Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

10 set 2025

Günther Anders - Vincenzo Di Marco (Saggio - 2017)

"Gli esponenti dell'antropologia filosofica del Novecento (Scheler, Gehlen, Plessner) non hanno tenuto conto di questo aspetto basilare: il non aver capito l'inutilità degli interrogativi metafisici significa non solo ignorare la deriva storica delle società umane, ma continuare a nutrire nostalgie per una condizione passata non più esistente è diventato oggi privo di senso".


Nel suo saggio, l'autore affronta uno dei nodi più scottanti del Novecento, ovvero il rapporto tra uomo e tecnica. Prima passa in rassegna le riflessioni di diversi pensatori del secolo (da Musil a Mannheim, da Spengler a Heidegger, da Jünger a Jonas fino a Gehlen), per poi concentrare l’attenzione su Günther Anders, probabilmente il più radicale e visionario tra loro. Al centro della filosofia andersiana c’è quello che lui chiama dislivello prometeico, lo squilibrio tra la potenza delle macchine (che sembrano sempre più perfette e affidabili) e la fragilità dell’uomo, incapace di stare al passo. Da questo squilibrio nasce la vergogna prometeica, ossia il disagio di sentirsi moralmente e praticamente inferiori alle proprie stesse creazioni. È il destino dell’uomo antiquato, che assiste impotente a una lenta disfatta della propria centralità. Anders, però, non si limita alla diagnosi. Per lui l’intellettuale ha il dovere di assumere un ruolo attivo, intervenendo con forza nel dibattito pubblico. Ecco perché scrive al figlio di Eichmann, denunciando l’eredità morale del nazismo, ed esprime solidarietà a Claude Eatherly, il pilota che partecipò ai bombardamenti atomici e che visse tormentato dal senso di colpa. Qui emerge il profilo di un filosofo militante, capace di opporsi al nichilismo e di cercare una forma di resistenza etica. Il saggio mette in evidenza anche la scansione delle tre grandi rivoluzioni della tecnica: dapprima le macchine furono impiegate per la produzione, poi la logica produttiva si estese a ogni sfera sociale, fino ad arrivare alla terza fase, in cui l’uomo stesso viene sostituito dalle macchine e scopre di poter diventare l’artefice della propria distruzione. È qui che la tecnica si impone come vero soggetto della storia, relegando l’uomo in secondo piano. Da questa consapevolezza deriva quello che Anders definisce principio di disperazione: l’uomo contemporaneo, prigioniero delle strutture politiche ed economiche che lo vincolano, non può più immaginare rivoluzioni emancipative, ma soltanto prendere coscienza del rischio apocalittico. L’unica forma di resistenza possibile è imparare ad avere paura; una paura vigile, non paralizzante, che diventa paradossalmente la condizione necessaria per poter sopravvivere al futuro.

È questa la lezione più attuale di Anders, imparare a temere non come segno di debolezza, ma come atto di lucidità. Oggi, la sua voce torna a ricordarci che non c’è progresso tecnico senza responsabilità, e che solo una coscienza vigile può salvarci dal diventare, ancora, antiquati.

Un piccolo volume che è sintesi veloce, ma ben costruita, del pensiero di Günther Anders, capace di mettere in luce con chiarezza i nodi principali della sua filosofia senza perdersi in eccessive complicazioni.


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