Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

1 set 2012

Horror pleni - Gillo Dorfles (Saggio - 2008)


"Il tempo di un Paese e dei suoi abitanti, dunque - nonostante la presunta globalizzazione e gli scambi incessanti tra i popoli - rimane ancora ancorato a quello che è lo stadio evolutivo, piuttosto che alla sua peculiarità etnica. Per cui la concezione temporale non potrà uniformarsi a quella dominante sul pianeta se anche il linguaggio non avrà compiuto una sua lenta, ma inesorabile, evoluzione (o involuzione)".

Non esiste uno spazio vuoto. Etere, muri di città, strade: nulla respira. Nella nostra società del consumismo siamo saturi di messaggi, siamo bersagliati da informazioni che spesso non hanno consapevolezza in noi. È un bene tutto ciò? Ecco una delle domande che si pone l’autore di questa raccolta di articoli rielaborati e già pubblicati dal 'Corriere della Sera'. Viviamo in una società in cui 'la (in)civiltà del rumore', come recita il sottotitolo, è pregnante, assuefacente. Politica, letteratura, arte, moda, siamo assuefatti dalle novità, dall'originalità a tutti i costi e non c'è più spazio per lo stupore. Una pioggia battente e costante che scivola sulla nostra pelle di plastica. L’inquinamento prodotto da notizie-proiettili che non riusciamo a schivare e che ormai ci vedono impermeabili, il rumore fastidioso quanto orripilante che coinvolge tutti i nostri sensi, ecco cosa ci resta di questo bombardamento. 
Altra domanda dunque: presa coscienza di tale inammissibile bombardamento, siamo costretti a subirne inevitabilmente il rumore o possiamo ritagliare uno spazio per reagire? Per Dorfles innanzitutto serve avere consapevolezza del mondo che ci circonda, solo dopo possiamo pensare di affrontarlo. Occorre pertanto affinare le proprie capacità critiche, carpire il senso del tempo libero, recuperare autonomia, individualità. Gli strumenti per agire in tale senso ci sono: l’estetica come promotrice di differenziazione, ad esempio, prestare attenzione al linguaggio, all'educazione, al buon gusto; tutte armi per attraversare la guerra contro l'appiattimento e il rumore.

Alcune considerazioni del filosofo e critico d’arte possono apparire ovvie, in alcuni casi persino banali, tuttavia celano sempre qualcosa di ben più profondo e attento. È una raccolta intelligente, per lo più condivisibile; un libro di critica, ma che non si limita solo a ciò e cerca di trovarne rimedio.

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