A cura di Micaela Latini e Aldo Meccariello, questa raccolta di saggi nasce da un convegno tenuto a Frascati nel 2012. È un libro corale, composto da interventi diversi, che però convergono tutti attorno a un punto essenziale: la riflessione sulla fine dell’uomo così come Anders l’ha pensata. Anders è un filosofo poliedrico e ancora attuale, soprattutto per le sue tesi sull’Apocalisse nucleare. Il cuore della sua filosofia è l’idea che la catastrofe non sia una possibilità remota o esterna, ma un esito che l’uomo stesso ha reso possibile. La fine non arriva “da fuori”, è dentro di noi, nella tecnica che abbiamo creato e che ormai ci domina.
Dall’immagine che emerge nei saggi, l’uomo andersiano appare sottomesso, quasi degradato, al dominio della Tecnica. È un uomo antiquato, incapace di reggere il passo con le sue stesse invenzioni, e stordito dalla minaccia del nulla: la bomba atomica come “mostro” creato dalle nostre mani. Ma non è solo la minaccia materiale a colpirlo, Anders denuncia anche una sorta di analfabetismo dell’angoscia, per cui non siamo più in grado di percepire fino in fondo il pericolo che incombe, rifugiandoci in una colpevole indifferenza. La Natura, in questo scenario, diventa quasi una forza che reclama vendetta contro la superbia della tecnica. Ma la raccolta non si limita al cupo scenario apocalittico. Tra le pagine si intravede anche la possibilità di un riscatto. Anders, infatti, non si arresta a un pessimismo sterile; alla sua lucidissima diagnosi del disastro contrappone l’idea che l’uomo possa ancora salvarsi, ritrovando coscienza e responsabilità. È un oscillare continuo tra il pessimismo teorico e un certo ottimismo della volontà, affidato a una nuova coscienza morale.
I saggi spaziano molto, non solo filosofia stretta, ma anche riflessioni estetiche e confronti con autori come Brecht, Kafka e persino Rodin. Ne esce fuori un Anders a più dimensioni, meno riducibile al solo profeta dell’Apocalisse nucleare, e più vicino a un pensatore che ha saputo guardare l’uomo nella sua radicale fragilità.
Un libro che non solo invita a rileggere Anders, ma che ci interroga direttamente, perché la domanda rimane sempre la stessa: sapremo, noi uomini di oggi, riconoscere la minaccia che ci portiamo dentro?
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