) rispetto al sapere (inteso come insieme di nozioni acquisite e date per scontate). Per poter apprezzare il pensiero di Proust occorre dunque liberarsi dall'idea che l'unica forma di pensiero valido sia quello proposizionale, concettuale, che procede per argomentazioni e dimostrazioni logiche"


La Recherche, si sa, può apparire, nella sua monumentalità, un romanzo difficile. E non è una percezione sbagliata in fin dei conti. Eppure questo romanzo assoluto, poliedrico e totale è disponibile a dialogare con tutti e a destare forti emozioni e riflessioni. Proust è un autore moderno, da subito un classico e quindi uno scrittore contemporaneo, attuale, in grado di dirci qualcosa di nuovo anche oggi. Una narrativa, quella proustiana, carica di verità teoretiche. Nel senso che lo scrittore, partendo da osservazioni sensoriali e particolari (gesti, espressioni facciali e verbali, situazioni), riesce a sviluppare e a recuperare leggi universali. Narrativa, saggistica, immaginazione, intelligenza analitica, metafora convergono nell'opera proustiana e tutti i personaggi, l'autore stesso e ovviamente il lettore sono costretti a misurarsi con le proprie intime verità, che solitamente tendono a nascondersi e a mistificarsi. Un romanzo alla ricerca della verità, dunque. Uno scrittore che è al contempo un filosofo, che studia i processi selettivi della memoria fluida, una memoria metamorfica che trova, però, una salvezza solo nell'arte, nella letteratura, nel romanzo che ha appena finito di scrivere. È questo il tema della percezione della memoria del tempo. 

Brugnolo riflette anche sulla capacità straordinaria di Proust di teorizzare la letteratura, che trova nella Recherche uno sviluppo organico e minuzioso del Contro Sainte-Beuve. Il suo metodo analogico-metaforico, che secondo l'autore ricorda il metodo mitico di Joyce, è utilizzato sempre e solo per cercare la verità, sia essa parziale, sia essa totale. Capacità interpretative che lo avvicinano alle intuizioni che Freud ha avuto nei suoi studi sul sogno e sulla psicoanalisi. 

In un capitolo è studiato, inoltre, il rapporto che l'autore della Recherche ha con la storia e la società. Un interessante confronto tra le tesi sostenute da Charlus (personaggio tra i più interessanti dell'intero romanzo) e quelle di Schmitt e della sua idea politica di destra secondo cui essa sta tutta nella distinzione tra amico e nemico. Confronto azzardato a primo sguardo, ma che invece cela germi di verità. Rapporti di società che si semplificano nelle pagine, per esempio, dedicate al caso Dreyfus, tanto discusso nei salotti dell'alta borghesia. 

Nel saggio c'è spazio per alcune considerazioni su lettori e critici di Proust, come Orlando (il maestro dell'autore del volume), Curtius, Ginzburg, Lavagetto, Sartre. Per concludere con un confronto tra Mallarmé e lo stesso Proust sul ruolo della letteratura (dopo la morte di Dio e di tutti i valori) come alternativa della religione. La letteratura, dunque, non intesa come arte per l'arte, bensì come la sola in grado di dare senso alla vita. 

L'ultimo capitolo riguarda i temi dello snobismo, della gelosia, dell'omosessualità, dell'ebraismo trattati con la profondità analitica di Proust e accompagnati genialmente dalle sue toccate comiche. Proust come sociologo quindi, che interpretando il suo tempo dei salotti alto-borghesi e aristocratici ne ha profetizzato il nostro.

L'impressione (positiva) è che il critico legga il capolavoro proustiano in una chiave di lettura deplatonizzante, lontana da quella di Deleuze, più legata a principi empirici, anti-metafisici e immanenti. Sullo sfondo, invece, aleggia Freud. Non tanto come lettura psicanalitica della Recherche, quanto di una coppia, Proust-Freud, che per vie diverse e con metodi diversi è stata in grado di intuire e descrivere quei lati oscuri e quasi impenetrabili della nostra mente.

Gli argomenti sono analizzati con lo sguardo dell'accademico, ma anche con la pazienza e la semplicità del divulgatore. Uno dei migliori saggi dedicati a Proust in questi ultimi anni.

13 set 2023

Kitchen - Banana Yoshimoto (Romanzo - 1988)

"Mentre mi avvolgevo nella coperta, mi venne da ridere al pensiero che anche stasera avrei dormito accanto alla cucina. Ma adesso non mi sentivo sola. Forse era questo che aspettavo. Forse non avevo aspettato e desiderato altro che un letto dove poter dimenticare per un po' le cose già accadute e quelle che ancora dovevano accadere. Una persona accanto può far sentire ancora più soli. Ma una persona che dorme sotto lo stesso tetto, e in più la cucina, le piante, la tranquillità... era il massimo. Sì, qui è il massimo".


Mikage, quando perde la nonna, si trova nella totale solitudine e si rintana nella cucina di casa, dove vive, meglio, vegeta. La cucina diventa un'ossessione; il luogo dove ritrovare un senso. Un suo compagno di università, Yuichi, insieme alla madre, Eriko (in realtà il padre di lui che dopo la morte della moglie ha deciso di diventare una donna), invitano Mikage a vivere nella loro bella casa. Anche qui la ragazza, smarrita, trova rifugio in cucina, e inizia a vivere. Le cucine sono, quindi, luoghi onirici, dov'è possibile fantasticare, dov'è possibile trovare l'anima e il colore della famiglia. Una famiglia, come quella in cui si ritrova, che può essere anche inventata. Abbastanza rapidamente, infatti, Mikage riconosce nel padre-madre di Yuichi una madre. Mentre la vita procede in quell'ambiente ovattato e Mikage trova un appartamento in cui vivere e continuare a ritrovare se stessa, viene a sapere che Eriko è stato assassinato. Inizia così la seconda parte del racconto, la più interessante e delicata. Yuichi e Mikage, non più sotto lo stesso tetto, si ritrovano nella solitudine e nella forza che esprimono per allontanarla. E inevitabilmente si trovano vicini. 

È un romanzo sulla solitudine adolescenziale; un esercizio di lettura. 

