Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

8 set 2012

Le cose dell'amore - Umberto Galimberti (Saggio - 2004)


"Nessuno, infatti, ama l'altro, ma ognuno ama ciò che ha creato con la materia dell'altro. Siamo irriducibilmente racchiusi nella nostra solitudine, e se trascendenza si dà, questa percorre lo spazio che c'è tra la natura e la sua trasfigurazione. Ciò che si ama è dunque la nostra creazione, non la natura, ma ciò che, a partire dalla natura, siamo in grado di creare".

Galimberti, in questo libro, pone domande e analisi sull’amore in un’epoca in cui si ha l’impressione che l’amore, nonostante alcune libertà culturali conquistate, sia inflazionato e totalmente libero da essere quasi privo della libertà stessa. 
Secondo il filosofo, nella relazione con l'amato si cerca se stessi, nel tu si cerca l'io. È l’aspetto più interessante del libro, un amore che non è per l’altro ma è egoistico. Diventa condivisibile l'insistenza dell’autore di descrivere la natura dell'oggetto amato. Di esso non si ama l’intrinseca natura, bensì la creazione, l'immagine idealizzata che il soggetto si costruisce. Eppure questo amore di sé salva l'individuo dalla società e dalle maschere da esse imposte. Purtroppo però l’uomo ha poco coraggio di amare; oscillante tra desiderio, idealizzazione, ricerca di sicurezza, si confonde e si perde in pulsioni contraddittorie e spiazzanti. Ecco perché il libro mette in relazione l’amore con una serie di concetti adiacenti, convergenti e opposti. Si passa dal rapporto con la trascendenza (il Dio dei mistici per intenderci; un Dio che ritroveremo anche a sproposito per tutta la lettura…), al rapporto con l'odio, l'aggressività, e dopo diversi salti fino ad arrivare all’amore che si conserva e allo stesso tempo muta nel matrimonio. Lungo questa corsa di parole, possiamo leggere la definizione dell'amore come un tentativo per spiegare l'uomo.
C’è nel testo però un afflato assolutistico che non mi convince. Tutti amiamo allo stesso modo? Siamo sicuri che tutti scegliamo liberamente il nostro partner o invece siamo solo costretti dal caso, dalla fretta, dall’imprevedibilità degli eventi? Sembra che le determinazioni dell'amore e degli altri termini legati a esso siano assoluti, universali, quando invece credo che si debba essere più attenti a mostrare le differenze. È uno studio che si inserisce lungo la scia delle definizioni dell'amore platonico, romantico, cristiano... L'amore proustiano dell'illusione, l'amore materiale della biologia non sono quasi mai presi in considerazione.
L’argomento, si sa, è complicato, sfuggente. Malgrado ciò Galimberti sviscera il tema con acutezza e scrupolo, mettendo a nudo oggetti e relazioni di una questione che non finirà mai di porre domande, di riproporne, di suggerire ancora una volta le debolezze dell'uomo e della società in cui è claustrofobicamente incastrato.

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