La ricerca appassionata di Lavagetto per l'errore lo porta a raccogliere piccoli indizi nella Recherche, all'apparenza insignificanti. Il critico scopre così "Un lapsus di Marcel Proust" (come da sottotitolo) nell'episodio in cui il Narratore si trova nella stanza del Barone di Charlus; la 43, appunto. Qui il Narratore-Marcel, senza volerlo, freudianamente mette in scena la sua omosessualità. Proust, nelle sue lettere e nelle interviste, dichiara che tra l'autore e il personaggio-narratore non c'è nessuna coincidenza. Eppure sono diversi i segni, le briciole in cui Proust si lascia sfuggire l'identificazione tra se stesso e il personaggio che dice Je della Recherche. Celebre l'episodio in cui Albertine lo chiama "Mon Marcel".
Ma il tema dell'omosessualità, tanto presente e centrale nel capolavoro proustiano, non può, secondo le parole dello stesso Proust (che ha sempre allontanato ferocemente le accuse di omosessualità), essere affibbiato al narratore. Quest'ultimo, infatti, è eterosessuale. Tuttavia, in questa apparente contraddizione, si nasconde la vera natura del parigino. È evidente nella celebre scena del bordello maschile di Jupien, nel Tempo ritrovato. Quella in cui in una notte di bombardamenti il narratore si rifugia e la stanza numero 43 gli viene assegnata per rifocillarsi. Qui sente dei lamenti al piano superiore e li insegue fino ad arrivare ad un occhio di bue dal quale può vedere l'interno della camera 14 bis. Nella stanza Charlus è incatenato a un letto di legno ed è frustato da Maurice. Dopo un po', quest'ultimo poco brutale per il Barone, è sostituito, melodrammaticamente e sadicamente, da un macellaio... Mentre il narratore si incammina verso casa, mentre ricorda la scena appena vista, pensa che Jupien aveva sostituito il letto di legno con uno di ferro più adatto per le catene nella stanza 43 (e non nella 14bis), quella del Narratore! Il personaggio che dice Je è quindi Proust stesso, l'omosessuale. Quell'io che racconta, quell'io che si illumina e ritrova il tempo perduto in fin dei conti, e nonostante Proust, è Marcel Proust.
Nei piccoli dettagli disseminati nella Recherche, quindi, l'identità del Narratore-protagonista si fa sempre più chiara. E se all'inizio della pubblicazione del primo volume, Proust categoricamente affermava che non c'è nessuna coincidenza tra l'autore e il narratore, nel tempo e nel romanzo le due figure si assorbono.
Altro aspetto psicologico interessante è lo stratagemma utilizzato dall'io (non onnisciente) del romanzo di osservare e descrivere da fuori l'omosessualità. Il protagonista, infatti, spia gli avvenimenti. Più volte nel romanzo, dalla scena lesbica del Montjouvan alla stanza 43 di Charlus, il narratore vede furtivamente e fortuitamente altri personaggi cadere nel vizio dell'omosessualità. Pretesto che lo porta ad ammirare e sviscerare dettagli che solo chissà cosa sia l'omosessualità può descrivere. L'io-spettatore è sempre clandestino, spettatore-spia suo malgrado di scene che lo segneranno emotivamente e gli lasceranno inconsciamente una cicatrice dolorante per tutto il romanzo.
Il lavoro di Lavagetto è impressionante e minuzioso; attento alle fonti, sviscera nella psicologia del protagonista l'alter Ego dell'autore. E alla fine non possiamo non concordare con lui.
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