Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

7 lug 2025

Etica dell'intelligenza artificiale - Luciano Floridi (Saggio - 2022)

"Con un classico esempio che ho usato più volte, un telefono cellulare può battere quasi chiunque a scacchi, pur essendo intelligente come un tostapane. In altre parole, l'IA segna il divorzio senza precedenti tra la capacità di portare a termine compiti o risolvere problemi con successo in vista di un dato obiettivo e il bisogno di essere intelligenti per farlo. Questo riuscito divorzio è diventato possibile solo negli ultimi anni, grazie a gigantesche quantità di dati, strumenti statistici molto sofisticati, enorme potenza di calcolo e alla trasformazione dei nostri contesti di vita in luoghi sempre più adatti all'IA (avvolti intorno all'IA). Quanto più viviamo nell'infosfera e onlife, tanto più condividiamo le nostre realtà quotidiane con forme di agire ingegnerizzate, e tanto più l'IA può affrontare un numero crescente di problemi e compiti. Il limite dell'IA non è il cielo, ma l'ingegno umano".


Che cos’è l’intelligenza artificiale? È davvero “intelligente”? E, soprattutto, che responsabilità abbiamo noi nel modo in cui si sviluppa e si applica? Luciano Floridi, uno dei filosofi italiani più attivi nel campo dell’etica digitale, affronta queste domande in un testo più concettuale che tecnico.

Per il filosofo, l’IA è una forma di azione potentissima, ma non intelligente. E qui arriva subito la provocazione: con l’intelligenza artificiale, si rompe l’antico legame tra la capacità di agire e l’intelligenza che la guida. La macchina agisce, ma non pensa. L’uomo, al contrario, pensa, ma non sempre agisce con la stessa precisione o velocità. La rivoluzione digitale ha reso questa frattura non solo possibile, ma strutturale; oggi costruiamo ambienti (l’infosfera) che sembrano pensati per l’IA, e non più per l’essere umano. Tuttavia, Floridi non si lascia andare a facili allarmismi. Non serve temere l’IA come una minaccia esterna o come una futura Skynet in versione hollywoodiana. Floridi liquida come fantascienza l’idea di macchine superintelligenti che prenderanno il sopravvento sull’umanità. Per lui, il vero rischio non sono le macchine, ma siamo sempre noi. I pericoli nascono non da ciò che l’IA è, ma da come noi scegliamo di usarla. Il nostro obiettivo, quindi, è il dovere di indirizzarla, far sì che il suo sviluppo sia al servizio del bene sociale. E per farlo serve la filosofia, serve l’etica. Il cuore del libro sta tutto qui: l’etica come bussola per orientare una trasformazione epocale. L’approccio proposto è preventivo, che riprende quattro principi della bioetica classica (beneficenza, non maleficenza, autonomia, giustizia) aggiungendone uno nuovo, pensato su misura per il digitale: l’esplicabilità. Un concetto che unisce trasparenza e responsabilità; sapere come funziona un sistema, e chi risponde delle sue azioni. Il saggio tocca anche i rischi pratici legati all’uso distorto dell’IA: dalle frodi finanziarie al traffico illecito, fino ai crimini contro la persona. Eppure l’autore non dimentica l’altro lato della medaglia, le immense potenzialità sociali che l’IA può offrire, se ben progettata, ben normata, ben compresa. 

Un libro necessario, che invita a ripensare il nostro rapporto con la tecnica senza cadere né nel catastrofismo né nel tecnolatrismo. Perché se l’intelligenza artificiale non è davvero “intelligente”, lo siamo noi (o almeno, dovremmo esserlo). Il volume resta comunque un saggio impegnativo, non sempre scorrevole né accattivante, soprattutto per chi non ha dimestichezza con il linguaggio filosofico. Ma vale la fatica, perché obbliga a pensare prima di accettare (o temere) ciò che ci circonda.


