Sebbene il titolo sembri condannare in modo estremo la memoria, l'autore invece provoca il lettore e cerca di salvarla da tutti quei fattori naturali che la distorcono. I limiti cognitivi umani, il tempo che scorre, la retorica celebrativa tanto in voga oggi sono fattori che inevitabilmente tendono allo sfacelo della memoria stessa. È l'inesauribile lotta sullo sfondo del tempo, tra la memoria e l'oblio, quella che cerca di analizzare l'autore. In questo scontro è innegabile quanta fatica faccia la memoria stessa a sopravvivere, sia quella personale sia quella collettiva. Nel tempo e con il tempo scivola inesorabilmente verso l'oblio. Per dimostrare la sua tesi, Piperno utilizza le pagine di grandi scrittori del Novecento (Primo Levi, Nabokov, Beckett e soprattutto Proust che sul tema ha costruito una delle opere più belle mai scritte), che hanno definito quanto il ricordo sia gravido di un Oblio che ha come scopo quello della sopravvivenza.
Il saggio inizia con una riflessione sulla Shoah e sulla sua centralità nella coscienza letteraria del Novecento. Un episodio epocale della nostra storia umana che lentamente tende, anche per colpa della retorica, a perdere consistenza nei nostri pensieri. Un evento, però, che in qualche modo, secondo l’autore, è stato profetizzato dai grandi della letteratura di fine Ottocento e dei primi del Novecento. Proust, per esempio, è per metà ebreo, ma ripudia la sua origine (così come la sua omosessualità) alla ricerca di un'autenticità che lo avvicinasse alla società. E tutta la Recherche è costellata di ebrei e omosessuali che cercano di nascondersi, di mimetizzarsi. Swann, celebre personaggio proustiano, è un ebreo che si sforza tutta la vita di dimenticarsene, anche se in punto di morte non può rinnegare la sua origine. Per Piperno, in Proust è l'oblio il sinonimo di vita di felicità, mentre il ricordo è sempre fonte di dolore. Nietzsche e Leopardi sono dietro l'angolo…
Il saggio è spiazzante e allo stesso tempo originale soprattutto quando cerca nel carattere dei vari personaggi della Recherche le tracce della memoria e dell'oblio. Chi tradisce, chi dimentica è vuoto, ma vive serenamente, si veda il caso di Odette, di Madame Verdurin, di Oriane Germantes o quello, un esempio su tutti, di Gilberte e del suo tradimento nei confronti del padre e del suo cognome. Mimetizzarsi dunque per conformarsi agli altri, alla società, peccando così di autenticità, di decisione. È ciò che fanno i personaggi ebrei in Proust (e Proust stesso). Piccole mutazioni epidermiche per difendersi dagli attacchi di antisemiti e belve feroci in una società contraddittoria come quella della Belle Époque. Per sopravvivere in società, insomma, bisogna mascherarsi e ciò coincide nei personaggi proustiani con la dimenticanza di chi si è realmente. Ecco perché la Recherche e la questione ebraica in essa trattata profetizzano, secondo l'autore, quello che sarà l'antisemitismo novecentesco culminato con la Shoah e con Auschwitz.
Sebbene a tratti disorientante, un bel libro, un'interessante interpretazione.
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