Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

23 set 2018

Alla ricerca del tempo perduto - Marcel Proust (Romanzo - 1927)

Molti anni fa, nell'arco di un mese e mezzo, divorai i sette volumi della Recherche colto dalla frenesia e dalla voracità di chi non si nausea facilmente delle parole raffinatissime di questa cattedrale di scrittura. Ricordo quelle settimane come quando si ha la febbre, una smania mista a brividi, uno stato di esaltazione. Ma quella frenesia non mi permise di trattenere il ricordo della storia narrata. Una valanga di parole, di personaggi, di emozioni si riversarono in me; questo mi rimase di quella febbre e poco altro. Non potevo non riprende la ricerca, anni dopo.
Anche se Proust è scrittore del noi, dell'universale, e io, invece, amo i pensatori dell'io, del singolare, le sue analisi brillano e danzano vertiginosamente. E in quel suo essere universale mi ritrovo. La gelosia, la sofferenza, la sessualità sono analizzate in modo viscerale, ma più di ogni cosa è il tempo, il tempo perduto, (quello passato e anche quello sprecato), l'assillo dell'autore e di Marcel, narratore e protagonista.
Romanzo che potrebbe essere definito di formazione, psicologico, sociologico, filosofico, in un continuo sviluppo che alla fine si dimostra perfettamente circolare, si dipana in un universo pessimistico costellato di illusioni e delusioni, ma che conserva un assaggio di verità e speranza. Se i nostri occhi si illuminano perché possiedono quella luce proiettata dalla fiducia, prima o poi si annebbieranno dalle lacrime di dolore bagnate dalla realtà. Eppure, solo alla fine, si può cogliere il vero, quando improvvisamente tutto ritorna all'origine del romanzo stesso, solo quando i sogni, gli amori, tutto quanto può far sentire felice un uomo sarà disatteso dalla verità e dal non-senso, solo allora si coglie un attimo di miraggio... In effetti (se nei primi due volumi è descritta l'infanzia e l'adolescenza del narratore, nei successivi due sono narrate le sue esperienze mondane, mentre nel terzo dittico l'amore drammatico per una donna), soltanto nell'ultimo volume è definita tutta la storia e il suo significato più profondo: il tempo distrugge ogni cosa, l'infanzia, le gioie, provoca morte e lutti, ma è grazie alla memoria, soprattutto la memoria involontaria, che si possono aprire i cancelli di una possibile salvezza. Memoria che deve essere spiegata attraverso l'arte, la letteratura, e così rendere il passato perduto ancora presente, ancora vivo, ancora carico di ulteriore senso.
La vocazione letteraria, la seduzione dell'aristocrazia, l'omosessualità, il ricordo dei primi anni, le descrizioni di una donna, di un paesaggio o di una chiesa talmente raffinate e deliziose da lasciare senza fiato, quelle sublimi pagine legate ai palpiti del cuore quando da un profumo, da un'immagine, ad un tratto, si risveglia un ricordo lontano e lo si recupera sono alcuni degli elementi che fanno di questo romanzo una sinfonia monumentale, in cui l'amore, la gelosia, la memoria e il lutto sono i suoi movimenti. Una simmetria perfetta, come una sinfonia con i suoi temi principali incorniciati tra contrappunti e variazioni. Proust con occhi da pittore dimostra quanto, attraverso una sensibilità fuori dal comune, si possano scavare e illuminare le ragioni del cuore e del dolore, diventando così maestro dell'analisi della natura dell'animo umano. In un connubio perfetto tra analisi scientifica, psicologica e parola poetica, la Recherche ci regala la metamorfosi che l'esistenza e il mondo subiscono nel tempo. Un tempo che non è affatto lineare, bensì circolare, che si avviluppa e ritorna. Le sue parole, nella loro malinconica dolcezza, mi ricordano l'adagietto di Mahler.
Bisogna sapere cosa sia la sofferenza per capire fino in fondo Proust, così come bisogna possedere una certa quota di sensibilità. Proust è un gigante, figlio di secoli che nel tempo hanno limato lo spirito umano e l'hanno educato alla sensibilità e all'eleganza. Noi non possiamo non essere, a nostra volta, figli di questo gigante e, con tutti i nostri limiti, della sua ricerca di perfezione.
Se sette volumi per un romanzo possono sembrare eccessivi, se possono sembrare verbosi ed economicamente superflui, non si può capire cosa vuol dire cogliere e perdersi nell'odore sublime del fiore della perfezione. E sono felice, perché so che tra qualche anno potrò ancora rivivere vecchie e nuove emozioni rileggendo uno dei libri più importanti della storia, uno dei più belli.

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