Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

5 giu 2022

I miei paradossi - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1974)

"Ebbene, per me è un'esperienza personale. Quando vedo un bambino, o ad esempio un neonato, divento terribilmente triste. Quando i miei amici mi spediscono un annuncio di nascita, non so mai come rispondere. Non posso affatto rispondere. Non potrei assolutamente assumermi la responsabilità di gettare qualcuno in questo mondo. E se la vita, l'uomo, la storia, domani dovessero cessare, non sarei triste".


L'intervista con Leonhard Reinisch, di cui possiamo leggere in appendice un breve saggio del 1982, E. M. Cioran, il maestro della rovina, è centrata soprattutto sul valore del pessimismo, sulla morte (e quindi sulla vita e quindi sul suicidio) e sul valore mistico del paradosso. Cioran, assurdo ed estremo nel suo scetticismo e cinismo, ha sempre vissuto ai margini della vita; una vita inconcepibile, ma a 65 anni si meraviglia di essere vivo, di non essere ancora morto. Ciò lo deve, come sappiamo, all'idea della possibilità del suicidio, un'idea che paradossalmente alimenta la vita, un'esistenza calata dentro un ritmo insensato di eventi. E inevitabilmente il dialogo si sposta sul tema della storia. La tendenza mistica, sebbene non credente, di Cioran osserva distaccata la storia del mondo come processo di rovina, che ha avuto inizio da un essere diabolico. La libertà quindi si ottiene nei momenti della vita in cui si è al di là della storia, momenti fugaci ed unici. È una conseguenza logica, direi quasi divina, pensare che la procreazione sia il male più grande. Cioran confessa la sua asocialità, il suo essere straniero nonostante (e per questo) conosca bene la sofferenza degli altri. Reinisch insiste argutamente nel trovare paradossi e contraddizioni nel pensiero del filosofo rumeno. E quest'ultimo, che non li smentisce, ne esalta il loro significato metafisico. Nessuna speranza quindi, nessun futuro; ciò che ci aspetta è solo una tragedia.

Una parentesi interessante da notare: il giudizio durissimo di Cioran su Sartre, malgrado l'intervistatore lo incalzi più volte a parlare di Camus che, invece, non commenta mai.

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