Diviso in tre capitoli, i primi due sono, a detta del filosofo, di introduzione al terzo, quello rivolto al tema della libertà. Per noi, però, è il secondo il capitolo più interessante, quello dedicato al tempo come durata che si differenzia dallo spazializzato (tra le pagine più famose del filosofo francese). Andiamo per ordine. Contro il positivismo che voleva ridurre il funzionamento della psiche alle leggi della fisica, il primo capitolo è sugli stati di coscienza e sulla differenza qualitativa dell'intensità percettiva di stato di coscienza. Bergson, infatti, contesta i risultati degli esperimenti fisici e psicologici che i positivisti avevano compiuto per dimostrare che tutto era riducibile a fattori scientifici. Il francese, invece, insiste sulla qualità delle percezioni, sulla loro intensità nella nostra coscienza.
Il secondo capitolo, il più famoso e originale, è dedicato all'idea di tempo come durata. Il tempo per il filosofo, infatti, si può distinguere in tempo spazializzato, quantitativo e simultaneo (quello della scienza), e in durata (quella qualitativa della coscienza). Una trascrizione filosofica, con le dovute differenze, di quelle che saranno le intermittenze del cuore di Proust.
Il terzo capitolo, sul tema della libertà, è il risultato consequenziale dei primi due. Qui, viste le premesse, la libertà si contrappone alla causalità, il dinamismo della volontà contro il meccanicismo e il determinismo. L'attività dell'io per Bergson non può essere paragonata a quella di una qualsiasi forza fisica; il determinismo fisico, non può essere ridotto a determinismo psicologico.
Secondo il filosofo francese gli errori relativi alla questione della libertà nascono dalla confusione tra i termini di successione e simultaneità, di durata ed estensione, e ancora una volta di qualità e quantità. Non è un caso che nell’intero saggio Bergson insista continuamente su tale differenza, argomento spesso travisato specialmente dai positivisti.
Un saggio accademico, ormai parte della storia della filosofia occidentale, un po’ vetusto forse; da correlare però alle pagine proustiane sul tempo perduto e ritrovato.
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