Al romanzo breve è affiancato un altro racconto lungo: Moonlight Shadow. Più elegante nella scrittura e delicato nelle emozioni, anche qui il tema della morte e della solitudine è centrale. I protagonisti sono Satsuki e Hitoshi, due fidanzati ai tempi del liceo. Hitoshi muore in un incidente stradale e, tempestosamente, la sofferenza di Satsuki è lacerante. Eppure l'amicizia con una strana ragazza incontrata per caso, Urara, e l'ossessione per la corsa la aiutano a sopravvivere. Un giorno, però, le due ragazze si incontrano su un ponte e assistono al fenomeno Tanabata, la festa delle stelle innamorate. E Satsuki vede Hitoshi che la saluta. La ragazza con le lacrime agli occhi intuisce che è giunto il momento di vivere e che il tempo va avanti, come il fiume sotto il ponte, e che occorre reagire al dolore.


5 set 2023

Stanza 43 - Mario Lavagetto (Saggio - 1991)

"La prima persona, insomma, appare indispensabile a Proust per esprimere la crisi della conoscenza; ma la necessità di trascenderla, di frantumare ogni pregiudiziale e acquisita identità tra il narratore e il personaggio, è iscritta nelle epifanie cadenzate che, alla fine della Recherche, preparano l'atto inaugurale della scrittura. L'aporia, a prima vista granitica, viene superata empiricamente attraverso l'infrazione dei codici di riferimento. Opera di confine, la Recherche presenta i caratteri di un ibrido, dove la fiducia, apparentemente illimitata, nel romanzo riscatta la sfiducia preliminare nella possibilità di conoscere il mondo: il narratore sale sulle spalle del personaggio e vede quello che al suo partner sembra irreparabilmente interdetto".


La ricerca appassionata di Lavagetto per l'errore lo porta a raccogliere piccoli indizi nella Recherche, all'apparenza insignificanti. Il critico scopre così "Un lapsus di Marcel Proust" (come da sottotitolo) nell'episodio in cui il Narratore si trova nella stanza del Barone di Charlus; la 43, appunto. Qui il Narratore-Marcel, senza volerlo, freudianamente mette in scena la sua omosessualità. Proust, nelle sue lettere e nelle interviste, dichiara che tra l'autore e il personaggio-narratore non c'è nessuna coincidenza. Eppure sono diversi i segni, le briciole in cui Proust si lascia sfuggire l'identificazione tra se stesso e il personaggio che dice Je della Recherche. Celebre l'episodio in cui Albertine lo chiama "Mon Marcel".

Ma il tema dell'omosessualità, tanto presente e centrale nel capolavoro proustiano, non può, secondo le parole dello stesso Proust (che ha sempre allontanato ferocemente le accuse di omosessualità), essere affibbiato al narratore. Quest'ultimo, infatti, è eterosessuale. Tuttavia, in questa apparente contraddizione, si nasconde la vera natura del parigino. È evidente nella celebre scena del bordello maschile di Jupien, nel Tempo ritrovato. Quella in cui in una notte di bombardamenti il narratore si rifugia e la stanza numero 43 gli viene assegnata per rifocillarsi. Qui sente dei lamenti al piano superiore e li insegue fino ad arrivare ad un occhio di bue dal quale può vedere l'interno della camera 14 bis. Nella stanza Charlus è incatenato a un letto di legno ed è frustato da Maurice. Dopo un po', quest'ultimo poco brutale per il Barone, è sostituito, melodrammaticamente e sadicamente, da un macellaio... Mentre il narratore si incammina verso casa, mentre ricorda la scena appena vista, pensa che Jupien aveva sostituito il letto di legno con uno di ferro più adatto per le catene nella stanza 43 (e non nella 14bis), quella del Narratore! Il personaggio che dice Je è quindi Proust stesso, l'omosessuale. Quell'io che racconta, quell'io che si illumina e ritrova il tempo perduto in fin dei conti, e nonostante Proust, è Marcel Proust. 

Nei piccoli dettagli disseminati nella Recherche, quindi, l'identità del Narratore-protagonista si fa sempre più chiara. E se all'inizio della pubblicazione del primo volume, Proust categoricamente affermava che non c'è nessuna coincidenza tra l'autore e il narratore, nel tempo e nel romanzo le due figure si assorbono.

Altro aspetto psicologico interessante è lo stratagemma utilizzato dall'io (non onnisciente) del romanzo di osservare e descrivere da fuori l'omosessualità. Il protagonista, infatti, spia gli avvenimenti. Più volte nel romanzo, dalla scena lesbica del Montjouvan alla stanza 43 di Charlus, il narratore vede furtivamente e fortuitamente altri personaggi cadere nel vizio dell'omosessualità. Pretesto che lo porta ad ammirare e sviscerare dettagli che solo chissà cosa sia l'omosessualità può descrivere. L'io-spettatore è sempre clandestino, spettatore-spia suo malgrado di scene che lo segneranno emotivamente e gli lasceranno inconsciamente una cicatrice dolorante per tutto il romanzo.

Il lavoro di Lavagetto è impressionante e minuzioso; attento alle fonti, sviscera nella psicologia del protagonista l'alter Ego dell'autore. E alla fine non possiamo non concordare con lui.

4 set 2023

Fa bene o fa male? - Dario Bressanini (Saggio - 2023)

"Il poter associare con un rapporto esplicito di causa ed effetto una malattia con quello che facciamo, e in particolare con quello che mangiamo, per molte persone è rassicurante. Spiega anche il grande successo di guru e guresse in rete che ti dicono cosa mangiare e cosa evitare assolutamente con le più svariate teorie. Di solito sono tutte prescrizioni che vanno molto al di là delle regole della sana nutrizione e, sebbene non abbiano fondamento scientifico, hanno molto successo perché ti danno l'illusione di avere il controllo su quello che ti può accadere".


Il "Manuale di autodifesa alimentare" di Bressanini, scritto tra l'altro con l'intenzione di contrastare quel senso di terrore diffuso spesso nel Web da stregoni vari, si muove in una nuova battaglia contro la disinformazione scientifica. Fra tali stregoni e terroristi dell'alimentazione spesso, purtroppo, troviamo medici o premi Nobel che si fanno portavoce di studi (o pseudo tali) che affermerebbero verità incontrovertibili. Nella scienza, però, scettica per definizione, non esiste il principio di autorità. E analizzando con metodo e attenzione tali studi si scopre che sono superficiali e falsi, se non addirittura falsati. Contro bufale, miti, pregiudizi, convinzioni e false credenze, il noto scienziato e divulgatore, cerca di consegnare al lettore alcuni strumenti utili per non cadervi vittima. Tra complessità della realtà e desiderio di risposte veloci non può esserci una relazione proficua. Ci vuole pazienza, una di quelle virtù che mancano al genere umano. Bisogna leggere, fare ricerca, saper fare ricerca, seguire un metodo articolato e non semplice come quello scientifico. L'impazienza, quindi, (ma anche la scarsa conoscenza scientifica, o un periodo di fragilità di fronte una malattia) diventa una forte motivazione psicologica che spinge molti a credere a tali miti. 

