Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

22 lug 2011

Il processo - Franz Kafka (Romanzo - 1925)


"Mai attirare l'attenzione! Starsene tranquilli, anche se si va contro ragione! Cercare di capire che questo grande organismo in un certo senso resta sempre in sospeso e che, se si muta qualcosa in modo autonomo, ci si scava il terreno sotto i piedi e si rischia di precipitare, mentre il grande organismo anche per il piccolo incomodo trova facilmente la soluzione - poiché tutto è collegato - e resta immutato, quando non diventa, ciò che è probabile, ancora più chiuso, ancora più attento, ancora più forte, ancora più malvagio". 

Ci sono romanzi e romanzi, libri e libri; ”Il processo” di Kafka è, tra questi, un capolavoro. Metafora monumentale della condizione dell'uomo contemporaneo, l’incompiuta opera dello scrittore ceco appare carica di inesauribili spunti riflessivi. 
Josef K., il trentenne protagonista, è accusato di un indefinito crimine. Una mattina, prima di andare in banca dove lavora, due uomini irrompono nella sua camera e gli comunicano che è in arresto e che è stato istruito un processo a suo carico. Non viene però rinchiuso in un carcere, è libero di continuare a vivere la sua vita; tanto il processo si svolgerà sempre e dovunque… In banca, nei tribunali, a casa dell’avvocato, nello studio di un pittore, persino in chiesa, i diversi personaggi che K. incontra hanno a che fare con la giustizia. E questo senso claustrofobico, opprimente, nonostante e anche per l’indefinibilità dell’accusa, si percepisce fittamente via via che Josef K. intuisce la pericolosità del processo. A tratti sembra di leggere di un sogno. Tutto rimane sospeso, come in attesa di un evento, ma non accade nulla di assolutamente determinabile, traducibile in ragionevolezza. Soltanto la condanna e l’atroce morte, alla fine, contrassegneranno l'inadeguatezza del protagonista, dell'uomo alla vita. 
Josef K. è un uomo solo. Intelligente, sicuro, estremamente razionale vive la sua quotidianità districandosi nel groviglio delle relazioni sociali. Ha però un fardello da sopportare, una spina nelle carni: un onnipresente processo tanto assurdo quanto carico di metafore. Siamo soli e più siamo in grado di elaborare il mondo che ci circonda più siamo vittime del sistema. In questo processo all’esistenza, perché di questo in sostanza si parla, è stupefacente la finissima logica che il protagonista dimostra nelle sue riflessioni. Tutto sembrerebbe perfetto, logico, razionale nella sua mente e quindi nel mondo che lui stesso osserva, ma il concatenarsi dei suoi ragionamenti non è destinato a conclusione. Proprio perché paradossali, i dialoghi tra i personaggi sono bellissimi, logici a tal punto da diventare sofistici. È la descrizione dell'uomo contemporaneo che Kafka ha in mente: l'uomo e la sua angoscia dovuta al non senso dell'esistenza. Ci illudiamo di sapere che ogni cosa sia al suo posto e non riusciamo a cogliere invece quanto quest'illusione, se intuita, sia un cancro che viscidamente corrode i nostri sensi. La società, l'esistenza sono così complesse che i personaggi kafkiani non riusciranno a spiegarsi, a dominare. L'assurdità è l'unica vincitrice. Alla domanda dell'accusa se sia lecito vivere una vita ordinaria, razionale in una società sempre più contorta e mediocre, la sentenza risponderà che non è legittimo e chiunque voglia mutare la condizione in cui si trova gettato è destinato a fallire.
Condizione dell'uomo contemporaneo si scriveva, è vero. Eppure tale statuto può essere colto solo dall'uomo attento, pensante, che come il protagonista vive per questo la vita con inquietudine e angoscia. È per mezzo di una simile definizione che così si dipana anche lo scontro durissimo tra l'intellettuale e i mediocri, la massa che tiene in piedi il sistema. In effetti, qualunque personaggio K. incontri nella sua disavventura è un mediocre, di limitate capacità intellettuali e qualità. Tanto che dal confronto si potrebbe dire che un modo ci sarebbe per K. di sopravvivere: integrandosi al sistema, accettandone i sotterfugi e gli ingiusti cavilli sociali che gli ordinari personaggi integrati gli propongono. 

Ci sono romanzi e romanzi, libri e libri; ”Il processo” di Kafka è, tra questi, un capolavoro.

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