Una storia d'amore tra fanciulli, un'esperienza scolastica di un ragazzo già dedito alla malinconia e al romanticismo, i rituali di passaggio dall'infanzia all'adolescenza: questi, proustianamente ante litteram, i capitoli principali raccontati. In questo crescendo di consapevolezza e maturità, la memoria, i ricordi rappresentano il teatro entro cui la storia si sviluppa. In tutto ciò, è sentito vivamente il pensiero del ricordo; sembra che senza di esso, attuale, vivo, la vita, il presente, abbia poco senso. Non sono temi originalissimi, è indubbio; eppure riconoscere che la riflessione sia di un diciottenne, espressa e meditata in un certo stile (spontaneo a tratti, ma non per questo vago e agro), è efficace, e permette di gustare la volontà dell'autore.
Il diciottenne Dossi imbastardisce l'italiano con il dialetto lombardo e ne risulta una commistione preziosa, spesso sonora, ma, ovviamente, ne risente la fluidità della lettura. È dunque un libro, un autore da leggere solo se si ha passione per le sperimentazioni lessicali, per il bello stile, per il gioco delle ambiguità linguistiche. Un laboratorio, un’aula di ricerche e alchimie non facili da cogliere…
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