Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

24 gen 2019

Schopenhauer e Leopardi e altri saggi leopardiani - Francesco De Sanctis (Saggi - 2013)

"Leopardi e Schopenhauer sono una cosa. Quasi nello stesso tempo l'uno creava la metafisica e l'altro la poesia del dolore. Leopardi vedeva il mondo così, e non sapeva il perché.
Arcano è tutto 
Fuor che il nostro dolor
Il perché l'ha trovato Schopenhauer con la scoperta del 'Wille'".


In questo celebre dialogo del 1858, il critico letterario De Sanctis, approfondendo lo spessore filosofico di Schopenhauer, mette a confronto il pensiero del tedesco con la poesia di Leopardi, rintracciandone le analogie che legano questi due meravigliosi autori.
Il saggio in verità è un dialogo tra due amici, A. e D., che si confrontano sulla filosofia dell'anti-hegeliano Schopenhauer. A., in gioventù appassionato di filosofia e da adulto astronomo, non ha più a cuore la filosofia. Da buon scienziato positivista, crede che, insieme alla teologia, sia destinata a sparire di fronte alle conquiste della scienza. D., invece, nel presentare appassionatamente la filosofia del filosofo tedesco, ne apprezza gli atteggiamenti anti-idealistici e lo paragona al poeta italiano. E i due amici, feroci anti-idealisti anch'essi, si ritrovano ad elogiare la profondità di Schopenhauer e di conseguenza il pensiero tragico di Leopardi, capace quest'ultimo di cogliere la stessa verità del filosofo attraverso la poesia.
Ma mentre il primo saggio-dialogo è prevalentemente su Schopenhauer, gli altri brevi tre, invece, sono dedicati unicamente a Leopardi. Nel primo, "La filosofia di Leopardi", il poeta è descritto come un moralista vicino ai sensisti e a tutti quei classici che hanno fatto del dolore e dello scetticismo la loro dimensione riflessiva. Ne "La morale di Leopardi" sono proposte la consolazione e la rassegnazione quali guide del nostro agire, mentre nell'ultimo saggio, "La prosa di Leopardi", De Sanctis evidenzia quanto lo stile dello scrittore recanatese sia logico, elegante, classico, letterario, ma poco efficace e quindi poco diretto.

Un libretto che si legge velocemente, grazioso quanto raffinato. Ho gradito particolarmente quando De Sanctis, che apprezza in massimo grado Schopenhauer e Leopardi (e quindi e per forza di cose odia l'idealismo tedesco), considera Kant pavido e teologo cristiano. Come me.

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