Il ruolo del caso e della prevenzione nella formazione dei tumori, lo zucchero, il sale rosa dell'Himalaya, l'integrale, le clorofille, l'acqua del rubinetto, gli integratori sono tutti argomenti trattati con metodo (scientifico) e dovizia con lo scopo di smantellare tutte quelle insopportabili bufale che circolano in rete. Utile la scheda che alla fine di ogni capitolo elenca i principi trattati.

Ironico, con esempi anche esilaranti, lo stile è tipico del divulgatore e scienziato che conosciamo dai social. Se lo si segue in quei canali il libro non dice quasi nulla di nuovo, ma è un testo scritto, da consultare con attenzione e, allo stesso tempo, riassuntivo. 

Insomma una gentile, ironica, lezione di scetticismo. Grazie!

14 lug 2023

Benedette guerre - Alessandro Barbero (Saggio - 2009)

"Questa immensa avidità di potere e di guadagno, questo desiderio di conquistare prendere arraffare massacrare, mettendosi però in gioco fisicamente, rischiando la pelle e con la certezza che si sta facendo una cosa benedetta da Dio e che se si muore ne sarà valsa comunque la pena, è l'essenza del fenomeno delle Crociate".


"Crociate e jihad" (come da sottotitolo) rappresentano lo scontro epocale tra due civiltà che erano intrecciate e con radici culturali simili. Ma per comprendere meglio quei movimenti militari (e culturali) così violenti che sono state le crociate, è necessario considerare che l'Europa era in forte espansione demografica ed economica e che la Chiesa di Roma era talmente forte da imporre la sua volontà a re e imperatori.

Con una scrittura senza troppe sofisticherie, agile e non accademico, Barbero non descrive cronologicamente le vicende storiche. Si sofferma maggiormente sugli aspetti culturali, sulle microstorie, per circoscrivere, efficacemente, lo sviluppo dell'idea di guerra nel cristianesimo. Se in origine la guerra era ripudiata, lentamente si trovano eccezioni fino ad arrivare alla definizione di guerra benedetta da Dio durante i secoli delle Crociate. In questa terribile evoluzione concettuale e fattuale si innesta anche l'idea della guerra giusta contro gli ebrei e gli eretici, si formano associazioni di combattenti come i templari e l'intolleranza dilaga in tutta l'Europa (e non solo). Allo stesso tempo è illuminante anche come si sia trasformato il termine jihad in guerra santa, all'interno della cultura islamica e in particolare  in quella turca.

L'ultimo capitolo, forse il più interessante, è dedicato al senso di prospettiva. È raccontato, infatti, come le Crociate (e gli Occidentali) siano viste dai bizantini e dai musulmani. E si nota quanto difficile sia la convivenza fra i tre grandi imperi che si affacciano sul Mediterraneo. Tutti vedono gli altri come diversi, barbari, inferiori e non stupisce che tale percezione sia motivo di guerre lunghissime, di orrori che si sono protratti per secoli.

Guerre che hanno bisogno di essere lette oggi, in un mondo in cui l'incontro spesso diventa scontro. Un libro, insomma, per capire il medioevo, ma anche il presente.

13 lug 2023

Tolleranza - Maria Laura Lanzillo (Saggio - 2001)

"Dal XIX secolo la riflessione si concentra perciò sul diritto alla libertà religiosa e al riconoscimento del pluralismo sociale, concezioni che sia si ricollegano ad esigenze etiche sia si pongono come limite all'onnipotenza dello Stato e che segnano l'intrecciarsi della vicenda della tolleranza con la moderna storia dell'affermazione dei diritti dell'uomo, determinando conseguentemente il compimento della lotta per la tolleranza"


Dopo l'affermazione muscolare dell'intollerante compelle intrare dei primi secoli della cristianità, con l'Umanesimo dialogante di Cusano, con il pluralismo di Pico della Mirandola e, soprattutto, a seguito della Riforma protestante l'idea della tolleranza diventa rivoluzionaria. Se, però, i riformati rivendicano di essere riconosciuti, allo stesso tempo, con la condanna a morte di Serveto da parte di Calvino, si macchiano di intolleranza e la soluzione del problema si fa politica. I riformati radicali, infatti, pretendono non solo di essere considerati liberi, ma anche che lo Stato e la chiesa siano separati. Si discute, quindi, dei valori della diversità e dell'errore e anche del sistema di rappresentanza. E mentre in Europa infuriano le sanguinosissime guerre di religione, il pensiero filosofico di Bodin si porta avanti nel riconoscimento che la verità unica in campo religioso è solo un mito e che la questione è soltanto di coscienza.

Nella storia della tolleranza e della sua lotta per affermarsi (ripercorsa per sottolineare come sia stata un segnale della crisi politica e sociale da cui si struttura e nasce l'epoca moderna), specialmente dal Seicento in poi, la tolleranza è rivendicata non solo come via di affermazione statuale, ma anche come sentiero che deve portare al riconoscimento dei diritti privati dell'individuo e del cittadino. Questione che diventa centrale nel pensiero del grande Bayle (unico ad ammettere gli atei nel tavolo della discussione), dell'antipapista Locke, dello scettico e antideista Hume e del non sempre coerente Voltaire.

Dalla Rivoluzione francese in poi, la riflessione si sposta sulla libertà religiosa e sul riconoscimento del pluralismo delle opinioni. E se in epoca moderna, dunque, il problema è teologico-politico, dal XIX secolo, con l'affermazione della società civile e delle rivendicazioni democratiche, non si discute più di tolleranza, ma di libertà e di diritti riconosciuti. Nel XX secolo, invece, con la crisi dello Stato costituzionale e della cittadinanza, la tolleranza e la libertà non sono più solo di natura religiosa, ma anche e soprattutto razziale e sessuale. Fino ad arrivare ad autori come Adorno e Marcuse che vedranno nella tolleranza uno strumento repressivo utilizzato dalla borghesia...

Nell'epoca della globalizzazione, conclude l'autrice, la teoria sulla tolleranza si incrocia con quella sulla giustizia. E nelle democrazie dove è in crisi la rappresentanza politica, dove il conflitto non è più religioso ma culturale, si avverte ancora una volta un bisogno di riconoscimento e di tolleranza.

