La tesi di fondo di questo intelligente e piacevolissimo saggio è che Proust sia un modello, un archetipo in grado di esaltare gli aspetti di felicità che si trovano nascosti nelle oscure pieghe della sofferenza e dell'abitudine. Dalla sofferenza, infatti, il gigante scrittore francese ha tratto quasi paradossalmente dei vantaggi (ricerca di sé, del senso di una vita che si esprime tra due nulla, dell'amicizia, dell'amore...) e attraverso un'analisi particolareggiata e profondamente sensibile del suo dolore fisico ed esistenziale ne è venuta fuori un'opera sublime e assoluta: la Recherche. In effetti questo sommo capolavoro ci indica prepotentemente, tra le altre cose, quali siano le cause che si celano nella perdita del tempo. Quanto tempo perdiamo nella nostra vita? Quanto spazio diamo alla routine, rassicurante sì, ma spesso capace di abbruttirci e mummificarci?
Per mezzo di un attento sebbene complesso e complicato profilo psicologico di Proust, sofferente di una sofferenza fisica e caratteriale che lo ha reso saggio e che l’ha aperto all'intelligenza e all'immaginazione, riusciamo a comprendere quanto universale siano le sue debolezze e le sue problematiche. Il dolore gli ha permesso di comprendere la realtà, la stessa realtà che quotidianamente si dipana nelle nostre vite. L'arte coinvolge la nostra esistenza e i romanzi che leggiamo sono connessi con la vita e le nostre esperienze personali. Inoltre hanno il vantaggio che il loro racconto sia descritto meglio di quanto noi non abbiamo fatto dentro la nostra mente e ci conducono così a intuire in modo più raffinato chi siamo.
Con il tipico humor inglese, sottile e a tratti illuminante, attraverso Proust e le sue parole l’autore ci lascia una lettura davvero acuta, piacevole e riflessiva.
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