Il 27 luglio 1214, una domenica, il giorno del Signore, la tregua di Dio da non macchiare con il sangue della guerra, si è combattuta una delle più importanti battaglie della storia medievale, e non solo. Nella piana di Bouvines, tra Lille e Tornai, circa 15000 uomini, tra fanti e cavalieri, si scontrarono quella domenica. Da un lato le truppe del valoroso re di Francia Filippo Augusto, dall’altro quelle dell'imperatore germanico Ottone di Brunswick, al cui seguito troviamo lo spregiudicato e capriccioso re di Inghilterra Giovanni Senzaterra. Ma c'è anche Papa Innocenzo III nascosto nelle pieghe della battaglia, in aperto conflitto politico con l'imperatore già scomunicato e al fianco di Filippo. Dallo scontro tra il bene e il male, come dipinto dalle cronache dell’epoca, ne uscì vittorioso il francese e la sua idea di monarchia nazionale. Quella battaglia, quindi, è un piccolo mondo storico che, sezionato con l'acume e lo stile di Duby, diventa paradigma di un'epoca e di una società. Il Basso medioevo è rievocato magistralmente in tutti i suoi aspetti: sociali, economici, militari, e in quel sottofondo si staglia la battaglia intesa come liturgia, con i suoi riti, con le sue regole, con la sua riflessione sulla guerra, sui soldati, sul denaro, sulle armi.
Duby, che cerca una corrispondenza tra il fatto in sé e il suo significato, si serve come fonte della cronaca di Guglielmo il Bretone, testimone oculare al seguito di Filippo, di cui riporta l'intero testo. Ovviamente le parole di Guglielmo sono di parte; dal lato francese, infatti, leggiamo di cavalieri leali e valorosi, dal lato tedesco, invece, di soldati, soprattutto i fanti, diabolici, sovversivi dell'ordine sociale voluto da Dio.
La scrittura e la dimensione artistica del saggio conferiscono al lavoro dello storico un’universalità che si traduce in resistenza, in un classico della letteratura che ogni amante della storia dovrebbe leggere.
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