Un manuale veloce, non difficile; per avere un'idea generale di un argomento che ancora oggi non ha esaurito la sua carica riflessiva. 

22 giu 2023

Un altro Proust - Giacomo Debenedetti (Saggio - 1952)

"Nell'antro da incantatore, tra i vapori dei suffumigi contro l'asma, fa rinascere, come quelle figure della lanterna magica che l'avevano affascinato nell'infanzia, tutti gli eventi e gli spettacoli, le figure umane e naturali, che gli erano passati accanto, senza che egli avesse coscienza di cavarne nulla, così come gli pareva, standoli a guardare, di non avere fatto nulla della sua propria vita".


Nel 1952, lo stesso anno in cui fu pubblicato per la prima volta l'incompiuto Jean Saunteil, il grande scrittore, saggista e critico letterario trasmise "Radiorecita su Marcel Proust", un'operetta recitata da una Donna, dal Pubblico e da un Critico. In questo volume, introdotto elegantemente ed efficacemente da Eleonora Marangoni, è trascritto il testo integrale di quella recita sul grande scrittore francese. 

Sotto forma di dialogo, l'autore cerca di definire alcune tesi critiche su Proust, introducendole con varie notizie di ordine generale. È un dialogo, insomma, tra le varie tesi della critica intellettuale (la Donna è Il critico che controbatte il Critico e complica il discorso) e ciò che pensa (o penserebbe) un pubblico che ha solo impressioni estemporanee sulla Recherche. Contro la critica eccessivamente intellettualistica, contro le generalizzazioni semplicistiche di chi critico non è, contro le etichette snervanti che spesso nella storia si fissano, l'esperimento di Debenedetti cerca di fare ordine. L'esperimento radiofonico, quindi, si fa riflessione sul lavoro del critico, oscillante sempre tra il desiderio di essere letto e l'impegno ad essere tecnico e metodico. Ma ciò che emerge con grande forza è, per la prima volta in Italia, la tesi, ormai acclarata, secondo cui il Jean Saunteil sia un laboratorio, incompiuto ma necessario, per arrivare alla Recherche.

12 giu 2023

Al ballo con Marcel Proust - Principessa Marthe Bibesco (Saggio - 1928)

"Fu attraverso le lettere che riuscii per la prima volta a conoscere la geografia della loro amicizia: era come un piccolo paese. In quel tempo Marcel Proust abitava coi suoi genitori al numero 45 della rue de Courcelles, i Bibesco al numero 69; li separavano appena poche case; non c'era nemmeno bisogno di attraversare la strada, di dire: - Se passate davanti alla mia porta... Tutte le sere, tornando dal ballo, dal teatro, o da una cena in città, si era sicuri di trovare Marcel Proust a casa; bastava salire la scala, suonare due volte, e l'incantesimo incominciava. - Era il fuoco d'artificio nella miniera di smeraldi; sapeva tutto, dirà poi Antoine, e il suo spirito illuminava i suoi tesori".


Uno degli amori di Marcel, uno grande, è stato Antoine, fratello di Emmanuel, cugini del marito della principessa Bibesco e vicini di casa dei Proust. Fra i tre e Marcel si instaura una storia d'amicizia in cui Marthe entra, come una cometa, all'interno di un sistema solare dove Marcel è il sole e gli altri della compagnia sono i pianeti che gli orbitano intorno. Un sistema planetario, una storia che si interseca con quella di Bertrand de Salignac Fénelon. Antoine, infatti, lentamente è sostituito da quest'ultimo e anzi ne diventa il confidente del nuovo amore proustiano. E nel racconto di queste orbite ellittiche e non sempre complanari, c'è tutta la profonda e universalmente riconosciuta sensibilità dell'animo di Proust.

La principessa (la stessa dipinta magistralmente da Boldini, sensibile e capace di cogliere in Proust il genio e di sviscerare nella Recherche quegli elementi che risalgono alla loro amicizia), utilizzando le lettere di Antoine in suo possesso, si fa cantrice di una storia vissuta ma che diventa anche un pretesto per essere un saggio sulla poetica proustiana e, sullo sfondo, uno spaccato di quella società aristocratica che sono stati gli anni Venti parigini del secolo scorso. Un libro di ricordi e testimonianze eterogenei, tra le primissime raccolte appena dopo la morte di Proust.

Il ballo, titolo e scena che inaugura il libro, diventa simbolo di un legame, di un sodalizio idiosincratico. Al ballo, infatti, la principessa snobbò Proust dopo che quest'ultimo le aveva inviato una lettera in cui criticava, amabilmente e sottilmente, il resoconto appena pubblicato del viaggio in Persia della principessa. E dallo sforzo di capire chi era davvero quell'uomo, con l'aspetto insolito e con indosso sempre il suo cappotto, nasce questo libro.

Nelle lettere riprodotte, si legge la gelosia morbosa di Proust e il desiderio di imprigionare Antoine nel suo mondo di dominio psicologico. Ci sono anche le effusioni, le allusioni ambigue, i litigi e le ripicche. Tutti materiali e temi che si ritroveranno magistralmente raccontanti nella Recherche

Toccanti e strazianti le lettere che Proust invia in Romania ad Antoine dopo la morte della madre di quest'ultimo, la vera principessa Bibesco. Così come sono bellissime le lettere mandate alla principessa dopo la morte di Emmanuel e della sorella di lei, che moriranno vicini nel tempo e che saranno motivo di straziante dolore per Proust. Missive che per la principessa sono un pretesto per tratteggiare il carattere dello scrittore. Acuto, esasperante, ipersensibile, Marcel Proust ha peculiarità che non lasciano spazio alla logica classica. E per questo motivo la principessa nel suo libro non sente il bisogno di seguire un ordine cronologico. C'è nelle sue pagine, tuttavia, un filo logico che lega impressioni e intuizioni al temperamento dell'amico. E persino l'accusa di snobismo, che molti gli rimproverano, crolla di fronte alle verità riportate nelle sue confidenze... 

Con la preziosa introduzione di Alberto Beretta Anguissola e nonostante la non sempre attendibilità del documento, resta la testimonianza preziosa e, credo, sentita di una donna che ha avuto modo di toccare con mano il genio inarrivabile di Marcel Proust.

4 giu 2023

Sociologia dei media - Claudio Riva, Giovanni Ciofalo, Piergiorgio Degli Esposti, Renato Stella (Saggio - 2022)

"Alla fine, è la società nel suo insieme a essere dipendente dai media, tanto o più di quanto non lo siano i singoli cittadini che la compongono. Si badi: non solo perché i mezzi di comunicazione informano (sarebbe in questo caso solo un effetto a breve termine), ma perché intrattengono, svagano, offrono modelli di comportamento, veicolano valori, orientano rispetto ad azioni da compiere o a cose a cui pensare".


