Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

3 apr 2011

Il sosia - Fedor Michàjlovic Dostoevskij (Romanzo - 1846)

"La notte era orribile, una notte di novembre umida, nebbiosa, piovosa, nevosa, gravida di flussioni, di raffreddori, di angine, di febbri di ogni specie e qualità possibili; a farla breve, di tutti i doni che elargisce il novembre pietroburghese!"

Storia di un pazzo - sul cui sfondo, lontani ma non troppo, scoviamo il Gogol' dei "Racconti di Pietroburgo" e l'Hoffmann de "Gli elisir del diavolo" - , il secondo romanzo dell'immenso scrittore russo ci delizia e ci annoia al contempo. Se da un lato il protagonista, Goljadkin, possiede tutte le caratteristiche del personaggio assillante, se è in nuce un tipico uomo dostoevskiano, contorto, silenzioso, incapace di mentire, prossimo alla follia, che ha una luce negli occhi simile a quella della 'verità', il romanzo, dall’altro, è gravido di pedanteria e di prolissità.
La storia non è complessa. Goljadkin, dopo essersi presentato con tutte le sue manie da un medico, dopo una disturbante notte di ballo, in preda al tormento, terribilmente, si ritrova di fronte un altro se stesso, identico in tutto e per tutto; un sosia appunto. Seguiranno altri incontri. Costretti a lavorare insieme, dopo un primo approccio amichevole, il sosia si rivelerà un approfittatore e uno spregevole personaggio. Ma soltanto il nostro eroe, angosciato, vede come suo identico l'uomo del suo terrore. Gli altri personaggi, pur vedendolo, colgono di uguale solo il nome e una certa somiglianza. Lo scontro quindi diventa inevitabile, ma ad avere la peggio è sempre il primo Goljadkin. Umiliato, offeso, deriso, scavalcato dalla prepotenza del sosia, il protagonista non riesce a reagire se non manifestando assillanti ripetizioni gestuali e ossessive manie. Il pensiero dell’eroe è espresso nei dettagli della sua insicurezza, paranoica, che pensa spesso anche alle più piccole facezie. E anche se la narrazione è in terza persona, lunghi momenti di prima persona ne caratterizzano la figura di Goljadkin. Il racconto si fa angosciante; i due si rincorrono, si odiano, e se anche si trovano innanzi alla possibilità di confrontarsi una volta per tutte, c'è sempre qualcosa (spesso architettato dal sosia) che intralcia, che li separa, e il primo è di continuo costretto a inseguire. Fino alla fine, fino a quando Goljadkin, invitato con uno stratagemma a un ballo, si ritroverà a fare i conti con la sua pazzia.

Se è da ammirare il modo in cui l'analisi della tortuosa psicologia di Goljadkin sia caratterizzata dalle ossessioni, dalle dimenticanze, dai lapsus (che interessano anche gli altri personaggi), il racconto, così ridondante, a tratti estenuante, appare meno accattivante degli altri capolavori dostoevskiani.

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