Mostri, prodigi e fatti strani dal Medioevo all'Illuminismo, come da sottotitolo, definiscono l'ordine della natura delimitandone i limiti entro cui muoversi. La meraviglia è, infatti, una passione conoscitiva in grado di registrare i confini della realtà ed è chiaro quindi il motivo per cui nel Medioevo si distingueranno la scienza naturale, quella preternaturale (che studia ciò che non è conforme all'ordine naturale delle cose) e quella sovrannaturale (divina). Distinzione che, però, non sempre è rimasta fissata entro rigidi schemi, ma che alla fine si è evoluta e, in qualche modo, si è dissolta tanto da iniziare a svanire dal Settecento in poi. Dall'Alto Medioevo, le aberrazioni della natura (mostri, comete, gemelli siamesi, pietre rare e magneti), hanno sempre avuto un significato morale. Sono prodigi mandati da Dio per punire gli uomini dai loro peccati, oppure semplici scherzi di una natura autonoma e giocosa, oppure ancora difetti dell'universo stesso che, in realtà, non è così uniforme. Con l'Illuminismo però, con l'esaltazione della ragione e dell'ordine, con la convinzione che la meraviglia sia solo un sentimento scaturito dall'ignoranza della leggi naturali, si registra un approccio diverso e il meraviglioso diventa superstizione, una malattia dell'immaginazione, una passione disonorevole.
In modo non sempre lineare e limpido, il volume descrive come nella letteratura di viaggi, nella topografia, nelle cronache e nelle enciclopedie medievali i fenomeni naturali straordinari siano ai margini del mondo (dell'Europa). Meraviglie, soprattutto testuali e materiali, che saranno usati come serbatoi di potere per fini religiosi e rituali di corte. Nella cultura filosofica che va dal XII al XV secolo, tuttavia, in autori come Adelardo di Bath, Ruggero Bacone, Alberto Magno, Tommaso D'Aquino, la passione della meraviglia è rifiutata quale parte integrante dello studio dell'ordine naturale. Eppure dal 1370 al 1590 vari gruppi di intellettuali (Dondi, Ficino, Cardano, per esempio) riabilitano le meraviglie sia per la contemplazione filosofico-naturale, sia per l'investigazione empirica. Nella cultura europea del XV e XVI secolo le meraviglie migrano dai margini del mondo al Mediterraneo e all'Europa e quindi diventa più facile analizzare casi specifici sulle nascite mostruose, interpretabili alla luce di tre emozioni correlate e sovrapponibili: orrore, piacere e ripugnanza.
Il culmine dello studio del meraviglioso si ha nel XVII secolo, quando il preternaturale diventa elemento centrale nella riforma della storia e della filosofia naturale nelle società scientifiche, dove si studiano i mostri con una intensità senza precedenti. Boyle, Cartesio, Bacone dedicano molto spazio nelle loro opere alle meraviglie. Non è un caso che le wunderkammer, le camere delle meraviglie, non più solo di potenti e regnanti, ma anche di studiosi e intellettuali, ispirano Bacone e Cartesio nell'unire arte e natura e rappresentare un microcosmo raro e bizzarro. La relazione tra le passioni cognitive della meraviglia con la curiosità, nel XVII secolo, invece, se prima appare compatibile, con il tempo si separerà fino ad arrivare all'Illuminismo in cui le meraviglie diventeranno volgari e metafisicamente implausibili, politicamente sospette ed esteticamente ripugnanti.
Sebbene l'argomento sia incontestabilmente interessante, di fascino e di impatto, la scrittura accademica delle autrici, la stessa impaginazione e soprattutto la non linearità dello sviluppo ne fanno un testo noioso, pedante e pesante.
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