Manuale molto interessante, ben scritto e organizzato, affronta un tema quanto mai importante oggi: il ruolo dei media (vecchi e nuovi) nella nostra società sempre più contaminata dalla rivoluzione digitale. 

Dopo aver illustrato la storia sociale dei media e della nascita dei mezzi di comunicazione di massa, sono trattate le principali teorie sulla relazione tra media e società e sulla conseguente e attuale platform society (la società delle piattaforme digitali che sì sono motore di progresso economico e tecnologico, ma anche della diffusione del lavoro occasionale e della mancata distinzione tra pubblico e privato). Così, tra apocalittici e integrati, tra effetti a breve e a lungo termine si studia il potere dei media da cui tutti, singoli e società, siamo dipendenti.

La seconda parte è, invece, dedicata agli strumenti e ai contenuti delle industrie creative (che superano quella culturale), alla società digitale e alle teorie connesse, alla comunicazione (anche quella politica che a seguito dell'evoluzione dei media è diventata pop) e agli effetti del digitale sull'economia (dalla pubblicità classica agli influencer). Un capitolo a sé è l'ultimo, dedicato al mondo del Web e al processo di digitalizzazione del mondo e a come tutto ciò ci abbia spinto alla quarta rivoluzione industriale e alla realtà ibrida.

Sebbene sia un manuale pensato per l'università, si legge senza pesantezze terminologiche o concettuali. In effetti è uno strumento utile per capire il mondo che ci circonda e per codificare con maggiore chiarezza le esperienze che viviamo quotidianamente. 

2 giu 2023

Proust era un neuroscienziato - Jonah Lehner (Saggio - 2007)

"Anche se la madeleine non venisse mai mangiata, Combray continuerebbe a essere lì, perduta nel tempo. E solo quando il pasticcino viene inzuppato nel tè, quando la memoria viene richiamata in superficie, che la CPEB ritorna alla vita. Il gusto del dolcetto scatena un flusso di nuovi trasmettitori verso i neuroni che rappresentano Combray e, se si raggiunge il punto di svolta, la CPEB attiva infetta i dendriti vicini. Da questo fremito molecolare nasce il ricordo".

 

Nelle buone intenzioni del libro, le neuroscienze sono messe in relazione con l'arte e la letteratura, cercando di definire, in ambito teoretico, i limiti della scienza e affermando quanto quest'ultima non sia l'unica disciplina in grado di darci risposte dimostrabili. Poeti, scrittori, pittori, musicisti, infatti, hanno descritto funzioni della mente che solo nel XXI secolo saranno scoperte dalla linguistica, dalla chimica, dalle neuroscienze. Con una penna abbastanza chiara e divulgativa, l'autore cerca di spiegare concetti non facili. Trova una sintesi nella tesi secondo cui le due culture, quella scientifica e quella umanistica, debbano collaborare. Arte e scienza devono andare a braccetto perché noi siamo fatti di sogni e atomi, e qualsiasi descrizione della mente umana deve sintetizzare le due culture. Esperimento e calcolo insieme alla poesia e all'immaginazione dunque.

Ecco allora Walt Whitman che pensava, contro Cartesio e vicino al trascendentalismo di Emerson, che mente e corpo siano inseparabili. Le neuroscienze oggi affermano che, in effetti, le emozioni sono generate dal corpo. La scrittrice George Eliot aveva intuito che il cervello si adatta alle circostanze, che non è una pura macchina, così come la biologia molecolare spiega quanta indeterminatezza sia provocata dal DNA (c'è ancora spazio, quindi, per la libertà). L'inventore del brodo di vitello August Escoffier, che con il glutammato aveva trovato un gusto in più (l'umami), avrebbe scoperto il ruolo dell'individualità del nostro vissuto. L'idea di memoria legata ai sensi di Marcel Proust è stata dimostrata da uno studio neuropsicologico del 2002. Secondo tale studio, i sensi del gusto e dell'olfatto sono in collegamento diretto con l'ippocampo, quella parte del cervello che ha un ruolo decisivo nella formazione della memoria. Per Cézanne, così come per la scienza, le impressioni sensoriali esigono un passaggio in più, un'interpretazione, uno sguardo che crea ciò che vediamo. Stravinsky, invece, con le dissonanti note della Sagra della primavera aveva colto che il senso dell'udito è in evoluzione, ed era convinto, come per le neuroscienze, che il cervello avrebbe corretto gli errori delle dissonanze e che con il tempo quei suoni sarebbero stati apprezzati. Gertrude Stein, anticipando Chomsky, aveva intuito dai suoi esperimenti di scrittura automatica che linguaggio umano ha una struttura e quest'ultima è costruita nel cervello. Virginia Woolf, infine, pensava, a ragione, che l'io non sia univoco, ma un flusso di coscienza composta da frammenti.

Tutti esempi per cui arte e scienza devono integrarsi, cercando di bilanciarsi, di tenere in equilibrio le scoperte del riduzionismo scientifico e quelle dell'arte sull'esperienza umana.

Il testo, però, non sempre guarda con attento occhio filosofico. Ci sono termini usati dall'autore che si sovrappongono nei loro significati, ma che invece andrebbero specificati, come per esempio libertà, indeterminismo, coscienza, mente, pensiero. Sono presenti quelli che in filosofia si definiscono idola, ovvero quei pregiudizi che dipendono dal nostro bisogno di avere risposte veloci a problemi difficili. L'autore tira le somme molto in fretta, anziché aspettare e sospendere il giudizio, al solo fine di dimostrare che la nostra fallibilità (come se non si sapesse già) dipenda da tutto ciò che non si può ridurre (a favore di una visione olistica).

15 apr 2023

Teorie sociologiche - Randall Collins (Saggio - 1992)

"La sociologia è stata creata da una comunità di teorici e ricercatori, che risale a più di un secolo fa. Nonostante i suoi conflitti e le sue divisioni (e spesso in virtù di esse) è stata una comunità creativa. Noi facciamo parte di quella comunità in questo momento: la teoria è la nostra memoria collettiva, il centro cerebrale in cui immagazziniamo gli elementi essenziali di ciò che abbiamo appreso e le strategie di cui disponiamo per addentrarci nel futuro".


