Il saggio si sofferma nel mettere in risalto la profondità della filosofia gandhiana, evidenziando le sottili, ma spesso abissali, contraddizioni delle azioni umane. E l'idea della 'nonviolenza' diventa la ricerca di se stessi, dello stare insieme con gli altri, della democrazia, dell'armonia in buona sostanza. Tutte riflessioni che porteranno il professore piacentino a un importante paragrafo finale che si interroga sul problema del male nell'uomo, dell'inevitabile ambiguità di quest'ultimo e quindi della difficoltà di esercitare fino in fondo la nonviolenza.
Certo, l'ascetismo del Mahatma, così come il suo pensiero religioso, è agli antipodi del mio pensiero, e ciò da sempre mi ha allontanato dal considerarlo un esempio 'filosofico'. Resta comunque, anche per me, un grande personaggio storico (figura data per scontata nel saggio) che però, come sottolinea l’autore, è stato un singolare e per certi aspetti moderno pensatore del '900. Se inoltre si paragona la sua idea della nonviolenza alla situazione che vede l'atomo uno strumento violento e di distruzione, il pensiero dell’uomo politico e leader nazionalista indiano ci illumina con la sua modernità.
Nessun commento:
Posta un commento