Ovviamente il racconto è ricco di dialoghi dai quali si delineano più i particolari psicologici dei personaggi che gli indizi e i sospetti sul presunto omicida. Il vecchio Barlach, ad esempio, è cauto, non ha fretta; sembra calcolare i tempi e le azioni con precisione. Oscilla tra una visione del mondo indeterminata, se non dall’accidente, e una volontà d'azione che lo porterà a calcolare ogni dettaglio per la vittoria finale. E' pure poco attento ai dettagli ma, nonostante le sue idee sull'importanza dell'imprevedibilità, è lui che si pone quale manovratore preciso e cristallino del caso stesso.
Non mancano momenti ironici, dettati soprattutto dall'ingenuità dei protagonisti, non mancano nemmeno sottili seppur acerbe riflessioni filosofiche; ma il romanzo resta un poliziesco. Un morto ammazzato, un ispettore che cerca movente e assassino, un colpo di scena finale. Sarà per dispetto verso certi meccanismi che il poliziesco innesca nella mia mente, sarà perché mi divertono le riflessioni letterarie meno ambigue, più di parte, sarà perché in un romanzo cerco schemi d'intelligenza non solo evasiva, ma questo genere letterario non mi appassiona e stuzzica...
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