5 lug 2025

Noi figli di Eichmann - Günther Anders (Saggio - 1964)

"Lei sa che nelle carni delle vittime di Suo padre, non appena entrati nel lager, a mo' di marchio del mostruoso venivano incisi dei numeri. Anche Lei si porta con sé - per il fatto che ciò che ha dovuto subire è troppo grande per Lei e supera ogni possibile immaginazione - un simile marchio del mostruoso: il numero SEIMILIONEUNO. E anche se questo numero resta invisibile e non è stato inciso nella Sua carne ma soltanto nel Suo destino; tuttavia il Suo numero non vale meno dei numeri dei sei milioni che sono stati bruciati, né vale meno di quelli che ancora oggi si possono vedere sul braccio degli scampati"


Ci sono libri che non cercano lettori: cercano testimoni. È il caso di questa lettera, che non è stata scritta per informare o commuovere, ma per svegliare. Il filosofo lo fa rivolgendosi a Klaus Eichmann, figlio del gerarca nazista Adolf Eichmann (uno dei principali responsabili dello sterminio degli ebrei, il burocrate che organizzò la “soluzione finale”) ma in realtà parla a noi: figli e nipoti di un’epoca che non ha ancora fatto davvero i conti con se stessa. Il messaggio è chiaro e scomodo: non basta essere nati dopo quella mostruosità per sentirsi assolti. Se Eichmann ha obbedito senza pensare, noi rischiamo ogni giorno di fare lo stesso. In modo più silenzioso, più sofisticato, ma non per questo meno pericoloso. Viviamo in un mondo in cui le decisioni si eseguono premendo un pulsante, senza vedere il volto dell’altro. È la tecnica che ci deresponsabilizza; è l’efficienza che ci disumanizza. Non serve essere mostri per partecipare al male: basta essere ingranaggi. Obbedienti, funzionali, automatici. È questo che rende Eichmann spaventoso: la sua normalità. La sua banalità, come dirà Hannah Arendt. Ma Anders non accusa: chiama alla responsabilità. Denuncia la neutralità morale di chi si limita a dissociarsi, senza mai interrogarsi. Essere, anche noi, figli di Eichmann significa vivere in un mondo che può ancora produrre Eichmann. Ma significa anche avere la possibilità e il dovere di fare diversamente.

Il volume si chiude con una seconda lettera, scritta venticinque anni dopo la prima, che non aveva mai ricevuto risposta. Stavolta, Anders esprime una preoccupazione ancora più profonda: il riemergere del negazionismo e dell’antisemitismo, figli di quella stessa indifferenza che caratterizza i figli di Eichmann.

Un testo breve, spietato, urgente.

4 mag 2025

Una strana guerra fredda - Sara Lorenzini (Saggio - 2017)

“Tutta la storia dello sviluppo è immersa nell'imperativo del coordinamento. La parola d'ordine era cooperazione. Cooperazione fra alleati, cooperazione nelle organizzazioni internazionali, cooperazione solidale fra Nord e Sud e fra Sud e Sud. Questa visione armonica era forse un desiderio, ma non certo la realtà. Nella storia parallela dello sviluppo durante la guerra fredda, il coordinamento fra alleati fu tentato da entrambe le parti con ostinazione, ma non fu mai semplice e soprattutto non fu mai completo”.


Nel panorama ormai vastissimo della storiografia sulla Guerra Fredda, questo volume rappresenta un contributo originale e necessario. Si sposta lo sguardo, infatti, dai consueti protagonisti – Stati Uniti e Unione Sovietica – per concentrarsi sul ruolo cruciale del Sud globale, ovvero i paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina emersi dallo sconvolgimento della decolonizzazione. La Guerra Fredda, pur essendo nata come confronto ideologico e geopolitico tra due superpotenze, si è giocata anche al di fuori dell’Occidente, in contesti dove i problemi non erano solo l’equilibrio militare o il contenimento reciproco, ma piuttosto lo sviluppo economico, la lotta alla povertà, l’accesso all’istruzione e alla salute. In questi scenari, la competizione tra USA e URSS assumeva un volto nuovo: si trattava di conquistare cuori e menti attraverso modelli alternativi di modernizzazione.

L’autrice insiste in particolare sulla difficoltà di costruire un approccio davvero globale al tema dello sviluppo, che fu invece spesso trattato secondo logiche regionalistiche, frammentarie e influenzate dalle singole agende delle potenze. Questo limite ha inciso profondamente sulla reale efficacia delle politiche di cooperazione internazionale, contribuendo a mantenere o addirittura ad accentuare le disuguaglianze tra Nord e Sud.

Il libro mostra come la corsa allo sviluppo non sia stata solo una retorica di facciata, ma una vera arena di scontro, in cui le élite dei paesi postcoloniali hanno avuto un margine di autonomia ben maggiore di quanto si possa pensare. Ne emerge una storia ricca di ambiguità, in cui le potenze cercavano di guadagnarsi l’appoggio del Sud globale anche a costo di adattare i propri modelli ideologici.

