Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

24 ott 2010

Il copista - Marco Santagata (Romanzo - 2000)

"Assorbiva le sensazioni del corpo e si imbeveva delle fantasie che trascorrevano labili tra gli occhi e la mente. La corrente dei ricordi lo trascinava in una deriva nella quale si amalgamavano immagini, suoni, parole provenienti da epoche diverse della sua vita passata"

Il protagonista di questo breve e patito romanzo è un poeta sessantaquattrenne che nella seconda metà del Trecento, durante un’ordinaria giornata, sente addosso il tormento degli anni e della memoria: quel poeta è Francesco Petrarca. Ormai anziano, il "poeta laureato" vive nei ricordi, nel rimpianto di una giovinezza dedita ai piaceri, alla vanità della gloria. Il profilo del poeta toscano che emerge dalle pagine appare in un primo momento desolante e spiazzante. Petrarca, infatti, è descritto nel suo essere intrattabile, incline alla coprolalia; è descritto nella sua solitudine di uomo che attende la morte e la fama eterna. E intanto che scorre il giorno, assistiamo il poeta nei suoi pensieri, mentre compone una canzone, mentre si rammarica del figlio Giovanni morto di peste, di Laura, del fido copista Giovanni Malpaghini di Ravenna. Il copista e la canzone di Giovanni (da leggere Boccaccio) resteranno sullo sfondo per tutto il romanzo e ne saranno il leitmotiv nascosto. È dunque il resoconto di una giornata, di pensieri e ricordi; un nuovo 'Ulysses' contemporaneo.
Certo leggere di un poeta, di uno dei sommi poeti della letteratura mondiale, dedito alla flatulenza, all'incuria igienica, allo sproloquio, potrebbe far storcere il naso. Eppure, aldilà delle opere immortali, Petrarca era un uomo, e il romanzo del petrarchista Santagata ce lo restituisce in queste vesti. L’autore del ’Canzoniere’ è fatto anche di carne, di bisogni fisiologici, nonché di dubbi sul senso della vita e della religione, di ricordi, e di poesia. E si ha l'impressione, alla fine, che quest'ultima sia la condensa cremosa delle deficienze (ma lo sono davvero...?) di un uomo.
Colmo di dettagli biografici (chi li riconosce non può non sorriderne), il racconto scorre con piacere e curiosità. Con uno stile sincopato, difficilmente l'autore si lascia andare in periodi articolati, ipotattici. Il pensiero e le descrizioni quindi assumono un carattere conciso e, al contempo, spedito. Si ha la sensazione che ci sia poco spazio per la profondità (ma è un'impressione che scemerà via via). Uno stile che può in principio mettere ansia; poi, però, quando ci si abitua, quella sensazione diminuisce e si riesce ad addentrarvisi.

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