In un corposo e denso manuale accademico, Collins presenta i diversi modelli sulla conoscenza sociologica contemporanea in modo significativo e approfondito e, interessante approccio, ne giudica l'affidabilità e le criticità al fine di mostrare quanto possano essere migliorati. Il sociologo americano prende in esame sia le teorie macro (quelle che si concentrano su lunghi intervalli di tempo, di spazio e di numeri di persone), sia le teorie micro (quelle che privilegiano piccoli segmenti temporali, spaziali e nuclei di persone), sia le teorie meso (quelle che cercano di trovare una sintesi tra i due livelli precedenti). Così sono analizzate le molteplici teorie dell'evoluzione (Comte, Marx, Parsons, Lenski), le teorie dei sistemi (ovvero tutto ciò che è composto di parti in connessione tra loro, come nella teoria funzionalista di Parsons), le teorie dell'economia politica (modello marxiano e i suoi sviluppi, il modello del sistema-mondo di Wallerstein), la teoria del conflitto e del cambiamento sociale (in cui la società è intesa come un sistema di interessi e di lotte, nella versione di Simmel, Coser, Dahrendorf, Weber, Stinchcombe, Moore, Skocpol).

Le teorie micro trattate, invece, sono quelle del rituale dell'interazione  di Durkheim, di Goffman, di Collins; del Sé, della mente e del ruolo sociale (la teoria dell'interazionismo di Mead, di Goffman); le teorie che definiscono le situazioni e la costruzione sociale della realtà che eliminano l'oggettività del mondo e sostengono che tutto sia il frutto della mente (come per la teoria dell'interazionismo simbolico di Blumer, per la teoria situazionale di Mead o per quella cognitivista di Garfinkel); la teoria dello scambio sociale dei comportamentisti Homans e Blau che studia lo scambio come un processo razionale e che può essere ampliata dalla teoria delle catene dei rituali dell'interazione dello stesso Collins.

Le teorie meso, che connettono il micro con il macro, sono viste nelle lenti microriduzioniste di Homans, di Blumer, Goffman, o in quelle che vedono un continuum tra le due sfere e che sostengono che una teoria del cambiamento sociale deve contenere l'analisi delle forze motivazionali dei singoli, ma che è impossibile nel livello micro evitare di riferirsi a fattori macro; così come le teorie di rete cercano di fornire informazione sui legami che sono trasversali sia per il micro sia per il macro (come nelle teorie strutturaliste di Mauss, Lévi-Strauss, o nella teoria di Blau dell'integrazione tra gruppi, oppure in quella della dipendenza strutturale del potere o in quella delle coalizioni di imposizione coercitiva dell'ordine).

Un testo voluminoso, su cui bisogna tornare più volte; accademico sì, ma comunque ben pensato e ricco di riflessioni che lo stesso autore propone senza superbia o altezzosità. 

27 mar 2023

Marcel Proust e i segni - Gilles Deleuze (Saggio - 1964)

"Vi sono verità del tempo perduto non meno che del tempo ritrovato. Ma, per maggior precisione, occorre distinguere nel tempo quattro strutture, ognuna delle quali ha la sua verità. Infatti il tempo perduto non è soltanto il tempo che passa, alterando ogni essere, annientando ciò che fu; è anche il tempo che perdiamo (il tempo perso: perché perdere tempo, perché essere mondani, innamorarsi, invece di lavorare e di fare opera d'arte?) E il tempo ritrovato è anzitutto un tempo che ritroviamo in seno al tempo perduto e che ci dà un'immagine dell'eternità; ma è anche un tempo originale assoluto, eternità vera che si afferma nell'arte".


Secondo il filosofo francese, la Recherche andrebbe letta come un'opera che guarda i segni (semioticamente parlando) che vivono intorno a noi. Non c'è solo il tema della memoria in Proust e nella sua opera, c'è anche un'ossessione verso la decifrazione dei segni presenti nel mondo. Questi ultimi possono essere volontari (del linguaggio, della famiglia, delle classi sociali, dell'amore), e anche involontari (del corpo, degli oggetti che rimandano a qualcos'altro come le madeleine). I segni da decifrare sono quelli della vacua e frivola mondanità, delle menzogne dolorose dell'amore, delle qualità sensibili, dell'essenziale arte in grado di decodificare e trasformare tutti gli altri. Fulmini violenti, casuali, che costringono solo dopo l'intelligenza a codificarli. La Recherche in fondo è la ricerca della verità, una verità ovviamente condizionata dal tempo. Essa è tale nel tempo e questa si manifesta involontariamente. È lei che ci costringe a pensarla; non può essere un metodo o una decisione volontaria a trovarla. Proust (che ha un dono naturale, la sensibilità, il mezzo con cui si possono cogliere i segni, il mondo come cosa da tradurre in significato, il mondo come geroglifico) pensa ed elabora, secondo Deleuze, perché costretto dai segni che la verità gli lancia violentemente contro, in una madeleine, nell'inciampo di un lastricato, nel rumore di un cucchiaino. 

Per Deleuze, quindi, il capolavoro proustiano è un romanzo che guarda al futuro attraverso un'evoluzione che lo stesso Proust vive e racconta. Il narratore-detective, infatti, cresce, apprende, decodifica il mondo al fine di diventare quello che è, ovvero uno scrittore che sa cogliere nell'arte il significato più profondo dell'esistenza e della verità. È lui a scoprire che i segni della mondanità che tanto lo hanno affascinato sono vacui, così come quelli dell'amore sono illusorie. Se l'essenza dell'amore è nella serie che porta le leggi della menzogna ai segreti di Sodoma e Gomorra; il vuoto, la stupidità e l'oblio sono l'essenza della mondanità. Solo i segni dell'arte portano al di là dell'illusione, all'essenza del tempo. Nell'arte, la verità si manifesta con violenza e sfugge alle codifiche spazio-temporali e causali dell'intelligenza. L'arte, schopenhauerianamente, è il coltello che squarcia il velo di Maya, il muro dell'illusione, della rappresentazione sensibile. I segni dell'arte sono superiore agli altri perché sono immateriali, rimandano a una dimensione platonicamente più profonda e spirituale, all'Unità e all'Essenza. E così la stessa Recherche, opera d'arte anch'essa ricolma di segni, produce effetti sul lettore, il quale, come il narratore, può cogliere le manifestazioni della verità nel libro, ma anche dentro di sé.

