Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

12 lug 2020

Il d'Holbach dell'ultimo Leopardi: tra materialismo e pessimismo - Paola Villani (Saggio 1996)

"È, quest'ultima [Il Buon senso], l'opera del Barone che sicuramente Leopardi lesse, e dalla quale trasse numerosi spunti. La principale prova holbachiana per la confutazione di ogni deismo o teismo è l'esistenza del male nel mondo: la creatura più perfetta di questo ipotizzato Dio, cioè l'uomo, è soggetto ad ogni sorta di imperfezione, e soprattutto non votato alla felicità, come invece dovrebbe accadere a colui per il quale tutto è stato creato".


Tra il 1823 il 1824 Leopardi approda a una seconda fase filosofica. Dopo quella illuministica, il poeta si spinge sempre più radicalmente nelle istanze del materialismo, soprattutto in quello di matrice holbachiana. Il rapporto tra Paul Henry Thiry d'Holbach, il grande filosofo materialista, e Giacomo Leopardi, il gigante poeta e pessimista cosmico, è noto sebbene poco esaltato dalla critica. Questo attento e puntuale lavoro accademico, però, cerca di rimediare e mette in luce i molteplici punti di contatto nel loro pensiero. 
Atei entrambi, per il Barone e il Poeta la felicità si identifica con il piacere e da questo assunto la natura e la società sono analizzate sotto la lente del materialismo. Nello studio non troviamo solo le affinità tra i due, ma anche sostanziali differenze. Il materialismo meccanicistico gnoseologico, per esempio, porterà Leopardi (non in contraddizione con lo spirito romantico della sua poesia che si nutre della visione settecentesca), a differenza di d'Holbach, a una visione morale radicalmente pessimista. L'uomo fisico, l'uomo naturale, l'uomo biologico è impossibilitato a vivere felice ed è condannato a non essere mai pienamente soddisfatto, perché non esistono piaceri che durano all'infinito. In d'Holbach, invece, almeno nella sua prima fase filosofica, la conoscenza contro le illusioni e le superstizioni dà libertà e l'uomo che scopre la realtà giunge consequenzialmente alla felicità. Quello leopardiano, invece, si prepara alla morte come liberazione da ogni male e infelicità.
L'esito del pessimismo e della mancanza di speranza potrebbe portare a considerare il suicidio come inevitabile, come conseguenza razionale. Ma, d'accordo, i due pensatori sostengono che il suicidio sia un atto contro natura. Non ci resta quindi che condannare le menzogne e prepararsi alla morte e all'avvento del nulla. L'autrice dunque non può non spendere alcuni richiami alle ovvie conseguenze politiche: anti assolutisti, Leopardi e d'Holbach si fanno fautori di un rinnovamento etico sociale che possa portare gli uomini a vivere una vita di consapevolezza; una coscienza che ancora tarda ad arrivare.
Un lavoro accademico notevole, imprescindibile se si vuole studiare Leopardi nel suo rapporto con il pensiero materialistico settecentesco.

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