Una figura appassionante della Recherche è sicuramente Bergotte, il vecchio scrittore che muore, quasi comicamente, davanti al quadro di Vermeer, La veduta di Delft. In quelle toccanti e magistrali pagine della Prigioniera, come sappiamo, c'è dietro un racconto autobiografico. L'episodio, infatti, ricalca l'esperienza che lo stesso Proust ha vissuto (con le ovvie dovute differenze) nel maggio del 1921, quando visitò l'esposizione di arte olandese al Jeu de Paume.
Bergotte muore fissando un dettaglio del quadro di Vermeer, l'ormai celebre petit pan de mur jane, il muretto giallo che può essere considerato la cifra e il senso della stessa opera artistica, e, come si sa in Proust, della vita stessa. Eppure quell'importantissimo dettaglio, così come descritto da Proust-Bergotte non è di facile identificazione. Secondo l'autore il muretto è un dettaglio che addirittura non esisterebbe; se non nella pagina del romanzo. Un oggetto che in molti hanno provato a individuare, ma che non trova una condivisione, nonostante rimandi al tema determinante nella poetica proustiana dell'immortalità dell'arte, dell'arte come resurrezione. Per il linguista vicentino, potremmo trovarci di fronte a una divisione, a uno sdoppiamento che porterebbe a un'associazione. Il piccolo muro del quadro, infatti, potrebbe essere all'estrema destra del quadro, mentre il colore giallo sarebbe quello del tetto colpito dal sole, un po' più verso il centro. Il muretto giallo, dunque, sarebbe il frutto di una condensazione tra verità oggettiva e soggettiva. Perché Proust non cerca l'esattezza positivista (come da sottotitolo Apologia dell'imprecisione), ma la verità del singolo, del soggetto che vede con i suoi occhi il mondo che lo circonda e di cui ne è parte allo stesso tempo.
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