Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

7 lug 2025

Etica dell'intelligenza artificiale - Luciano Floridi (Saggio - 2022)

"Con un classico esempio che ho usato più volte, un telefono cellulare può battere quasi chiunque a scacchi, pur essendo intelligente come un tostapane. In altre parole, l'IA segna il divorzio senza precedenti tra la capacità di portare a termine compiti o risolvere problemi con successo in vista di un dato obiettivo e il bisogno di essere intelligenti per farlo. Questo riuscito divorzio è diventato possibile solo negli ultimi anni, grazie a gigantesche quantità di dati, strumenti statistici molto sofisticati, enorme potenza di calcolo e alla trasformazione dei nostri contesti di vita in luoghi sempre più adatti all'IA (avvolti intorno all'IA). Quanto più viviamo nell'infosfera e onlife, tanto più condividiamo le nostre realtà quotidiane con forme di agire ingegnerizzate, e tanto più l'IA può affrontare un numero crescente di problemi e compiti. Il limite dell'IA non è il cielo, ma l'ingegno umano".


Che cos’è l’intelligenza artificiale? È davvero “intelligente”? E, soprattutto, che responsabilità abbiamo noi nel modo in cui si sviluppa e si applica? Luciano Floridi, uno dei filosofi italiani più attivi nel campo dell’etica digitale, affronta queste domande in un testo più concettuale che tecnico.

Per il filosofo, l’IA è una forma di azione potentissima, ma non intelligente. E qui arriva subito la provocazione: con l’intelligenza artificiale, si rompe l’antico legame tra la capacità di agire e l’intelligenza che la guida. La macchina agisce, ma non pensa. L’uomo, al contrario, pensa, ma non sempre agisce con la stessa precisione o velocità. La rivoluzione digitale ha reso questa frattura non solo possibile, ma strutturale; oggi costruiamo ambienti (l’infosfera) che sembrano pensati per l’IA, e non più per l’essere umano. Tuttavia, Floridi non si lascia andare a facili allarmismi. Non serve temere l’IA come una minaccia esterna o come una futura Skynet in versione hollywoodiana. Floridi liquida come fantascienza l’idea di macchine superintelligenti che prenderanno il sopravvento sull’umanità. Per lui, il vero rischio non sono le macchine, ma siamo sempre noi. I pericoli nascono non da ciò che l’IA è, ma da come noi scegliamo di usarla. Il nostro obiettivo, quindi, è il dovere di indirizzarla, far sì che il suo sviluppo sia al servizio del bene sociale. E per farlo serve la filosofia, serve l’etica. Il cuore del libro sta tutto qui: l’etica come bussola per orientare una trasformazione epocale. L’approccio proposto è preventivo, che riprende quattro principi della bioetica classica (beneficenza, non maleficenza, autonomia, giustizia) aggiungendone uno nuovo, pensato su misura per il digitale: l’esplicabilità. Un concetto che unisce trasparenza e responsabilità; sapere come funziona un sistema, e chi risponde delle sue azioni. Il saggio tocca anche i rischi pratici legati all’uso distorto dell’IA: dalle frodi finanziarie al traffico illecito, fino ai crimini contro la persona. Eppure l’autore non dimentica l’altro lato della medaglia, le immense potenzialità sociali che l’IA può offrire, se ben progettata, ben normata, ben compresa. 

Un libro necessario, che invita a ripensare il nostro rapporto con la tecnica senza cadere né nel catastrofismo né nel tecnolatrismo. Perché se l’intelligenza artificiale non è davvero “intelligente”, lo siamo noi (o almeno, dovremmo esserlo). Il volume resta comunque un saggio impegnativo, non sempre scorrevole né accattivante, soprattutto per chi non ha dimestichezza con il linguaggio filosofico. Ma vale la fatica, perché obbliga a pensare prima di accettare (o temere) ciò che ci circonda.


5 lug 2025

Noi figli di Eichmann - Günther Anders (Saggio - 1964)

"Lei sa che nelle carni delle vittime di Suo padre, non appena entrati nel lager, a mo' di marchio del mostruoso venivano incisi dei numeri. Anche Lei si porta con sé - per il fatto che ciò che ha dovuto subire è troppo grande per Lei e supera ogni possibile immaginazione - un simile marchio del mostruoso: il numero SEIMILIONEUNO. E anche se questo numero resta invisibile e non è stato inciso nella Sua carne ma soltanto nel Suo destino; tuttavia il Suo numero non vale meno dei numeri dei sei milioni che sono stati bruciati, né vale meno di quelli che ancora oggi si possono vedere sul braccio degli scampati"


Ci sono libri che non cercano lettori: cercano testimoni. È il caso di questa lettera, che non è stata scritta per informare o commuovere, ma per svegliare. Il filosofo lo fa rivolgendosi a Klaus Eichmann, figlio del gerarca nazista Adolf Eichmann (uno dei principali responsabili dello sterminio degli ebrei, il burocrate che organizzò la “soluzione finale”) ma in realtà parla a noi: figli e nipoti di un’epoca che non ha ancora fatto davvero i conti con se stessa. Il messaggio è chiaro e scomodo: non basta essere nati dopo quella mostruosità per sentirsi assolti. Se Eichmann ha obbedito senza pensare, noi rischiamo ogni giorno di fare lo stesso. In modo più silenzioso, più sofisticato, ma non per questo meno pericoloso. Viviamo in un mondo in cui le decisioni si eseguono premendo un pulsante, senza vedere il volto dell’altro. È la tecnica che ci deresponsabilizza; è l’efficienza che ci disumanizza. Non serve essere mostri per partecipare al male: basta essere ingranaggi. Obbedienti, funzionali, automatici. È questo che rende Eichmann spaventoso: la sua normalità. La sua banalità, come dirà Hannah Arendt. Ma Anders non accusa: chiama alla responsabilità. Denuncia la neutralità morale di chi si limita a dissociarsi, senza mai interrogarsi. Essere, anche noi, figli di Eichmann significa vivere in un mondo che può ancora produrre Eichmann. Ma significa anche avere la possibilità e il dovere di fare diversamente.

Il volume si chiude con una seconda lettera, scritta venticinque anni dopo la prima, che non aveva mai ricevuto risposta. Stavolta, Anders esprime una preoccupazione ancora più profonda: il riemergere del negazionismo e dell’antisemitismo, figli di quella stessa indifferenza che caratterizza i figli di Eichmann.

Un testo breve, spietato, urgente.

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