Scritto con chiarezza e sobrietà, il libro è utile sia per chi vuole comprendere meglio la complessità del secondo Novecento, sia per chi cerca strumenti per leggere le persistenti disuguaglianze Nord-Sud nella loro genealogia storica.

28 mar 2025

Lorenzo Respighi – Michele Cifalinò, Ippolito Negri (Saggio - 2024)

"Il lavoro di Respighi, in quanto fisico e astronomo, si inserisce in un contesto storico che lo vede protagonista nella nascita e nello sviluppo dell'astrofisica in Italia. Come già accennato, si interessò di astronomia di posizione, astronomia geodetica, osservazioni solari e astronomia strumentale, ma la sua attenzione fu rivolta principalmente all'astronomia fisica, tanto da essere considerato uno dei pionieri di tale disciplina in Italia."


Su Lorenzo Respighi (Cortemaggiore, 1824 - Roma, 1889) le informazioni sono scarse, limitate a pochi cenni biografici online, a qualche articolo pubblicato su riviste locali e nulla più. Eppure, siamo di fronte a un eminente scienziato che ha tracciato sentieri di notevole valore scientifico. Astronomo tra i più insigni del suo tempo, Respighi è stato una figura di fondamentale importanza che oggi meriterebbe di essere rivalutata. Nonostante la sua poca notorietà, oscurato dalla fama di celebri contemporanei come Padre Angelo Secchi, Giovanni Schiaparelli, Pietro Tacchini — alcuni dei più celebri astronomi italiani della seconda metà dell'Ottocento — l'astronomo piacentino ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'astronomia, e non è solo giusto, ma anche doveroso ricordarlo.

Meticoloso nella raccolta e nell'elaborazione dei dati, Respighi è ricordato soprattutto per i suoi studi sulla declinazione (che gli permisero di compilare due cataloghi stellari con la posizione media di oltre 2500 stelle), per l'invenzione del prisma obiettivo (probabilmente la sua invenzione più importante, uno strumento che segnò storicamente il successo degli studi spettroscopici), per le sue scoperte cometarie e per gli studi sulla cromosfera del Sole durante l'osservazione di un'eclissi totale in India nel 1871.

Scienziato poliedrico, non si dedicò solo all'astronomia, ma anche alla matematica, alla geodetica, alla fisiologia e alla meteorologia, contribuendo significativamente alla storia della scienza. Tuttavia, fu anche un uomo che in qualche modo subì gli eventi storici del suo tempo, in particolare quelli del Risorgimento. Basti pensare che nel 1864, per non aver giurato fedeltà al re Vittorio Emanuele II e allo Statuto del Regno d'Italia (avendo già giurato fedeltà al papa Pio IX, e da uomo d'onore quale era, un secondo giuramento gli sembrava disonesto), fu allontanato dalla direzione dell'osservatorio di Bologna, dopo l'annessione della città pontificia al Regno d'Italia.

Lorenzo Respighi visse anche dolorosi lutti: la morte dei genitori in tenera età, la perdita del fratello maggiore durante gli anni da liceale a Parma e la morte della prima moglie, Carolina, dopo pochi anni dal matrimonio. Eppure, da quanto emerge dal prezioso volume proposto dagli autori, sembra che fosse un uomo dal forte senso della famiglia, onesto, nobile d'animo e con un forte desiderio di stabilità. Le sue scoperte, unite all'accuratezza del suo metodo (che traspare facilmente leggendo i suoi articoli scientifici spesso citati nel volume), sono ragioni più che sufficienti per auspicare una maggiore attenzione da parte degli storici della scienza sulla figura di Lorenzo Respighi, sottolineandone l'importanza storica al pari di Secchi, Lorenzoni, Tacchini e Schiaparelli.

L'illustre scienziato piacentino è ottimamente raccontato in questo prezioso libro, che colma, finalmente, una lacuna importante. In copertina, inoltre, appare anche una mia foto.

Grazie!

23 feb 2025

Il nulla per tutti – Emil Mihai Cioran (Lettere - 2024)

"Il Nulla ha inghiottito la mia vita, non faccio più niente, ho smesso di scrivere, sono diventato qualcuno di cui si parla sui giornali e sulle riviste, un simulacro di essere umano. La mia unica consolazione è la musica: ascolto Brahms tutti i giorni, sprofondo ancora di più nella malinconia, un sentimento completamente opposto alla salvezza, poiché esercita la sua minaccia proprio su quelli che si credono salvati. Devo ammettere che la ammiro: com'è possibile che lei non ne sia toccato?"


