Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

6 ago 2010

La camera chiara - Roland Barthes (Saggio - 1980)

"Dovevo penetrare maggiormente dentro di me per trovare l'evidenza della Fotografia, quella cosa che è vista da chiunque guardi una foto, e che la distingue ai suoi occhi da ogni altra immagine. Io dovevo fare la mia palinodia"

Le riflessioni e le digressioni sulla fotografia, sul suo senso ontologico, la ricerca fenomenologica che diventa introspettiva, sono quasi un pretesto per Barthes di parlare di sé. La Fotografia, nella spiegazione barthesiana, è disordine, è emblema dell'assoluto particolare. Compito del critico francese è quindi quello di darne un significato, partendo proprio dal particolare, da singole foto scelte da lui per il loro valore affettivo ed emotivo. Tra scienza e soggettività dunque. E', come si diceva poc'anzi, l’onesto espediente per sviscerare la sua stessa natura di soggetto in posa, nel caso in cui è 'immortalato' (lo 'spectrum'), o per sviscerare la sua stessa natura di soggetto fruitore di foto altrui (lo 'spectator'). Barthes non è un fotografo (lo 'operator'), ma della fotografia ne subisce il fascino, la spietatezza dell'invadenza, il disordine ossimorico insito nell’universo delle foto. Da critico sottile e raffinato qual era, non poteva pertanto non considerare le ragioni di tale invadenza e per farlo mette a nudo anche suoi ricordi intimi, in un crescendo pure emotivo che rende il libro un piccolo gioiello saggistico.
La digressione, specialmente nella seconda parte del volume, assume un carattere quasi proustiano. Ne sono prova non solo i continui rimandi personali alla figura (e alle foto) della madre, ma anche alla 'Recherche' dello scrittore francese.

Del libretto, corredato da bellissime foto e dal solito e inequivocabile paratesto barthesiano, mi piace l’afflato personale dell'autore. E' attraverso l'esperienza di utilizzatore di foto, non di tecnico della fotografia, che lascia parlare le sue emozioni. Ma tale soggettività non deve ingannare il lettore; il procedimento fenomenologico di Barthes si conclude con valutazioni che possiedono un loro status universalistico e, in qualche modo, obiettivo.
Del resto l'estetica della fotografia deve, per forza di cose, rimandare al singolo.

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