La letteratura più autentica, secondo Bataille (e credo che sia difficile dargli torto), è quella che mette in discussione le regole, le norme della prudenza assodate dalla società e sedimentate nel senso comune. Ne consegue che il vero scrittore è colui il quale, consapevolmente, sa di essere colpevole, di essersi macchiato di un peccato, ma allo stesso tempo non prova un vero pentimento verso la sua colpa, in quanto coglie una verità che è tale solo dentro quelle volute peccaminose. Perciò la letteratura, quella più pura, è intrinsecamente legata al male, al senso di colpa, alla trasgressione che si manifesta come parziale riprovazione verso di sé. E tutto ciò equivale al coraggio, alla forza che induce a trasvalutare i vecchi valori morali. La letteratura, dunque, non è innocente, ma di certo è creazione, è ricerca di una verità più profonda e abissale che si nasconde dietro le pieghe del Male. Per dimostrare la sua tesi, il filosofo francese analizza la poetica di otto autori che del male hanno avuto una vera esperienza.
Nell'opera di Emily Brontë, donna maledetta, infelice conoscitrice del male, la trasgressione delle leggi, la perfidia, l'erotismo distruttivo, il sadismo velato, la violenza sono le vere caratteristiche. C'è nei suoi personaggi una sincera rivolta dei maledetti contro il bene. In Charles Baudelaire, il poeta della rivolta, del male, della follia, di Satana (Bataille più volte si scaglia e correggere la lettura che ne dà Sartre), sarebbe l'eterna insoddisfazione il motore della ribellione. Lo storico Jules Michelet, invece, smarrito nell'abisso del male, vede quest'ultimo come volontà di libertà anche contro il proprio interesse, e si esprime nelle messe nere e nelle streghe. Il visionario William Blake, descrivendo la violenza del caos e il mondo del sogno, non fa altro che parlare del male puro, quello vicino al limitare della follia. Non potevano mancare le pagine dedicate al mostruoso e distruttivo marchese de Sade, furioso e appassionato di una libertà impossibile; lui che ha trascorso metà della sua vita in carcere, che ha cercato di autodistruggersi e che ha stilato morbosamente e freneticamente elenchi sulle infinite possibilità di distruzione dell'essere umano. Poi è la volta del sadico Marcel Proust. Con il suo profondissimo senso di giustizia e di amore per la verità è costretto a trasgredire le leggi morali e a mentire per vivere, trasvalutando così ciò che è bene e ciò che è male. Il capriccioso Franz Kafka, invece, con il suo voler essere dannatamente infantile contro il mondo degli adulti, del padre, della società, si rifugia nell'infelicità e nell'angoscia alla ricerca di una felicità quasi erotica e in attesa della morte. Il ladro Jean Genet, infine, con la sua spiccata antisocialità è scrittore che ha ricercato e rivendicato il male, l’amico di Sartre in cui l'omoerotismo è espresso in personaggi violenti votati al male.
Autori e personaggi, dunque, che rivendicano il male per affermare la loro volontà e la loro libertà. Perché mentre il bene è sottomissione, obbedienza, il male si rivela nella libertà, nella ricerca spasmodica di essa che dialetticamente consiste nella rivolta, nella prevaricazione. E tale coraggio, tale sovversione è più consapevole nella letteratura che in qualsiasi altra forma di ricerca. Credo che lo stesso Bataille, con i suoi romanzi, possa benissimo avere un capitolo intero dedicato nella storia che collega la letteratura con il male.
Nessun commento:
Posta un commento