Uno scrittore instancabile di lettere, ma non di speranze, Emil Cioran, con la sua penna tagliente e rassegnata, scruta la storia e la cultura del Novecento senza concedere sconti. Il verdetto è noto: tutto è precario, tutto è condannato. Un secolo che si crede al culmine della civiltà ma che, agli occhi del filosofo romeno, è solo il teatro della sua disfatta.

Nella corrispondenza con Beckett, Jünger, Marcel, Wiesel, Yourcenar, Zambrano (e non solo), Cioran non smette di aggiornarsi sulle attività editoriali dei suoi interlocutori. Eppure, qui il suo stile muta: niente aforismi fulminanti, niente crudele ironia. Le lettere sono rapide, a volte puramente di cortesia. Allo stesso tempo Cioran, anche nell'epistolario, resta fedele a se stesso: scettico, contraddittorio, inevitabilmente segnato dalla vergogna di esistere. Se il Novecento è la grande illusione del progresso, Cioran ne è il più feroce disilluso. La sua scrittura è una lotta contro la speranza, vista come l'ultima illusione di un'umanità incapace di accettare il nulla. La malinconia non è un difetto dell'anima, ma una lucida consapevolezza della fragilità dell'esistenza. Il filosofo non offre vie di fuga: la sua filosofia non promette salvezza, ma uno sguardo radicale sul vuoto. Eppure, proprio in questa assenza di speranza si cela una strana forma di liberazione. Accettare il nulla significa, paradossalmente, liberarsi dall'ossessione del senso e dalla tirannia delle certezze. La vita, spogliata di significati imposti, diventa un esercizio di pura presenza.

Il suo pensiero non è una semplice negazione, ma un invito a guardare l'abisso con occhi aperti. Non per vincerlo, ma per riconoscerlo come parte di noi. In questo, Cioran è il poeta dell'inutile, il filosofo del disincanto, un maestro di un'esistenza vissuta senza illusioni, ma con una consapevolezza acuta della bellezza effimera del vivere.

15 feb 2025

Vivere secondo Lucrezio - Michel Onfray (Saggio - 2021)

"Il sostenitore della teoria del progresso aderisce a una filosofia della storia emiplegica, nel senso che le manca la metà capace di dare un senso alla prima parte! Scrive la propria narrazione finzionale su una linea retta, quella del tempo giudaico-cristiano, e orienta la propria freccia verso l'alto, cioè verso il cielo delle idee platoniche che ormai i cristiani hanno trasformato nel luogo del soggiorno di Dio, convinti che quel tratto di senso ascendente raggiungerà, sul principio della parusia cattolica, uno stato di beatitudine assimilabile al paradiso! Il progressismo è un cristianesimo per ritardati"



Michel Onfray offre una riflessione critica sulla modernità, denunciando i veleni della società contemporanea, iniettati dal platonismo e dal cristianesimo. Secondo il filosofo francese, nietzschianamente, queste tradizioni filosofiche e religiose hanno instillato sensi di colpa e illusioni metafisiche che soffocano la ricerca della felicità autentica. Esiste un antidoto? L'epicureismo, nella sua versione più gioiosa e vitale: quella di Lucrezio.

Onfray, come ci ha abituato, intreccia la riflessione filosofica con elementi autobiografici: racconta il suo percorso verso l'ateismo, l'incontro con Nietzsche, la "conversione" esistenziale e la scoperta di Lucrezio durante gli anni universitari. Secondo lui, Lucrezio non è solo un discepolo romano di Epicuro, ma un pensatore originale, più gioioso e vitale, meno monastico del maestro greco.

