Il concetto di uguaglianza (con il suo corrispettivo dialettico di disuguaglianza) è sempre stato centrale nelle speculazioni filosofiche dell'occidente. Così, dall'antichità a oggi, la definizione stessa di uguaglianza si è accompagnata imprescindibilmente a quella di libertà (e di schiavitù), di diritto (e di esclusione), di morale e di giustizia. Il saggio, ben scritto e fluente, non fa altro che raccontare cronologicamente la storia di un'idea, cercando di coglierne il carattere problematico attraverso cui ha proceduto lungo tutta la nostra cultura. Così l'autore inizia ad analizzare il concetto di uguaglianza nel mondo greco e romano, quello gerarchico, in cui naturalmente si riconoscono i liberi dagli schiavi. Segue il mondo cristiano-medievale, quello della fratellanza universale ma anche della subordinazione, dei sensi di colpa e dell'innocenza perduta. Contraddizioni che, sebbene siano senza riferimenti teologici, contraddistinguono il mondo moderno, in cui sono l'artificio e il superamento di precarie condizioni naturali a tradursi in diritto e uguaglianza politica. Si scrivono quindi dichiarazioni e costituzioni dal forte sapore universalistico, ma che, di fatto, si concretizzano in aperte contraddizioni contro le donne, gli schiavi, gli ultimi. Ulteriore prova della difficoltà a raggiungere una sostanziale e non solo formale uguaglianza tra tutti i diversi si osserva nelle continue oscillazioni del Novecento, tra dittature e democrazie, e infine nell'attuale crisi della modernità dettata dalla globalizzazione che sfonda gli spazi e le culture e sfida continuamente l'idea stessa di uguaglianza.
Da sottolineare l'attenzione che è rivolta all'emancipazione femminile e al ruolo della donna in questa continua lotta dialettica che ancora oggi, dopo duemila e cinquecento anni di riflessioni e di lotte, non è completa.
Nessun commento:
Posta un commento