"Così come le dittature del passato sollecitavano i cittadini a fare più figli per dare potenza alla patria e soldati da mandare al macello (basterebbe ricordare, a questo proposito, l'infame tassa fascista sul celibato), le democrazie odierne, specie quelle in cui si riscontra un sensibile calo delle nascite, invogliano i cittadini a fare più figli per sostenere il sistema economico con sempre nuovi schiavi, nuovi consumatori e nuovi contribuenti. Oggi come allora, chi risponde a simili chiamate, magari perché allettato da miseri incentivi economici, mostra di non avere a cuore né la libertà né la felicità dei propri figli".
Erede di una lunga tradizione di pessimisti consapevoli della miseria della vita umana, dai Greci fino ad arrivare agli insulti dei tragici moderni come Leopardi, Schopenhauer e Cioran, Soriano si colloca tra i grandi maledetti della storia. Acido, velenoso, corrosivo, esplosivo, cinico, ateo, anticlericale, nichilista, senza possibilità di redenzione Soriano ci lascia questi amari "principi di sana e consapevole misantropia" (come da sottotitolo). Diviso in capitoli, i pensieri trattano della misantropia, non come reazione al mondo, ma come modo di essere, una forma di nobiltà d'animo, di consapevolezza contro la stupidità dell'uomo, un inconveniente del mondo, dell'universo tutto. Si occupa quindi dell'uomo, essere spregevole e misero che più si conosce più si rivela ignobile, illimitato, servo di eventi che non può controllare, figlio del caos e della sorte. Affronta la stupidità e la pretesa degli uomini di sentirsi superiori (il che dimostra la loro ottusità) e tra questi annovera complottisti, credenti, malinformati, chi cerca notizie sui social, chi segue mode, chi si tatua. Tutti, nessuno escluso, per lo scrittore sono idioti. Considera gli orrori della vita, la nascita in primis, il momento in cui si inizia a respirare il dolore, la morte. In tale prospettiva, schopenhauerianamente, la procreazione diventa l'origine di ogni male, la vita una misera sgradevolezza, un errore. L'amore diventa sessualità, illusione, solitudine condivisa; la donna è descritta con tratti misogini, che vuole a tutti i costi avere i figli. C'è spazio per l'avversione totale contro la nascita, quindi, contro la procreazione intesa come il crimine peggiore in assoluto. Avversa la politica come professione, a favore, invece, di una politica di competenze. Contro il suffragio universale, madre della classe politica che ci ritroviamo. Contro il popolo, ignorante e volgare. Non poteva mancare un capitolo, forse il più feroce, contro la menzogna più grande, il complotto meglio riuscito: Dio e le conseguenti religioni. L'ultimo capitolo è contro i filosofi scadenti che non riescono a esprimere il loro pensiero senza inventare parole e concetti insensati, non ancorati alla realtà, contro i venditori di fumo come Hegel, Husserl, Heidegger, Croce, Gentile, Severino, Dáila; contro gli scrittori mediocri che scrivono per gli altri e per il successo.
Un libro violento, arrabbiato; non per tutti, forse ancora inattuale. Pensieri che non lasciano scampo all'uomo considerato alla maniera della peste, la cui soluzione risiede nei silenzi e nella solitudine della notte. Da leggere per ricordare e riflettere, ma ormai non più originale...
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