Utilizzando le armi filosofiche dell’edonismo, Onfray attacca frontalmente la filosofia del progresso incapace di comprendere la realtà nella sua interezza. Contro questa visione lineare e cristiana, Onfray propone il De rerum natura di Lucrezio come un manuale di felicità per l'epoca della decadenza. Il poema didascalico ci ricorda che il mondo è materia, che noi siamo materia, e che non esiste un aldilà. La sessualità, lontana da tabù e sensi di colpa, diventa un potente farmaco per il benessere, mentre il piacere calcolato è sinonimo di saggezza. Il primo passo verso la saggezza è scientifico: comprendere che il mondo è composto da atomi e retto da leggi fisiche, prive di qualsiasi dimensione metafisica. Distrutta l'idea di un oltremondo, si apre la strada a un'etica del sorriso e del piacere. Superata la paura degli dèi e delle superstizioni religiose, diventa possibile una vita di consapevolezza ed edonismo. In questa prospettiva, l'amore non è un incontro di anime ma un'esperienza fisica, corporea, da vivere senza il peso della procreazione, per evitare turbamenti. Lucrezio demistifica religione, amore, morte e aldilà: la morte, in particolare, non è altro che la disgregazione degli atomi, che continuano il loro ciclo vitale generando nuove forme. E così, in un universo ciclico e infinito, non esiste un "progresso" lineare della storia. Tutto nasce, si sviluppa e muore, in un eterno ritorno che rifiuta la visione cristiana della storia come cammino verso una redenzione finale. Le civiltà sorgono per necessità, crescono in conoscenza e tecnologia, ma sono destinate a perire.

Onfray vuole anche rivalutare Lucrezio come filosofo, non solo come poeta che ha tradotto in versi il pensiero di Epicuro. Se il maestro greco è il teorico dei piaceri calcolati e moderati, Lucrezio appare più turbolento e passionale, un pensatore che reinventa e amplia la filosofia epicurea.

Un saggio dal tono polemico e illuministico, che invita a riscoprire Lucrezio come guida per una vita libera da illusioni metafisiche e paure religiose, fondata sulla consapevolezza della nostra natura materiale e sull'abbraccio sereno del piacere e della finitudine.

29 gen 2025

Il tempo della contraddizione – Gennaro Imbriano (Saggio – 2019)

“Quella marxiana è cioè una critica progressiva della modernità, in quanto ne assume pienamente le lacerazioni per ricomporle. Al contrario, la sovrapposizione heideggeriana negli scritti giovanili di estraniazione e oggettivazione, cioè l'idea che la deiezione sia in quanto tale dovuta al rapporto stesso con l'oggetto, ma anche la subordinazione, nel Brief, del fenomeno marxiano dell'alienazione alla sottrazione ontologica, ha come effetto immediato quello di disconoscere le cause reali dell'alienazione, di disconnettere la critica dell'alienazione dalla critica sociale, e, con ciò, di considerare illusoria la possibilità della sua ricomposizione”.


In questo saggio accademico, dal sottotitolo “Storia, lavoro e soggettività in Marx e Heidegger”, i due grandi filosofi sono messi a confronto, partendo proprio dal bisogno di Heidegger di trovare un dialogo produttivo con il marxismo. Un dialogo, però, interrotto, anzi quasi mai intrapreso, perché, come sostiene l’autore del saggio, i due filosofi sono troppo distanti tra loro. È vero, esistono molti aspetti nel loro pensiero sulla modernità che potrebbero avvicinarli, ma è pur vero che già nelle premesse (e nelle soluzioni alle contraddizioni del tempo presente) i due filosofi appaiono inconciliabili. Un confronto sarebbe possibile e convergente solo se, nel loro pensiero, si osserva la modernità sotto la luce della contraddizione. La modernità, per Marx e Heidegger, è, infatti, tempo di crisi; è determinata da una struttura dinamica e si caratterizza con la tecnica, il motore che spinge verso antinomie e incongruenze.

La prospettiva marxista è logica conseguenza della dialettica hegeliana (sebbene ribaltata) e il presente, l’epoca del capitale che ha prodotto l'alienazione dell’operaio, ha necessariamente una soluzione che trova una sintesi nella rivoluzione comunista. La contraddizione è immanente all’epoca presente, all’epoca dell'accumulazione capitalistica, tuttavia con la prassi si può favorire e accelerare la rivoluzione che porterà al comunismo e all'abolizione delle contraddizioni della storia.

Heidegger, invece, non parte da premesse materialistiche, ma ontologiche e studiando la storia dell’essere fino ad oggi, passando per il pensiero nietzschiano, la modernità gli appare come l’epoca del massimo oscuramento dell’essere, della spaesatezza, che non può trovare nessuna soluzione in quanto costitutivo all’essere stesso. Solo quando il nichilismo sarà compiuto e totale (è lo stesso Heidegger che considera Marx un rappresentante di quel nichilismo che ha obliato del tutto l’essere) con l’epoca della tecnica in cui l’essere è diventato uno strumento per accumulare, allora sarà possibile pensare al suo superamento, all’evento (il nazismo antisemita e antisovietico) che potrà riabilitare l’essere e la metafisica. Un evento che è possibilità immanente all’essere stesso in quanto storia.