La seconda parte, meno organica e coerente della prima, ci mostra il Proust ebraico che si contrappone al filosofo ebreo; Gerusalemme contro Atene. Uno scontro in cui sensibilità e intelligenza, pathos e logos, sono nemiche (ma sarà vero che nella Recherche la coppia sia antinomica e non di alleanza o tutt'al più un movimento dialettico?). Interessante notare che la complessità dell'opera proustiana dipenda dalla molteplicità dei livelli, dalla frammentarietà dell'universo che non è possibile unificare con la logica, ma solo con l'arte. La Recherche, quindi, diviene uno strumento in grado di decifrare i segni e la complessità del mondo. Ma è anche una macchina, un meccanismo complesso che produce verità. Nel processo di analogia, infatti, tipico della descrizione proustiana, si passa dall'impressione involontaria di un segno a un'interpretazione da cui si produce un altro senso, una legge.

In un saggio imprescindibile per conoscere l'opera di Proust e fonte di ispirazione per molti studiosi, l'analisi di Deleuze rimane ancorata, secondo me, a una visione eccessivamente platonizzata, eccessivamente metafisica che non riesce a comprendere fino in fondo la molteplicità degli sguardi dello scrittore francese che, spesso, sconfinano in atteggiamenti che si riducono alla semplice realtà materiale.

18 mar 2023

Il proustografo - Nicholas Ragonneau (Saggio - 2021)

"Quanto tempo ci vuole per leggere questo gigantesco romanzo che ha per argomento il tempo? Su Internet si possono trovare le risposte più strampalate a questa domanda, tutte ben lontane dalla realtà. Poiché la lettura a voce alta della Recherche ha una durata non molto diversa da quella della lettura silenziosa, la lettura integrale, fatta da attori, dell'audio francese ci dà un'indicazione significativa: 127 ore e 47 minuti, cui vanno senz'altro aggiunte, per un lettore non professionista, dalle tre alle cinque ore. Sono dunque necessari un po' più di due mesi, a una media di due ore de lettura al giorno, per arrivare alla fine del romanzo".


Se amate le curiosità, le facezie, gli aneddoti bizzarri (anche inutili) e se amate Proust e il suo universo questo è il libro che fa per voi. Diviso in tre sezioni, troviamo i dati biografici, quelli sulla Recherche e quelli su tutto ciò che il cosmo proustiano ha ispirato. Proust e la Recherche in infografica, come da sottotitolo, infatti, ripercorre la biografia e l'opera dell'immenso scrittore francese utilizzando grafici curatissimi e raffinati nei colori del bianco, del nero e dell'oro. Tra le sue pagine si possono conoscere i piccoli dettagli della vita di Proust, e non solo. Ci sono persino il suo oroscopo e la ricetta delle Madeleine, che, diciamolo pure, lasciano il tempo che trova. Tanti i numeri, gli spazi, i record, i tempi che, schematicamente e imponendosi visivamente, sono in grado di dare una visione di insieme. Ed è qui il grande merito del libro.

Insomma, un libro per gli idolatri proustiani e i cercatori di aneddoti.

1 mar 2023

Io, Franca Florio - Gesualdo Bufalino (Sceneggiatura - 1994)

"Viaggiavo molto, facevo collezione di celebrità. A Parigi mi presentarono un poeta, il barone di Montesquieu, che compose per me una poesia. Incontrai Proust, Debussy. Rividi Caruso, che mi chiamava la Madonna Immacolata, rividi D'Annunzio che mi chiamava la dea Venere... Anadiomene. Conobbi a Zurigo una principessa polacca, di nome Ghika, che s'innamorò di me e mi scriveva parole di fiamma a cui non risposi... A Viareggio, un'estate, indossai un costume da bagno che ingelosì tutte le donne del mondo, quando lo videro stampato su una rivista..."



Pensato per il grande schermo da uno scrittore imbevuto di letteratura e di cinema, la sceneggiatura dimostra, ancora una volta, quanta profonda fosse la passione e la conoscenza del linguaggio cinematografico di Gesualdo Bufalino. Il progetto di sceneggiatura per un film sulla famiglia Florio, e in particolare su Franca Florio, fu commissionato dal produttore americano Edward R. Pressman. Qui, al centro di tutto, c'è lei, Franca Florio. Donna bellissima ed estremamente elegante, moglie di Ignazio Florio, ai vertici della mondanità europea, ha vissuto dolorosi eventi come la morte precoce dei figli, il tracollo economico della famiglia e la decadenza fisica vissuta in un mondo, in una società, non più interessata al suo nome. Nelle parole dello scrittore comisano, la sua figura si anima in uno scenario storico, e intorno a lei la Sicilia è evocata, come per magia, in un gioco di specchi in cui Franca è la Sicilia e l'isola è la stessa donna. 

La prima scena è nel 1929. Franca Florio è vicina ai 60 anni e la cinepresa insiste sulla desolazione del salone che viene sgomberato da un operaio. Poi, con un flashback, ci troviamo catapultati nel 1883, quando i Florio erano la luce di Palermo e Franca era solo una bambina. Immaginando montaggi raffinati, Bufalino proietta subito dopo la scena a qualche anno dopo, nel 1891. Franca e Ignazio Florio, in pagine raffinate e nostalgiche, si innamorano, ballano insieme, si sposano. Ecco, tra analessi e prolessi, gli incontri di affare di Ignazio; la nascita della prima figlia; quella di Ignazio III; la visita a Villa Palagonia con D'Annunzio ed Eleonora Duse; i tradimenti di lui; l'amore e insieme le ripicche di lei; la morte della primogenita; la successiva morte dell'unico figlio maschio. Sono i decenni d'oro della Belle epoque siciliana, gli anni in cui a Palermo arrivano Lina Cavalieri, Oscar Wilde, in cui Vincenzo Florio (cognato di Franca) organizza la targa Florio, la corsa automobilistica famosa in tutto il mondo. Così si chiude il primo tempo. 

Il secondo tempo inizia ed è il 1904. Franca non è più la stessa. Seguono gli anni dei ricatti mafiosi, dell'arrivo del poliziotto italo-americano Joe Petrosino e del suo assassinio, del terremoto di Messina, delle sfortune finanziarie di Ignazio, dei continui tradimenti, della decadenza e del ritorno alla prima scena velata di nostalgia nel salone desolato.

In queste pagine ci sono malinconia, memoria, corteggiamento, amore; i temi tanto cari allo scrittore comisano. E il rammarico per il lettore bufaliniano, come anche per il critico Massimo Onofri che introduce il volume, è che Bufalino non ne abbia scritto un romanzo, anticipandone, e forse così evitandone, altri...

