Abbiamo ancora Verga, almeno per lo stile e le atmosfere paesane e sociali, sullo sfondo. Il tema della 'roba' - tra gli altri - però si dilata e in questo processo evolutivo c'è posto per la solidarietà; come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, 'Tutt'e tre', nel quale una madre, una sposa e un'amante, insieme, piangono il loro uomo. Non assistiamo più a un attaccamento alla materialità, ossessivo e snaturato, c’è piuttosto un sentito solidale, un sentimento di partecipazione, verso le cose e non, che nello scrittore di “Mastro don Gesualdo” non troviamo. Quindi se Verga è sull’orizzonte, lì rimane e il suo superamento è apprezzabile senza sforzo.
Una marsina stretta, due uomini che s’insultano, un prete che maledice un uomo fedifrago, una donna gigante che sposa un nano, un uomo che nel sonno ride omericamente, nel loro umorismo c'è tutta la potenza dello scrittore siciliano. Nascondersi dietro una risata appare all’autore il miglior modo per rappresentare la contraddizione, la durezza e il dramma dell'esistenza. È un gioco a nascondere, perché anche la verità si beffa di noi: si cela, a sua volta, dietro i paraventi di una situazione particolare, oppure dietro la riflessione ingenua di un bambino…
Racconti che dimostrano, rispetto ai precedenti, una maturità piena, un equilibrio quasi perfetto.
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