Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

28 apr 2010

Le intermittenze della morte - José Saramago (Romanzo – 2005)

"Seguendo l'esempio dell'anziano della pagina trenta, i morti avevano voluto morire, quindi sarebbero stati registrati come suicidi nel certificato di morte"

Come nel sublime "Cecità", s’inizia da una circostanza tanto assurda quanto originale: nessuno, almeno in uno stato, poteva morire; nessuno, anche a volerlo, era in grado di trapassare ad altra vita. Da una situazione così inconcepibile e miracolosa, lo scrittore portoghese sviluppa una storia estremamente logica, estremamente sensata; estremamente impossibile. Ovviamente, in tutta questa razionalità e in questa assurdità, scoppia il caos...
Non c'è nel romanzo, almeno nella prima metà, un protagonista unico, un personaggio da seguire. Il protagonista non è qualcuno d'identificabile. E' piuttosto l'assurdo con le sue logiche conseguenze; è l'invenzione con il suo freddo estremismo. In verità, un personaggio principale, sotto pelle, si può avvertire. Dietro questa indefinibilità, celata sotto due metri di terra, la morte, la sua idea, la sua iconografia, sorride e si bea della sua condizione di eroina silenziosa e al contempo burattinaia. Nella seconda metà del romanzo, invece, la morte in persona, lo scheletro con il cappuccio e la scure, decide di essere il primo attore reale del racconto. E' lei che con educazione, dal suo punto di vista, decide di ritornare ad ammazzare; che decide stavolta di avvisare con delle lettere le sue vittime una settimana prima; che, infine, decide di assumere fattezze di donna...
Le conseguenze alle assurdità, come si diceva, sono lucide e raffinate. Non sfuggono tuttavia, specialmente nel finale, cadute logiche, amnesie della memoria. Tuttavia la sintassi, affascinante, suadente, raffinata, non priva dell'ironia suscitata dal paradosso, permette al lettore di assaporare con dolcezza ogni pagina, senza mai nausearsi.
Le inevitabili riflessioni sulla morte che possono suggerirsi, le quali si riflettono naturalmente sul senso della vita, nascondono, neppure tanto bene - ma si conoscono le idee del primo nobel portoghese - critiche all'insegnamento religioso. Significativa la volontà, il conato di morte degli uomini. E' solamente nella normalità, nella banalità della vita e della morte che si può esistere.
Il finale mi fa storcere il naso. Seppur d'effetto, per via dello stile amabile e allo stesso tempo con fuoco, pecca di vera originalità. Sembrerebbe di essere di fronte ad un colpo di scena, ma, se ci si sofferma un po' di più, il colpo a effetto perde quella caratteristica di spaesamento, di spiazzamento, e si può controllarlo.
Non è allo stesso livello di "Cecità" in quanto a audacia e pregnanza, ma è pur sempre una lettura piacevole e stuzzicante.

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