15 feb 2023

Contro Sainte-Beuve - Marcel Proust (Saggio - 1909)

"Ho trascorso molte estati della mia vita in una casa di campagna. Di tanto in tanto, pensavo a quelle estati; ma non esattamente a [loro]. Nella mia mente potevano confondersi per sempre con l'oblio. Se sono sorte dalle ceneri del passato è perché, come tutte le risurrezioni, un puro caso le ha risvegliate. L'altra sera ero rincasato intirizzito per via della neve, e non riuscivo a riscaldarmi: ero andato in camera a leggere, alla luce fioca di una lampada, e la mia vecchia cuoca si offrì di prepararmi una tazza di tè, abitudine che non ho mai avuto. Il caso fece sì che accompagnasse il tè ad alcune fette di pane abbrustolito. Inzuppai il pane nella tazza di tè, e, nel momento in cui lo portai alla bocca, lo sentii ammorbidirsi e impregnarsi del gusto del tè contro il palato. Provai un forte turbamento, sentii odore di gerani, di aranci, una sensazione di luce straordinaria, di appagamento, di felicità". 


Introdotto da un bel saggio di Clarac, il testo incompiuto di critica letteraria ed estetica, che sfocia in confessione intima e in racconto, e che filologicamente si deve accostare ai Pastiches e ai Settantacinque fogli, segna un momento di straordinaria importanza nell'opera di Proust. Il libro, infatti, precede la Recherche e ne è, in qualche modo, un'introduzione, un impianto teorico entro cui costruirne le meraviglie. Fra il trattato filosofico (che, intelligentemente, vuole dimostrare quanto l'intelligenza benché fondamentale sia di grado inferiore rispetto alla pascaliana ragione del cuore) e il racconto letterario e autobiografico, questo insieme di appunti è già la versione in nuce della Recherche. Sono presenti, infatti, temi, immagini e riflessioni che si troveranno in tutto il capolavoro proustiano. 

Sainte-Beuve, il critico letterario per eccellenza, un mostro sacro e intoccabile, appare agli occhi di Proust sopravvalutato. Cieco e incapace di cogliere la grandezza letteraria di artisti come Stendhal, Nerval, Baudelaire, vede nella biografia di un artista la conditio sine qua non per comprenderne l'opera. Associando, quindi, il valore dell'uomo al valore dell'opera, Sainte-Beuve dimostra miopia e poco acume. Proust, contro il superficiale metodo positivista, sente la necessità di confutare tale tesi per dimostrare che i capolavori hanno la loro genesi da io diversi e più profondi di quelli che si manifestano nella quotidianità. Come c'è differenza tra la magia onirica di Sylvie di Nerval e la sua pazzia, o come tra la simpatia e i bei modi di Baudelaire (tra l'altro amico di Sainte-Beuve e poeta prediletto di Proust) e i suoi versi velenosi notturni dionisiaci, oppure come tra la volgarità di Balzac e l'assenza di stile che lo caratterizzano e lo rendono unico e che Sainte-Beuve non aveva capito. Esempi che dimostrano quanto le loro opere, nate nel silenzio da un io riflessivo e sognante, siano lontane dal loro diverso io quotidiano e riconosciuto dagli altri (Freud è dietro l'angolo...). È in questa distinzione che la scrittura diventa vitale, l'universo entro cui trovare il senso dell'esistenza, per dare forma viva ai ricordi che andrebbero inesorabilmente perduti.

Intelligenti, partorite da una mente raffinatamente sensibile, le pagine dedicate a Baudelaire. Ne analizza molti versi, cogliendone i colori e le emozioni che nessuno è stato in grado di eguagliare (e che il critico Sainte-Beuve non è riuscito neanche a intuire). 


È divertente notare come la Recherche, opera in parte autobiografica, sia letta dagli studiosi e dai lettori innamorati cercando nella biografia di Proust tutti gli eventi che si ricollegano all'opera...

11 gen 2023

Classifica: i più belli e il più deludente del 2022

Se gli scorsi anni, lentamente ma inesorabilmente, Proust diventava un'ossessione, il 2022 è stato l'anno della conferma di una malattia, la proustite, che non accenna a placarsi, ma anzi diventa sempre più piacevolmente velenosa. Proust e la Recherche sono diventati una categoria esistenziale, una cifra del cuore, un metro della mente, e tale malattia si concretizza in letture e studi che, nel mio stile, spesso sono rapsodiche. Se si aggiunge, poi, che l'anno appena passato è stato il centenario della morte dell'immenso scrittore francese, si spiega anche il nuovo viaggio a Parigi alla ricerca delle sue orme.

Ecco quindi che, tra studi e ossessioni, serenità e stabilità, l'anno appena trascorso è da ricordare inoltre per alcuni importanti viaggi: Parigi, come si scriveva; l'Austria e Tarquinia, per ascoltare e vedere posti nuovi; Matera, il Trentino e Firenze per rivedere bellezze che non dovrebbero mai affievolire. Ci sono stati pure i faticosi studi accademici che hanno contribuito a rendere l'anno appena finito, un anno da conservare e custodire nella memoria.

Ma è il momento del solito elenco di libri da ricordare:


1. L'angelo della notte - Giovanni Macchia

2. La colomba pugnalata - Pietro Citati 

3. Viva Gioconda! - Salvatore Fiume

4. La neve e il sangue - Giulia Cacciatore 

5. Le piccole speranze - Annalisa Trabacchi


I primi due sono dei classici della sterminata bibliografia proustiana, biografie psicologiche e raffinate scritture che ci proiettano dolcemente all'interno dell'Universo-Proust. Il romanzo di Fiume è stato una rivelazione; delicato, nostalgico, poetico, in grado di far vedere con gli occhi di un bambino una Sicilia che non c'è più. Il saggio della Cacciatore, che racconta avvenimenti biografici inediti su Bufalino che solleticano l'immaginazione, invece, apre nuove possibilità interpretative sull'opera del comisano e, in particolare, su Diceria dell'untore. È a pieno titolo nella cinquina dei libri più belli dell'anno, il primo romanzo della mia amica Annalisa: ironico, piacevolmente scorrevole, coraggioso. 

Una nota di demerito, invece, va assegnata a Le meraviglie del mondo di Lorraine Daston e Katharine Park. Sebbene il tema sia di straordinario fascino, la loro scrittura e la loro scelta architettonica rendono il volume noioso e pedante.

Bene, prima di riprendere in mano il prossimo libro, un buon proposito per il 2023: continuare a dedicarmi alla mia malattia, alla malìa che mi è stata lanciata...

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