Due autori, quindi, incompatibili nelle premesse e nelle conclusioni, ma che trovano un approdo comune unicamente nella critica alla contemporaneità. Un libro utile solo per rileggere il pensiero di due filosofi eccezionali e per confrontarsi con un presente perennemente contraddittorio.

10 gen 2025

Classifica: i più belli e i più deludenti del 2024

Sì, è vero, ho letto pochissimi libri nel 2024, ma questo non vuol dire che non mi sia dedicato allo studio e all’approfondimento. Tanta astrofotografia ovviamente, filosofia e storia per l'università, tanti confronti. Il 2024 è stato l’anno soprattutto delle foto astronomiche, dell’aurora boreale, di nottate trascorse sotto cieli stellati, di stizza per tutte quelle invece senza stelle. È stato un anno di viaggi: a Roma, a Caprera, ancora in Germania e a Praga (a rivedere luoghi per me non nuovi ma per lei sì), a trovare e a rendere omaggio a Bach e a Nietzsche, alle Cinquantadue gallerie attraversate in piacevole compagnia, a Orvieto, a Civita di Bagnoregio.

Come scrivevo prima, pochi libri però, poco meno di venti, non particolarmente entusiasmanti, tuttavia di questi ne voglio ricordare tre: 

1. Anima - Michel Onfray

2. La filosofia della composizione - Edgar Allan Poe

3. Il dottor Zivago - Boris Pasternak

Il volume di Onfray, un inno all'antimetafisica, sebbene ormai sia ripetitivo nei concetti, è scritto molto bene, la lettura è piacevolissima e insieme coltissima. La lettura del breve saggio di Poe, al di là della sua intrinseca importanza e raffinatezza, è stato per me un ritorno agli anni della giovinezza, quando i suoi scritti notturni illuminavano le mie giornate. Il romanzo di Pasternak, invece, con a tratti una certa pesante prolissità, è stato un'immersione in un tempo e in uno spazio lontani, terrificanti e affascinanti al contempo.

Tra i meno interessanti e noiosi, invece, segnalo: Ermeneutica di Proust di Maurizio Ferraris (troppo platonico e deleuziano per i miei gusti) e Le orecchie lunghe di Alessandro Magno di Federicomaria Muccioli, libro potenzialmente interessante e curioso, eppure retorico e barboso. Anche i libri dedicati all’astronomia hanno i loro demeriti (e altri meriti però).

Da ricordare sempre Proust, lo scrittore più importante per me di cui ho ascoltato i primi tre volumi della Recherche in audio libro; il Somnium, sive astronomia lunaris di Kepler, più per il suo valore storico che letterario; la Storia greca di Bettalli, D’Agata e Magnetto, un manuale accademico molto ben articolato e scritto.

27 dic 2024

Fotografia astronomica - Luca Fornaciari (Saggio - 2024)

"Rimasi folgorato guardando lo schermo della reflex e intravedendo forme e colori di un oggetto cosmico distante centinaia di anni luce nello spazio, ma era lì e lo avevo fotografato dal giardino di casa. L'astrofotografia di profondo cielo divenne la mia più grande passione, una disciplina che negli anni è stata in grado di cambiare tutta la mia vita. È un genere fotografico che va ben oltre qualsiasi immagine e che ci offre infinite possibilità di crescita e di condivisione. Da quella prima immagine della Grande nebulosa di Orione lo stupore e la magia di ogni notte passata al telescopio non sono mai diminuiti e giorno dopo giorno proseguo un incredibile viaggio di scoperta"



L’astrofotografia non è solo strumenti costosi e condizioni meteo favorevoli, è fatica, è conoscenza, è passione; una forza che spinge ad affrontare ostacoli strumentali, condizioni climatiche non sempre facili da gestire, infinite variabili non sempre riscontrabili. E questo volume aiuta non solo a comprendere la bellezza di uno scatto astronomico, ma anche l’impegno che vi sta dietro.

