Ritrovati nella biblioteca Doucet, questa raccolta di frammenti è l'ultimo scritto in rumeno di Cioran. Il fallimento politico, morale, religioso, esistenziale che il giovane esiliato a Parigi sente fin dentro le ossa è vicino all'inutilità e alla rabbia. Stravolgendo secoli di pensiero occidentale, accodandosi ai più freschi e ai più putrescenti filosofi tragici, Cioran anche qui dimostra la sua straordinaria bravura nel riconoscere, e nel riconoscersi, figlio del vuoto, del Nulla. Vivisezionandosi, trova la verità non tanto nell'essere, quanto nel suo opposto, ovvero il Nulla, in quella dimensione silenziosa che domina il prima e il dopo la vita stessa.
Solitario, cinico, scettico, disilluso, tragico, misantropo, vagabondo, in queste pagine inizia un nuovo sentiero, quello del distacco, quello che gli permetterebbe di raggiungere e di affacciarsi da quella finestra che dà sul Nulla. Afflitto dalla contraddizione, il filosofo si sente intossicato dagli altri, dall'essere, dall'esistenza; la lacrima (e la musica) rimane l'unico strumento di sopravvivenza. Un uomo che si scruta dentro e trova solo disperazione e putrefazione, dove solo le macerie dominano e l'angoscia e i dubbi si dissolvono nel momento in cui si realizza che l'unica certezza è il Nulla. Solo la musica, come si accennava, in questa vita di miseria e afflizione per alcuni brevissimi istanti è in grado di sospendere l'uomo dai dolori e dai desideri dell'esistenza. Eppure, come è evidente, anche la musica è effimera, è destinata al nulla. Ogni cosa inevitabilmente è destinata alla rovina.
I grandi temi (l'insonnia, il tempo, lo scetticismo, la mistica, il rapporto conflittuale con il divino, la morte, la malattia, la musica, la nobiltà del fallimento, la difficoltà della parola) sono descritti in forma meno suadente e distruttiva del Cioran maturo. Se stilisticamente non sempre incisivo, come nei suoi capolavori, ciò non vuol dire che la penna del rumeno non sia carica di testate nucleari pronte a distruggere ogni forma di certezza.
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