Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

17 set 2025

Opinioni di un eretico - Günther Anders (Saggio - 1984)

"Io lamento che gli uomini dopo Auschwitz Hiroshima sono tanto ciechi da credere ancora. Non ho niente da aspettarmi da questo mondo. Non posso aspettarmi che si comporti moralmente. Ma non accetto che sia così com'è e cerco di contribuire a evitare il peggio". 


Günther Anders, in un’intervista del 1979 a Matthias Greffrath, riassume, tra l'altro, il cuore del suo pensiero, l’atteggiamento apocalittico come forma di responsabilità. Anders non è un profeta che annuncia la fine per spaventare le masse, ma un filosofo che invita a non abbassare la guardia. Auschwitz e Hiroshima, i due simboli del XX secolo, hanno mostrato di cosa siamo capaci, e sarebbe da ciechi illudersi che tutto sia tornato normale. Il piccolo volume è una porta d’accesso preziosa al mondo andersiano. Qui il filosofo si racconta; i ricordi dell’infanzia, gli studi con Husserl e Heidegger, il matrimonio con Hannah Arendt, le fughe forzate dal nazismo, le amicizie e le polemiche con Bloch e Brecht. È un libro che unisce biografia e pensiero, restituendo un Anders più intimo e allo stesso tempo più urgente.

L’intervista del 1985 con Fritz J. Raddatz, inclusa nel volume, è forse il momento più interessante. Raddatz incalza Anders, lo provoca, cerca di far emergere le contraddizioni di un pensatore che ha fatto dell’apocalisse il proprio tema centrale. Anders, con la consueta lucidità, difende la sua posizione; non si tratta di predicare il disastro per gusto del catastrofismo, ma di coltivare un senso di allarme etico, per evitare il peggio.

Un libro che ci invita a chiedersi se siamo davvero meno ciechi di allora. La sua voce resta scomoda, disturbante, ma necessaria, ci ricorda che la speranza non è un automatismo, ma un lavoro quotidiano per impedire che il peggio accada davvero...

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