Con un approccio semplice e decisamente divulgativo, in "tecniche e strumenti per ritrarre le meraviglie del Cosmo", come recita il sottotitolo, troviamo tutti gli aspetti dell'astrofotografia di base che possono di certo aiutare i principianti che iniziano a muoversi in quello sterminato quanto affascinante mondo che è la fotografia del cielo notturno, ma anche incuriosire chi è già più esperto. Leggiamo di tutto: dagli strumenti più economici a quelli più sofisticati e costosi per la fotografia astronomica, consigli per ritrarre i paesaggi notturni, i pianeti, gli oggetti del profondo cielo. C’è spazio persino per lo sviluppo e la post-produzione degli scatti raccolti durante le sessioni fotografiche. 

Sebbene sia un libro scritto per tutti, ciò non vuol dire che sia superficiale e poco curato; tutt’altro. L’analisi dei contenuti è attenta e ben sviluppata, pur mantenendo uno stile e un punto di vista agevole e comprensibilissimo. Tanti spunti insomma, tante bellissime immagini, impaginate con cura. Si percepisce quanta passione e quanta competenza ci siano dietro le pagine di questo volume.

23 dic 2024

Marcel Proust - Eleonora Sparvoli (Saggio - 2023)

"In tale argomentazione Proust mostrava una volta di più di concepire l'arte non come un oggetto da contemplare, ma come il tramite d'un flusso emotivo, spirituale, intellettuale che attraversa lo spettatore e lo ispira, rendendolo a sua volta capace di creare. La cattedrale sarebbe divenuta per Proust un modello non in quanto scrigno monumentale che racchiude orpelli preziosi (come la dimora ingombra di arredi sacri di Des Esseintes), ma perché traccia tangibile di un'aspirazione, una fede, un'idea di mondo".



"La vita, la scrittura in Proust", come da sottotitolo, si intrecciano e si sintetizzano in quel capolavoro assoluto che è la Recherche. La studiosa e critica della letteratura francese ricostruisce i sentieri biografici e letterari che hanno portato Proust a chiudersi in una stanza per molti anni e a rivivere una vita perduta e allo stesso tempo ritrovata. Esistenza e bellezza dunque, in un intreccio che è diventato un mondo, un universo, una totalità.

Il saggio è diviso in tre grandi capitoli. Il primo si rivolge alla biografia dello scrittore parigino, la famiglia e l'infanzia (rivisti quasi con modi psicoanalitici), gli amici e le loro madri, i primi racconti scritti e la passione per l'arte, gli amori e gli incontri mondani, la stesura del primo romanzo destinato a restare incompiuto e lo studio di Ruskin, insomma tutti quei passaggi biografici ed esistenziali che hanno portato Proust alla costruzione della cattedrale-mondo quale è il Tempo perduto. Interessanti, sia nelle tesi in sé sia nella loro analisi, le chiavi di lettura che l’autrice rivolge ad alcuni momenti della vita dello scrittore parigino, indispensabili per capire la sua opera.

La seconda parte è dedicata alle opere e ai lavori pubblicati (e no) che agli occhi di tutti gli studiosi, e non solo, appaiono come abbozzi di quello che sarà la Recherche. Il capolavoro proustiano è il risultato finale di uno sforzo lungo una vita, una vita dedita alla scrittura di opere (compiute e incompiute) che allo scrittore sono servite da preambolo alla sua opera maestra. Così leggiamo de I Piaceri e i giorni, del Jean Santeuil, dei Pastiches, delle traduzioni, delle critiche letterarie. Testi giovanili che, sebbene acerbi e non pienamente sviluppati, rappresentano un calderone, un guazzabuglio in cui trovare gli elementi che caratterizzeranno il futuro romanzo. L'autrice, però, è attenta anche a sottolineare le differenze di prospettiva che esistono tra i due periodi.

La terza parte, inevitabilmente, ha come protagonista il romanzo, Alla ricerca del tempo perduto: il suo significato complessivo, le ambiguità della voce narrante, la struttura, i luoghi, i personaggi come Swann, Charlus, Albertine e gli artisti come Bergotte, Vinteuil ed Elstir.


Il volume, anche se scritto elegantemente, è fitto di note - come dovrebbe essere un testo dal sapore accademico - che l'appassionato proustiano può consultare per trovare qualche altro spunto di ricerca e di lettura. Un volume-mondo dunque, uno studio ricco di dettagli e di chiavi interpretative che fanno il punto sulla mastodontica montagna di lavori che esistono su Proust.

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