La trama di questo romanzo, quasi assente in verità, si riflette sulle inettitudini del protagonista - per certi versi lo stesso autore - e la storia si riduce alla narrazione di singoli eventi. Come Alberto Pisani (il vero nome di Dossi, Carlo Alberto Pisani) la storia, infatti, è incostante, balbettante, stentante. Una vita, brevissima, che si muove verso la ricerca, sin dalla preadolescenza, d'una ragazza da amare, da desiderare; d'una musa a cui dedicare i propri versi d'amore, le proprie opere letterarie di giovane scrittore; d'una donna in grado di capire le impertinenze della sua ragione infettata dagl'innumerevoli libri letti.
Il romanzo non è facile da leggere; è esuberante, esplosivo, forsennato, quasi delirante. Lo stile, che ricorda un Gadda ante litteram, pesantemente barocco, ricco di neologismi, di francesismi, di regionalismi, di voci arcaiche persino per l'Ottocento, dalle caratteristiche volutamente antimanzoniane, carico dell'esuberanza di un giovane scrittore, rallenta e stanca a dismisura la lettura. I racconti scritti dal protagonista, di cui è costellato il romanzo, spezzano modernamente l'andatura della storia, tuttavia questo singhiozzo risulta a tratti ritmico a tratti disorientante. La bellezza del romanzo è da ricercare più su alcune originali intuizioni nella struttura ironica, nei dialoghi improvvisati solamente con certuni lettori, più che nella storia o nello stile eccessivo e straripante.
E' un gioco mirabolante insomma in cui i protagonisti sono, insieme alle parole, i capitoli e la struttura ironica che fanno da contrappunto alla drammaticità foscoliana degli eventi narrati.
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