Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

11 ago 2016

Elogio della follia - Erasmo da Rotterdam (Saggio - 1509)

"Insomma non c'è rapporto sociale, non c'è legame di convivenza che possa essere piacevole o duraturo senza di me: il popolo non potrebbe più sopportare il principe, il padrone il servo, l'ancella la padrona, il precettore l'allievo, l'amico l'amico, la moglie il marito, il proprietario l'inquilino, il compagno di alloggio l'altro compagno, il commensale l'altro commensale, se non entrassero in gioco ora errori di giudizio, ora una certa adulazione, ora la volontà di chiudere un occhio, ora il miele della follia nei loro rapporti reciproci".

Originale e fresco, nonostante l’età e i continui rimandi mitologici, il capolavoro di Erasmo segna nettamente un confine: tra il Medioevo e il Rinascimento, tra una visione seria ma scevra di ironia e di autoanalisi e una ironica e allo stesso tempo profondissima. Attraverso il paradosso, l’atteggiamento umoristico e beffardo, la Follia, la protagonista del monologo, studia l'uomo e le sue passioni, ne individua le maschere, i desideri di felicità conquistabili attraverso la menzogna e l'ignoranza, ne coglie l’intera sua miseria. 
Tutto inizia quando, durante una festa, la Follia arriva bardata come un giullare davanti a un pubblico non precisato (tutti noi in fondo). Appena apparsa, mette allegria e la Follia sa che gli uomini in sala sono predisposti ad ascoltarla e a lodarla, anche se finora nessuno l'aveva mai fatto. L'elogio allora è fatto da se stessa, iniziando a elencare i benefici che distribuisce all'umanità: la vita, il matrimonio, il parto, la giovinezza, la vecchiaia; perché solo un folle potrebbe ritenerli accettabili. Poi è la volta dei piaceri, e della nostra disposizione a lasciarci ingannare, che sono tali solo perché c'è la pazzia. Anche la guerra e la politica, nobili arti, deriverebbero dalla follia. Persino il filosofo, emblema della saggezza, per vivere in un mondo di apparenze deve vivere di pazzia. Non mancano quindi pagine satireggianti sugli uomini di cultura, sugli uomini di fede, sui laici. Infine, dopo aver discusso di beatitudine, dell'estasi e di Dio, la Follia si congeda e ritorna ad essere una dea pagana.
Nell’analizzare il rapporto tra l'illusione e la verità, tra la sapienza e la follia, tra la saggezza e l'ignoranza (quanto Platone…), la Follia non fa nient’altro che leggere l’ordine e allo stesso tempo la finzione che abbracciano quell’essere presuntuoso e limitato che è l’uomo. In questa visione inquietante, pessimista e irrazionale emerge una verità agghiacciante: solamente nella follia e nella inconsapevolezza può esserci la felicità.

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