Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

15 apr 2019

Meglio non essere mai nati - David Benatar (Saggio - 2006)

"Che venire al mondo sia un male è una conclusione dura da accertare per la maggior parte delle persone. Molti sono felici di essere nati perché si godono la vita. Ma queste valutazioni sono errate precisamente per le ragioni che ho evidenziato. Il fatto che uno si goda la vita non rende la sua esistenza migliore della non esistenza, perché se quella persona non fosse venuta al mondo non ci sarebbe stato nessuno a sentire la mancanza della gioia di condurre quella vita e quindi la mancanza di gioia non sarebbe stata un male. Si noti, al contrario, che ha senso rammaricarsi di essere venuti al mondo se non ci si gode la vita".


Contro l'ottimismo proposto dalle teorie dell'evoluzione, Benatar (e non è il primo nella storia del pensiero) sostiene che la vita sia una tragedia, un oltraggio. Siamo abituati a credere in termini ottimistici: pollyannismo, adattamento alle disgrazie, confronto tra la nostra vita e quella degli altri, sono alcuni processi psicologici legati all'evoluzione che ci inducono a credere pregiudizialmente che vivere sia un bene e che la vita sia migliore di quanto sia in realtà. Tuttavia nascere costituisce un male ("Il dolore di venire al mondo", recita il sottotitolo) ed è solo un'illusione ritenere che sia degna di essere vissuta. Tutte le vite, anche quelle degli ottimisti, contengono tanto dolore. Venire al mondo è un male e le nostre vite, anche nelle migliori delle ipotesi, sono pessime.
Da queste premesse è logico pensare che sia meglio non procreare (non si fanno figli per amore dei figli, ma solo per puro egoismo, checché ne dicano i più); così come è logico avere posizioni abortiste. Ma siamo qui, destinati a vivere la sofferenza, tuttavia siamo anche in grado di prevenire il dolore a nuove potenziali vite. Perché quindi continuare a procreare, a generare altre vittime incolpevoli? Non esistere è preferibile a esistere. Se si obbiettasse che così però non avremmo il vantaggio del piacere, si potrebbe rispondere semplicemente che l'assenza di piacere comunque non sarebbe un male.
Naturalmente l'analisi di Benatar si rivolge anche al problema della sovrappopolazione (tema mai preso davvero in considerazione dalla politica). La soluzione logica al problema è davanti  agli occhi di tutti (non procreare più), e il derivante rischio di estinzione, tanto considerato dagli oppositori pro vita, non risulta essere un reale problema: è sempre preferibile non essere mai nati. Ne consegue ancora che è opportuna l'estinzione...

Con una logica accademica, Benatar sviluppa le sue tesi cercando di confutare tutte le possibili obiezioni. Per questo il saggio non è facile, per lo stile, accademico e rigorosamente logico, ma non è facile neanche per chi crede che essere vivi sia meglio che non essere mai nati. 
In un'età storica in cui si sente spesso parlare di crisi demografica e crisi delle natalità, un libro come questo, nonostante l'approccio non sia divulgativo, sarebbe da prendere in considerazione  per aprire diversi scenari di riflessione.

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