Partendo da primitive considerazioni sulla natura fisica delle comete (non mancano, è ovvio, gli attacchi contro le superstizioni sulle eclissi) Bayle spiega, con piglio da filosofo e la sicumera di chi è certo di ciò che sostiene, l'impossibilità per le comete di influenzare gli eventi sulla terra. E' vero, le spiegazioni astronomiche, oggi, appaiono grossolane e ingenue. Da questo punto di vista è un libro che non sorprende.
La novità, l'originalità del libro sta invece nella critica che è fatta contro le superstizioni, di natura astrologica, partorite per ignoranza dai pagani e che poi furono adottate, sempre per ignoranza, dal cristianesimo. Dall'attacco contro i costumi superstiziosi che il cristianesimo ha coltivato e fomentato, si giunge all'assoluzione risoluta degl'atei, genericamente accusati delle turpitudini che gli stessi cristiani commisero e commettono. Si arriva perciò a una lunga disamina rivolta al raffronto tra l'idolatria e l'ateismo, nella quale quest'ultimo appare di grado superiore alla prima. La lotta contro le superstizioni diventa pertanto un pretesto per discutere pure i limiti dell'insegnamento evangelico, il quale induce furbescamente gli uomini ad andare contro le proprie naturali inclinazioni. In tutto questo, un accenno positivo all'epicureismo è fatto, rendendo giustizia a una scuola filosofica tanto incompresa quanto denigrata.
Poi, nell'analisi storica e razionale che segue, il filosofo francese dibatte sulla politica e sulla religione che, in quel secolo perseguitato da guerre religiose, stavano devastando l'Europa. Perviene a una conclusione davvero rivoluzionaria: per la prima volta dopo l’avvento del cristianesimo, si afferma pubblicamente la legittimità dell’ateismo. E non solo: secondo Bayle è possibile che un governo ateo sia giusto e comunque non più malvagio di uno formato da sentimenti religiosi. Solo per questa tesi il libro resta un classico del libero pensiero, diventa un libro capitale!
A tratti emerge un filosofo un po' pedante e serioso che nelle quasi 500 pagine affatica e lascia sonnecchiare il lettore. Le continue citazioni classiche (alcune, in verità, davvero curiose), le tesi più volte ripetute, sembrano alla lunga, aldilà dell'evidente autocompiacimento erudito, eccessive.
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